Reddito di cittadinanza: illusione o svolta?

“Nessuno deve rimanere indietro!”. Questo l’esordio del disegno di legge 1148 che, presentato al Senato nell’ottobre 2013, conteneva teoria e motivazioni del reddito di cittadinanza. Proprio la scorsa settimana sono state avviate le procedure per la richiesta di tale sostegno economico, pilastro del programma elettorale del Movimento 5 Stelle. Sicuramente i pantastellati hanno mantenuto la promessa, ma ora bisogna ora capire che snodi prenderà il provvedimento e come interverrà nella situazione economica italiana. In questo documento, il M5S ha sostenuto che le politiche sociali attuate sin ora dai partiti al governo sono state insufficienti. Propone quindi una semplificazione del sistema di assistenza sociale, in modo da intervenire trasversalmente su tre piani: economico, lavorativo, formativo.

Di cosa si tratta

Partendo dalla definizione, rileviamo subito un’improprietà linguistica: il reddito di cittadinanza, più che un reddito di base, è un reddito minimo garantito. Prevede infatti l’elargizione di un sussidio statale a una parte di popolazione che risponde a delle caratteristiche precise, non a tutti i cittadini, come vorrebbe il reddito di base. I criteri di selezione guardano soprattutto al reddito, che non deve superare la soglia di povertà, fissata al valore ISEE 9.360€. Si tratta quindi di un’iniziativa assistenzialista, volta alla creazione di uno stato di Welfare, che si basa sulla solidarietà per chi non ha abbastanza mezzi. Come sottolinea l’analisi ISTAT sul DDL, provvedimenti simili sono stati già presi a livello europeo, ma per l’Italia sarebbe la prima volta. Gli ammortizzatori sociali italiani infatti sono concentrati su interventi assicurativi, come la pensione, che non coprono tutte le fasi della vita.

Il M5S ha allestito una piattaforma on line per facilitarne l’approccio ai cittadini: viene spiegato il procedimento di richiesta al CAF e i requisiti necessari. Infatti, dall’entrata in vigore del Decreto legge n.4 nel 29 gennaio, non è stata poca la confusione su chi dovesse occuparsene e su come procedere alle domande, accolte dal 6 marzo. Il provvedimento, oltre a fornire un reddito mensile ai beneficiari, mira al reinserimento nell’ambito lavorativo, grazie a una collaborazione con i Centri per l’impiego. Le slide esplicative, sul sito del Governo, parlano di “norme anti-divano” che eviteranno di prendere alla leggera questi aiuti dello Stato e prevedono sanzioni penali per chi dichiara il falso.

Dibattito: illusione o svolta per l’economia?

Molte le perplessità sul progetto, prime tra tutte quelle della Commissione Europea. Ricordiamo infatti che, nell’ottobre scorso, Bruxelles aveva espresso la sua opinione negativa in merito alla Manovra del popolo, inserita nel Documento di Economia e Finanza, con i punti da seguire nel 2019. L’Europa ha messo in dubbio la coerenza dei piani italiani con il Patto di Stabilità e Crescita, in quanto non garantirebbero il rispetto della regola di riduzione del debito concordata. Evidente quindi la sfiducia nel programma economico italiano, giudicato inefficace a garantire una crescita ragionevole rispetto alla spesa prevista.

Le stime negative dell’Europa sembrano confermate dagli studi ISTAT sul decreto legge n.4. Le famiglie a ricevere l’RDC saranno circa un milione 308 mila, di cui circa la metà composte da singoli, e 752 mila solo nel Mezzogiorno. I dati che emergono dalla microsimulazione spiegano che la crescita dipende dall’uso che si farà del reddito ricevuto e si aggirerà tra 0,2% e 0,3%. L’opposizione inoltre accusa Lega e M5S di aver fatto approvare il decreto in vista delle elezioni europee, quindi per fini propagandistici.

Bisogna comunque riconoscere la validità dell’affiancamento del sostegno economico a quello lavorativo: i beneficiari riceveranno tre proposte lavorative e non potranno rifiutare la terza. I 780 euro ricevuti sarebbero quindi provvisori e volti a un reinserimento nel mondo del lavoro. Si obietta però la difficoltà a trovare tre proposte lavorative per ogni richiedente in tempi ragionevoli e il fatto che l’assunzione sia troppo vincolante per le società che assumono.

Aggiungiamo anche l’esito negativo dell’esperimento finlandese sul reddito di cittadinanza, riportato da Internazionale. Lo stato nordico, tra 2017 e 2018, ha preso un campione di 2000 persone e gli ha fornito 560 euro al mese, senza l’obbligo di trovare lavoro. Dopo un anno alcuni beneficiari si sono detti soddisfatti dell’iniziativa e stimolati a migliorare la propria vita e a cercare un’occupazione. Tuttavia, più della metà delle persone selezionate non ha risposto positivamente all’intervista, o proprio non ha voluto partecipare.

Il reddito di base sembra quindi non raggiungere esiti positivi, oltre a richiedere una spesa considerevole e, nel caso dell’Italia, un ulteriore aumento del debito. Inutile farci influenzare dall’esempio di un paese così diverso dal nostro, ma il confronto può aiutarci a confermare o smentire la perplessità dilagante.

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