Rosalia A., adolescente a Benevento negli anni Trenta, racconta che usò una miscela di acqua ossigenata con qualche goccia di ammoniaca per schiarirsi i capelli perché «mi sembrava più elegante, mi sembrava più sexy (…) e a me mi piaceva essere una ragazzina un po’ speciale». Questa testimonianza, raccolta da Stephen Gundle e David Forgacs nel libro “Cultura di massa e società italiana“, è emblema di quanto stava succedendo in ambito culturale e sociale nell’Italia degli anni Trenta. Tra Mussolini e Hollywood: storia del cinema italiano nel ventennio

Specialmente i giovani cominciarono a rivedere il loro modo di vestire, di acconciarsi i capelli, di comportarsi, mutando quanto era tradizionalmente messo in pratica da generazioni. Gran parte di questa tendenza fu generata dall’impatto che i film hollywoodiani impressero sul pubblico italiano a partire dal primo dopoguerra. Inondando il mercato, forti di una organizzazione industriale impareggiata, le società di produzione statunitensi dominavano le sale della penisola, rendendo i film italiani una eccezione.

L’industria nazionale era in ginocchio, indebolita dalla concorrenza ma anche da un’endemica disorganizzazione e una mancanza di spinte innovative. Gli addetti del settore piegati da una crisi senza precedenti, richiedevano a gran voce una politica di sostegno statale, ma il governo si mostrò a lungo sordo difronte a queste pretese. Anzi, Mussolini, fino alla metà degli anni Trenta, non mostrò alcun malcontento verso la massiccia presenza hollywoodiana nei cinema italiani. Infatti, ne apprezzava le qualità d’intrattenimento e non vi ritrovava elementi pericolosi per l’integrità culturale e sociale. In sostanza, non ostacolò affatto il dominio statunitense, lasciando la produzione italiana sola in una competizione che non aveva i mezzi per affrontare.

Tuttavia, dalla seconda metà degli anni Trenta, tutto ciò mutò radicalmente, e le motivazioni furono prettamente di matrice politica. Gli stati europei raccolti attorno alla Società delle Nazioni, principalmente la Francia e la Gran Bretagna, reagirono pesantemente alle conquiste italiane a seguito della campagna d’Etiopia, isolando politicamente Mussolini che vide nell’alleanza nazista, uscita dalla Società delle Nazioni nel 1933, l’unico sbocco verso una posizione rilevante nel concerto delle potenze europee. L’impegno italiano e tedesco nella guerra civile spagnola, che scoppia nell’estate del 1936, a fianco dei ribelli guidati dal generale Franco, costituirà oltre che un ulteriore fattore di concordanza con le politiche hitleriane, anche una ennesima presa di distanza dalle potenze inglesi e francesi. L’Italia suggella l’alleanza tedesca con l’adesione al patto Anticomintern nel 1937, stipulato da Germania e Giappone l’anno precedente, al quale seguirà, nel 1939 la firma del Patto d’Acciaio.

Questi snodi cruciali condussero l’Italia fascista in un quadro di alleanze in cui gli Stati Uniti si collocavano sul fronte opposto. In aggiunta, il regime dalla metà degli anni Trenta, anche per rispondere alle sanzioni economiche imposte dalla Società delle Nazioni, impose un rafforzamento della politica autarchica che già aveva visto una sua attuazione a seguito della crisi economica del 1929. Dopo il 1935 Mussolini, in rapporti sempre più stretti con la Germania di Hitler, aveva ormai intuito che una guerra di grandi proporzioni, europea se non mondiale, avrebbe presto coinvolto anche l’Italia. Le risorse economiche per fronteggiare un nuovo conflitto erano praticamente inesistenti, di conseguenza il governo cercò di ridurre il più possibile le importazioni estere non indispensabili e più facilmente sostituibili con risorse interne.

Dalla metà degli anni Trenta, dunque, il regime fascista fu condotto a fare del cinema hollywoodiano un nemico da allontanare. Questa tendenza, o quasi questa necessità politica, si concretizzò nelle misure legislative emanate nel 1938, che presero il nome di “Legge Alfieri”. Con queste disposizioni, il regime aprì la strada ad una ripresa produttiva da tempo sperata, stabilendo sussidi e imponendo un sistema protezionistico al quale le società americane reagirono con l’uscita in blocco dal mercato italiano. Queste, che alimentavano i profitti degli esercenti italiani con il successo delle loro pellicole, speravano in un fallimento del settore nazionale, ma ciò fu sventato grazie all’aumento della produzione interna e ad accordi con altre società straniere minori.

Tali vicende permettono di comprendere come l’industria cinematografica italiana a partire dal primo dopoguerra, sia stata influenzata dalle scelte politiche del regime sotto cui si trovava ad operare, che ne hanno definito le sorti sulla base di convenienze e necessità strategiche, ben lontane dall’avere come scopo primo quello di favorire il cinema nella sua essenza, quanto più, quello di favorire le mire di espansione e di potere Mussoliniane.

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