Tra passato e presente, che Italia ci attende dopo il covid-19?
Il momento di crisi che l’Italia e tutto il mondo stanno attraversando, fa sollevare questioni irrisolte del passato che ora più che mai vengono a galla divenendo attuali.
Il grande tema della globalizzazione è stato il capro espiatorio della diffusione del virus, mettendo in discussione l’effettivo funzionamento dell’economia contemporanea, di cui l’interscambio commerciale ne rappresenta un tassello fondamentale, che in Italia nel 2019 ha visto un giro d’affari di 898.763 milioni di euro (Fonte: elaborazioni Osservatorio Economico MAECI su dati Istat).
Nello stesso anno l’Italia si è posizionata 9° sull’export mondiale e 13° sull’import mondiale (Fonte: elaborazioni Osservatorio Economico MAECI su dati FMI-DOTS).
La dialettica italiana, come purtroppo accade ormai da anni, si è incentrata sulla richiesta della chiusura dei porti ai migranti provenienti da Sud, nonostante è ormai consolidata la notizia che il virus sia arrivato da Est, viaggiando probabilmente in prima classe e non dalla parte meridionale del mondo, tramite un mezzo di fortuna.
Con la firma del Dpcm del 9 marzo 2020 da parte di Giuseppe Conte, recante misure più stringenti per il contenimento e il contrasto del diffondersi del virus Covid-19 è emerso in maniera chiara il forte impatto che tali misure avrebbero comportato per l’economia italiana. A seguito di tali considerazioni è stato quindi invocato l’aiuto da parte dell’unione europea.
La risposta alla richiesta di aiuto è arrivata, seppur in ritardo e a singhiozzo, facendo tornare come centrale la discussione riguardante il ruolo dell’Italia all’interno dell’Unione Europea. Discussione sollevata in un primo momento a causa delle parole iniziali di Christine Lagarde, presidentessa della banca centrale europea, facendo emergere soprattutto problematiche di governance, che come sostiene Stiglitz, per la BCE sono particolarmente gravi.
Ed in un secondo momento dalla titubanza della presidentessa della commissione europea, Ursula von der Leyen, che inizialmente aveva sottovalutato l’importanza economica che le misure atte al contrasto della pandemia generata dal Covid-19 avrebbero comportato per l’economia europea e mondiale.
Oltre agli effettivi mutamenti a cui le riflessioni di questo momento potrebbero dare impulso bisogna essere consci delle trasformazioni a cui l’economia globale e per tanto anche quella italiana vanno incontro. E’ sicuramente difficile fare previsioni, sia riguardo il Pil che eventuali regolamentazioni future, ciò che è possibile fare però è analizzare situazioni simili del passato, sottolineandone differenze e convergenze con quella attuale.
LA GLOBALIZZAZIONE: Definizione ed origini
La Globalizzazione è definita dall’Ocse come “un processo attraverso il quale mercati e produzione dei diversi paesi diventano sempre più interdipendenti, in virtù dello scambio di beni e servizi e del movimento di capitale e tecnologia”.
Le radici di tale fenomeno sono antiche, l’uomo fin dall’antichità si è spostato in cerca di terreni più fertili, cacciagione più presente ed ha sempre provato ad integrare più mercati. Basti pensare che la fermata metro San Giovanni della Linea C è un archeo-stazione che accoglie i reperti rinvenuti durante i lavori di costruzione, tra i quali varie opere di orgine greca, a sottolineare una fitta rete di scambi commerciali tra Italia e Grecia fin da prima del medioevo.
La prima fase della globalizzazione moderna va ricercata nella seconda metà del XIX secolo con la diffusione del motore a vapore e la conseguente riduzione dei costi di trasporto oltre alla possibilità di spostamento per le persone.
Tale processo di movimento di persone e commercio di materie prime ha subito una forte flessione tra le due guerre mondiali per aumentare poi esponenzialmente negli anni 50. Grazie alla digitalizzazione e alle innumerevoli liberalizzazioni degli ultimi due decenni i costi di trasporto e comunicazione hanno subito un forte calo determinando l’impennata del commercio internazionale.
I nemici della globalizzazione
La frammentazione geografica è probabilmente l’aspetto che più ha causato considerazioni negative legate al processo di globalizzazione. La delocalizzazione del processo produttivo da parte di molte imprese per il perseguimento di profitti più elevati, determinati da costi di manodopera più vantaggiosi ha causato in molti paesi industrializzati l’aumento della disoccupazione e con essa delle diseguaglianze sociali, diffondendo la cultura di un crescente odio nei confronti della globalizzazione.
E’ quindi l’assenza di una risposta a tale fenomeno che ha permesso la nascita di sconfitti e vincitori. D’altro canto vi è comunque una percezione distorta da parte dell’opinione pubblica, causata da una scarsa alfabetizzazione economica, che difficilmente riesce ad associare la presenza di beni sugli scaffali venduti a prezzi vantaggiosi all’esistenza di mercati liberi e concorrenziali.
Il risultato del referendum britannico e l’uscita della Gran Bretagna dall’unione europea ne sono un chiaro esempio.
Il Ruolo della Bce: è sufficiente occuparsi solo della stabilità dei prezzi?
“Non siamo qui per ridurre gli spread, non è la funzione della Bce”.
Sono queste le parole della neo presidente della Bce del 12 Marzo che hanno fatto perdere alla borsa di Milano il 17% in un giorno, la giornata più nera della storia della borsa italiana.
Per rimediare all’errore e lanciare un segnale ai mercati il consiglio direttivo della Banca centrale europea ha poi creato un nuovo programma di acquisto di emergenza fino a 750 miliardi di euro fino alla fine dell’anno, oltre ai 120 miliardi di euro di acquisti aggiuntivi annunciati il 12 marzo. Non è il primo passo falso che si commette da Francoforte, sede della Bce.
Nel 2011 Trichet aumentò i tassi di interesse in piena crisi dei debiti sovrani. Un passo falso risolto da Mario Draghi che nel 2012 tagliò repentinamente il costo del denaro.Il ruolo della Bce, proprio come nella crisi determinata dallo scoppio della bolla dei titoli subprime, è messo in discussione e con esso si torna a parlare dell’euro, la “ moneta incompiuta”, così definita da vari economisti. La causa di questo aggettivo si deve proprio al principale obiettivo da perseguire da parte della banca centrale, ovvero il mantenimento della stabilità dei prezzi.
A differenza della banca centrale Americana, che tra i suoi obiettivi principali comprende anche :elevata occupazione e tasso di crescita sostenuto dell’attività economica. Tali limitazioni hanno pertanto determinato l’accentuarsi delle crisi dei paesi europei del mediterraneo e dell’Irlanda che non hanno potuto beneficiare di tutti gli strumenti che la politica monetaria permette. I problemi che l’Europa ha già affrontato con la crisi del 2008, che sta affrontando ed affronterà sono sicuramente differenti da quelli dei tempi della creazione dell’eurozona. Pertanto è necessario che l’avanzare del tempo porti con sé’ l’evoluzione e lo sviluppo delle istituzioni di cui è composta l’unione europea.
Pandemie ed economia: dall’impero romano ai giorni nostri
Fenomeni tragici come le pandemie accompagnano da sempre la storia dell’economia. Le fitte reti commerciali e il continuo spostamento di persone ha reso la nostra società più ricca ma anche più esposta al contagio. Gli effetti del covid-19 non sono paragonabili a quelli dei patogeni che hanno colpito le società nel passato, sia per l’attuale contesto economico, sia per la maggiore prevenzione che ad oggi le persone adottano, per non parlare delle misure imposte dai governi.
Quindi il bilancio delle vittime non dovrebbe essere assolutamente paragonabile a quello della peste nere o dall’influenza spagnola. Ma proprio questi due eventi catastrofici possono fornirci una guida dalla quale evincere quelli che possono essere gli effetti del coronavirus sull’economia nel lungo periodo. La peste nera causò a metà del 1300 la morte di circa 20 milioni di persone, ⅓ della popolazione europea di quel periodo, lasciando la società del tempo fortemente scossa.
Tale dinamica comportò una maggiore disponibilità di superficie coltivabile per lavoratore, determinando l’utilizzo dei terreni più produttivi,e l’improvvisa scarsità dei lavoratori che si trasformò in un maggior potere contrattuale nei confronti dei proprietari terrieri. Morale della favola: stipendi più alti per i coltivatori di campi e inizio del tramonto dell’età feudale. Sebbene i costi umani delle pandemie siano spaventosi in termini di vittime, gli effetti economici a lungo termine non lo sono altrettanto.
Simile è il caso dell’influenza spagnola, che ha ucciso tra i 20 e 100 milioni di persone dal 1918 al 1920, dopo la quale gli stati americani più colpiti dalla malattia sono cresciuti più rapidamente rispetto alle conseguenze. Più frequentemente però le conseguenze economiche di una pandemia sono negative. Le modalità di diffusione del patogeno, come il commercio, possono determinare il rallentamento della stessa attività economica. E’ il caso ad esempio dell’economia romana, che subì un duro colpo alla fine del secondo secolo, quando si diffuse quello che si pensa fosse stato il vaiolo.
Un secolo dopo ci fu la peste di Cipriano, che si ipotizza sia stata una febbre con varie complicanze, che determinò vittime ed il declino dell’attività economica di quel periodo dal quale l’impero occidentale non si riprese mai più.
Cosa aspettarsi dopo il Covid-19?
Viviamo ormai in un contesto complesso ed in molti casi anche difficile da analizzare, a causa delle interconnessioni che ci circondando e dalla velocità in cui i fatti accadono e le notizie vengono diffuse. Velocità che a volte non consente la totale elaborazione. Anche se non ce ne stiamo rendendo conto stiamo sottolineando quanto siamo dipendenti dal comunicare con i nostri affetti, indipendentemente dal posizionamento geografico, in attesa di poterli finalmente raggiungere o del bisogno di beni provenienti da altri paesi che data l’emergenza ritardano nell’essere disponibili. Stiamo pertanto abbattendo la distanza che ci separa da una parte e affermando la nostra dipendenza da altri paesi dall’altra, mostrando quanto costruire mura per separarci possa essere poco sensato.
La repentina diffusione del contagio ha evidenziato gli evidenti limiti dell’unione europea nel rispondere a situazioni di stress e crisi. Si aprirà pertanto una discussione sul come migliorare la gestione di questi particolari eventi, fattibile solo se accompagnata da un processo di riorganizzazione degli istituti e da una stagione di riforme della governance. Sebbene il bilancio del covid-19 sarà probabilmente troppo basso per dare impulso alla crescita degli stipendi, questa può essere effettivamente un’ occasione per costringere la scuola, l’università, la pubblica amministrazione e le imprese alla conversione digitale che si aspettava da tempo, con effetti duraturi sulla crescita e sulla produttività.
Direttore responsabile: Claudio Palazzi