Palombara Sabina, considerato uno dei borghi più belli della Sabina, immerso tra frutteti e uliveti millenari, alle pendici del Monte Gennaro, all’interno del Parco regionale naturale dei Monti Lucretili, presenta una particolare forma circolare che sviluppandosi a spirale, sopra una collina, trova il suo centro di gravità nella struttura difensiva medievale: Il Castello Savelli.  Risalente al XII secolo, costruito sulla sommità della collina su cui si sviluppa la cittadina, a circa 400 metri sopra il livello del mare, con i suoi 132 ambienti e un’area di 10 000 mq., vanta il primato di castello più grande del Lazio. Elemento caratteristico del maniero, è la sua torre di guardia, alta in origine più di 23 metri. Un luogo dalla notevole importanza storica, in cui sono stati firmati documenti importanti e che ha visto al suo interno il verificarsi di eventi politici anche sanguinosi dalle significative conseguenze. Offrì rifugio a Benvenuto Cellini nel 1532 e lo ritroviamo addirittura raffigurato nel paesaggio che fa da sfondo alla “Camera degli sposi” dipinta dal Mantegna nel castello di San Giorgio presso Mantova. Un nome quello di Palombara che rimane legato all’omonima villa, fatta costruire dal marchese Massimiliano Savelli Palombara sul colle Esquilino a Roma e di cui oggi rimane visibile la celeberrima ‘’Porta Magica’’ situata in un angolo di Piazza Vittorio Emanuele II nella Capitale. Oltre al suo borgo medievale, troviamo distribuiti sul territorio di questo splendido comune, il borgo di Castiglione, il più interessante esempio di “castrum” medievale di tutto il Parco Regionale dei Monti Lucretili, datato intorno al 1276, costruito sulle rovine di una villa romana. Una ulteriore villa romana risalente al 50 a.C. con la domus, il giardino con esedra e il podere intorno, una scoperta avvenuta per caso quando dopo la grande gelata del 1986 e l’estirpazione di alcune piante di olivi ha portato alla luce due statue, Efesto ed Eirene, di notevole importanza storico artistica tanto da essere stata richiesta da Boston, negli Usa, per una esposizione nella quale sono affluiti migliaia di visitatori. L’abbazia di San Giovanni in Argentella di cui ancora incerta rimane la data di fondazione, le sue origini, l’interpretazione degli affreschi presenti nelle tre navate ed altro ancora, contenente un ciborio di assoluto interesse, in quanto, come sostenuto dal professor Fabio Betti, ricercatore ed esperto di storia dell’arte medievale, non trova confronti calzanti con nessun altro esempio nel Lazio e in Italia.

Arte, storia, cultura e cinema riusciranno da soli a sollevare una città?

Se ciò che precede può essere considerato il lato positivo, il rovescio della medaglia mostra quanta incapacità e/o impossibilità ci sia nel gestire il patrimonio culturale regionale da parte delle istituzioni. E così Il Castrum di Castiglione, ormai da anni privo di manutenzione, è ricoperto di sterpaglie, con le staccionate abbattute, la natura che ha preso possesso delle rovine, in uno stato di completa decadenza. Non è stato creato un museo adatto alla conservazione ed esposizione dei reperti e dei pregevoli manufatti provenienti dalla villa romana alle pendici del Monte Gennaro, portando la Sovrintendenza a bloccare gli scavi archeologici della villa, ancora ad oggi esplorata solo in parte. L’Abbazia di San Giovanni in Argentella negli ultimi anni è stata oggetto di incuria e abbandono con derivato decremento di turismo, anche perché gestita da un unico guardiano e difficilmente visitabile. Una cittadina che ha visto negli anni il declino di quello che poteva essere il nocciolo duro per attrarre i turisti e visitatori e quindi fonte di reddito e di occupazione, soprattutto per i giovani. Esempio eclatante è la cosiddetta “Funivia di Monte Gennaro”, un impianto che permetteva di raggiungere, dalla stazione a valle a quella a monte, la cima del Monte Zappi in 23 minuti superando un dislivello di 898 m, con una capacità di 300 persone l’ora, chiusa definitivamente nel 1983 per una serie inconclusa di cause legali e mai dismessa, trasformandosi in un vero e proprio ecomostro, ancora oggi visibile sul versante della montagna. Cuore di questa cittadina è la Sagra delle Cerase, organizzata ogni anno nel mese di giugno per celebrare il frutto tipico di Palombara: la cerasa, la ciliegia Ravenna. Una tradizione che va avanti da ben 95 anni, considerata la sagra più antica d’Europa, che coinvolge tutta la cittadinanza e culmina con la sfilata di carri allegorici che vengono premiati per l’esibizione eseguita di fronte ad una giuria. La ciliegia Ravenna conosce la sua fama fin dal XII secolo quando i palombaresi ne regalarono un cesto al Pontefice Onorio IV, episodio che ha portato ad appellare le ciliegie di Palombara Sabina come “Cerase del Papa”, tradizione che viene ancora rispettata ogni anno. Una sagra che anch’essa ha risentito negli ultimi anni di molte difficoltà, portata avanti da associazioni e comitati che si fanno carico dell’intera organizzazione e dall’Associazione Carristi che con sempre maggiori criticità e finanziamenti inadeguati è riuscita a realizzare vere e proprie opere d’arte, rispettando nella costruzione e nell’addobbo regole precisissime, vero fiore all’occhiello della sagra che è allo stesso tempo competizione tra i vari rioni e aggregazione di tutti gli abitanti, forse il momento dove più di tutti i cittadini si sentono parte di una comunità. Palombara Sabina è stato anche set cinematografico scelto da famosi registi del calibro di Lina Wertmüller, Pupi Avati, Vittorio Sindoni, Bruno Corbucci. Ed è la storica sala cinematografica di questo comune, il Cinema Nuovo Teatro, ad aver ospitato per anni il Festival Cinematografico delle Cerase, inventato da Silvio Luttazi, legando il cinema al suo territorio e al suo pregiato frutto. Per ben 26 anni si è svolto quello che è considerato il più piccolo festival del mondo ed ha visto un viavai di celebrità e stelle del cinema. Una successione di film e di incontri con l’autore o il protagonista, con l’obiettivo di diffondere il cinema di qualità, incominciato nel 1986 con la presenza di Roberto Benigni e la proiezione del suo film “Tuttobenigni”, ha visto salire la famosa scalinata del Cinema, solo per citarne alcuni, Alberto Sordi, Ettore Scola, Kim Rossi Stuart, Paola Cortellesi, Pupi Avati, Ricky Memphis, Mario Monicelli, Michele Placido e tanti altri. Tornati a casa con premi quali cesti di ciliegie e olio extravergine della sabina.  Come testimonia il regista e attore Sergio Castellitto: “sono stato felice del David di Donatello ricevuto per Il Grande Cocomero, ma il premio che preferisco è quello del Festival delle Cerase di Palombara Sabina: una cassetta piena di ciliegie! Il sipario si è chiuso anche sul Festival, schiacciato dalla crisi, dalle tasse e dalla proliferazione dei multiplex, dal 2012 il Festival non si svolge più a Palombara Sabina.

Palombara terra di artisti

È nel paesaggio di Palombara che hanno trovato e continuano a trovare ispirazione artisti come il pittore, poeta e scrittore Franco Ranaldi nato e vissuto in questo comune le cui opere da molti anni incontrano un grande successo da parte del pubblico in molte mostre tenutesi in Italia e all’estero. Elementi caratterizzanti delle sue tele sono la natura e il paesaggio, con grande attenzione per gli ulivi, i fiori di campo mossi dal vento, tutto seguendo l’alternarsi ciclico delle stagioni. Altro artista poliedrico è senz’altro Giovanni Rainaldi, discendente da una nobile famiglia di pittori del 1500, a cui si deve la realizzazione di opere presso Palazzo Senatorio in Campidoglio e Villa Pamphili. Artista talentuoso fin dall’età di 13 anni quando realizzò una copia de “L’ultima cena“ di Leonardo opera premiata ed esposta all’Agostiniana a Roma, è stato poi un susseguirsi di opere, dipinti, restauri di affreschi, e molti riconoscimenti, tra cui medaglie d’oro, presso numerose gallerie d’arte. A 16 anni ha iniziato la carriera nel ciclismo ottenendo una serie di successi, discepolo di uno dei più grandi maestri di karate, Gichin Funakoshi, fondatore del karate moderno, Giovanni Rainaldi appresi gli insegnamenti del maestro ha fondato la sua scuola e un nuovo stile di arte marziale riconosciuto ufficialmente, lo “Shu ha ri do”, è stato il primo a portare le arti marziali in Sabina, ritenendo il paesaggio montuoso e l’aria salubre fonte di benessere mentale e fisico che cerca di trasmetterlo agli altri tramite la via dell’insegnamento. Ed è sempre in questa cittadina che vive e si dedica alle sue opere Antonio Pusceddu, architetto, pittore e insegnante di disegno e storia dell’arte, ha allestito in questo comune una mostra permanente delle sue creazioni, oltre alle varie esposizioni cui partecipa. Amante della sperimentazione di diverse tecniche e con diversi materiali, le sue opere sono il risultato di un lungo processo riflessivo, tradotto sulla tela attraverso geometrie e colori.

L’antidoto allo svuotamento dei rapporti

Una cittadina che in ogni caso, ha presentato per anni i limiti di una cittadella, lontana dalle grandi metropoli, recentemente ha visto la nascita di locali giovanili, che sono diventati centro di aggregazione per la nuova generazione, altrimenti sempre costretta a spostarsi per raggiungere città più grandi come Tivoli e Guidonia. Se rispetto ad una grande metropoli il numero di locali, luoghi di intrattenimento, di palestre è ridotto, la vita notturna meno frenetica in quanto non ci si può aspettare discoteche, concerti o eventi tutte le sere, si può riscoprire la persistenza di rapporti più umani intensi socievoli. Questo va certamente in senso contrario al fenomeno dell’inaridimento delle relazioni che avviene nelle grandi città. Palombara è un comune che sta cambiando negli ultimi anni, con l’aumento della popolazione, non è immune dai fenomeni di criminalità che avvengono altrove, furti, rapine, spaccio, ma certamente avvengono con minore incidenza, anche perché ancora ci si conosce molto ed il forestiero dà subito nell’occhio, soprattutto agli anziani del paese. Quindi non è sconvolgente il vedere ancora qualche porta aperta a tutte le ore e chiavi appese all’uscio. Insomma, non si può ritenere solo campanilismo se nel visitare questo splendido borgo si sente pronunciare il detto dialettale: “Palommara tonna tonna, chi se ne va’ presto ritorna”.

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