Bilancio dell’Unione Europea a 70 anni dalla dichiarazione di Schuman

“L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”.

In questo estratto, proveniente dalla dichiarazione di Schuman del 9 Maggio 1950, era già chiaro all’allora ministro degli Esteri Francese che il cammino per l’integrazione Europea sarebbe stato lungo e non privo di ostacoli. 

Personaggi e eventi chiave

Mazzini, Cattaneo e Victor Hugo. Sono questi i personaggi che per primi immaginarono un’architettura politica comune per i “popoli europei”, proponendo l’idea degli Stati Uniti d’Europa. Ma tra questa idea e la nascita vera e propria dell’unione europea passerà un secolo importante. Un secolo che segnerà fortemente gli stati dell’Unione Europea. Prima guerra mondiale, influenza spagnola, crisi economica mondiale e seconda guerra mondiale. Questi e molti altri sono invece gli eventi che hanno segnato la storia della prima metà del XX secolo. E’ proprio la seconda guerra mondiale a dare l’ispirazione definitiva al disegno dell’Unione Europea.

Un’autorità sovranazionale fondata sui principi democratici che si sarebbe dovuta impegnare nel creare le condizioni adatte affinché i cittadini europei potessero godere a pieno dei loro diritti, umani prima di tutto. Questi sono gli obiettivi contenuti nel “Manifesto di Ventotene”. Un documento redatto da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Ursula Hirschmann nell’isola di Ventotene, nella quale scontavano l’esilio imposto dal fascismo. 

Arrivando pochi anni dopo alla dichiarazione di Schuman. Nella quale si proponeva la creazione di una Comunità Europea del carbone e dell’acciaio. I cui membri avrebbero messo in comune le produzioni di questi due beni. Che sarà creata l’anno dopo, prendendo il nome di CECA , alla quale aderiranno: Francia, Germania occidentale, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo. Aprendo così la strada alle istituzioni europee sovranazionali che avrebbero condotto a quella che oggi è conosciuta come “Unione Europea”, nata ufficialmente il 1° novembre 1993 con l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht. La motivazione principale era quella di rendere “non solo impensabile, ma materialmente impossibile”  una nuova guerra tra stati europei. Per l’appunto mettendo in comune la produzione di carbone e acciaio, risorse essenziali per intraprendere un nuovo conflitto.

Oltre al perseguimento di tale obiettivo vi era l’opinione diffusa che la comunione di interessi economici tra nazioni del continente Europeo potesse contribuire a creare coesione tra gli stati e i loro cittadini, per perseguire l’obiettivo di un’Europa unita. 

A ciò seguirà il Trattato di Roma del 1957, che istituirà la Comunità Economica Europea (CEE), meglio conosciuto come “Mercato comune” finalizzata a: «promuovere, mediante l’instaurazione di un mercato comune e il graduale riavvicinamento delle politiche economiche degli Stati membri, un’espansione continua ed equilibrata, una stabilità accresciuta, un miglioramento sempre più rapido del tenore di vita e più strette relazioni fra gli Stati che ad essa partecipano». Sono queste le fondamenta sulle quale è stata costruita l’Unione Europea. 

Ovviamente dal 1957 ad oggi le trasformazioni di tale istituzione sono state molteplici ed attraversate da dinamiche storiche e culturali che ne hanno determinato lo stato attuale. Tra gli anni sessanta e gli anni ottanta i mutamenti della CEE saranno molti. I paesi della Comunità Europea cesseranno di applicare i dazi doganali sulle merci. Danimarca, Irlanda e UK entreranno nella CEE e cadranno le dittature di Spagna e Portogallo. Con queste due nazioni che poco tempo dopo entreranno nella CEE assieme alla Grecia. Arrivando così alla caduta del muro di Berlino del 1989 e l’ormai vicino del tramonto dell’Unione Sovietica .

La nascita dell’Unione Europa

Nel 1993 arriva quindi la firma del trattato di Maastricht con il quale si istituisce ufficialmente la nascita dell’Unione europea. Seguita dalla stipula del trattato di Amsterdam del 1999, finalizzato ad una più stretta coesione politica tra gli stati. Nel 1995 entrano in vigore gli accordi ‘Schengen’ che consentiranno ai cittadini di spostarsi liberamente senza controllo dei passaporti alle frontiere. Inizieranno ad essere finanziati progetti per la mobilità europea per questioni di studio.

Il 1º gennaio 1999, con un comunicato del Consiglio dei Ministri europei nasceva invece ufficialmente l’euro, la moneta unica europea. Mentre il 1º gennaio 2002 l’euro iniziava a circolare nei dodici Paesi dell’Unione che per primi hanno adottato la nuova valuta.

La crisi finanziaria mondiale del 2007

L’entrata in vigore della moneta unica, accolta con grande entusiasmo dai mercati finanziari, non ha fatto altro che portare ad un livello superiore l’integrazione europea, dando l’illusione temporanea che l’Europa fosse imperturbabile. Ma la crisi finanziaria scoppiata nell’agosto del 2007 ha messo a nudo la fragilità dell’Unione Europea, non in grado di reagire alla recessione. Facendo così riemergere i nazionalismi che un tempo erano sfociati nelle guerre mondiali.

Lo scoppio della bolla finanziaria dei mutui subprime ha avuto risvolti tragici per l’economia mondiale. Sebbene, nel 2006, tali mutui rappresentassero solo il 20% dei totali, lo scoppio di questa bolla speculativa, e la conseguente insolvenza di questi contratti, scatenarono una crisi di liquidità difficile da arginare, subito riversatasi nel settore commerciale.

Negli Stati Uniti molte banche fallirono, provocando il crollo del sistema creditizio, degli investimenti e del mercato finanziario. La contrazione della domanda e dei consumi nei paesi più avanzati ebbe un pessimo effetto sulle esportazioni che calarono del 12,3%. Per il capitalismo era il peggior momento dal 1929, per molti soltanto una fase anticiclica congenita a questo modello economico. Per i paesi dell’Eurozona però, il peggio doveva ancora venire.

L’Unione Europea venne colpita duramente: per la BCE, diretta allora da Jean Claude Trichet, cominciava la vera sfida.Per prima cosa, venne attuata una politica di contenimento che mantenne, come da programma, l’inflazione stabile. Dal 2010, invece, Bruxelles diede più vigore alla manovra chiedendo, però, ancora maggiore rigore dei parametri del patto di stabilità, introducendo prima il “Two Pacs” e soprattutto indirizzando in maniera più restrittiva i bilanci attraverso il “Fiscal Compact”, che rendeva necessaria la modifica delle singole Costituzioni. Gli Stati più colpiti furono i cosiddetti PIIGS (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna).

Lo spettro dei populismi

Con la crisi e la crescita dell’instabilità e delle incertezze, anche lo stato di salute delle democrazie era in pericolo. Con lo scricchiolare della società post-industriale, la responsabilità della propria condizione non era più considerata come un fallimento personale ma era vissuta come un problema sistemico cui la politica (nel senso più ampio del termine) non sapeva più dare risposte.

Secondo la Teoria dei “perdenti della modernizzazione”, la globalizzazione avrebbe prodotto “vincenti e perdenti”, sulla base di chi avesse tratto o meno vantaggio da questi enormi cambiamenti. Questo può considerarsi assunto a partire dalla contrapposizione tra un’élite corrotta e un popolo “buono”. Dove la colpa principale della prima sarebbe stata quella di aver lasciato indietro i cittadini, proprio nel momento del bisogno. È stato l’ultimo trentennio che in particolare ha trasformato in maniera radicale il panorama politico, specialmente quello europeo: i grandi partiti di massa infatti, sono progressivamente scomparsi. Al posto di questi grandi partiti, ecco arrivare sulla scena gli attori della nuova politica, i movimenti single issue e nuove forme di raggruppamenti politici considerati più rappresentativi.

Il populismo, pur non essendo un fenomeno di recente nascita ma di vicina ri-nascita, non trova, nella letteratura, una definizione precisa. Ed è un fenomeno così diffuso da non trovar posto in un ipotetico schema “sinistra-centro-destra”. La crisi economica ha causato una crescita dell’instabilità lavorativa, dell’incertezza economica ed esistenziale dei cittadini. Il populismo quindi abbraccia tutti quei movimenti che si ergono, da sinistra a destra, a difensori civici di un popolo al quale la classe dirigente, i pochi, hanno sottratto la sovranità e il controllo del potere politico. 

La recessione ma soprattutto la mancata redistribuzione delle risorse, gli squilibri e la mancanza di una pianificazione comune, sia a livello ambientale che per esempio della gestione dei migranti, ha permesso a molti politici di legittimarsi puntando il dito contro “i tradimenti dei burocrati di Bruxelles”. In particolare poi, non ha aiutato la mancanza di decisioni comuni che vertessero sull’accoglienza dei migranti.

L’Unione Europea Oggi

La Fragilità già vista nella crisi del 2007 è emersa nuovamente nell’attuale crisi mondiale dovuta al Covid-19. La Commissione Europea e la Banca Centrale Europea si sono infatti dimostrate poco attente e lente nell’affrontare la situazione. Con i vertici di tali istituzioni che si sono lasciati andare a parole frettolose e a volte inopportune. Trasmettendo un sentimento di abbandono soprattutto nei confronti della nostra nazione. La prima a dover affrontare l’emergenza Covid-19.

Negli ultimi 20 anni l’Unione Europea ha visto l’entrata in vigore della moneta unica e l’adesione di dieci nuovi paesi. Grazie ai quali si ritengono superate le divisioni politiche tra Europa occidentale e orientale. Oltre a questi accadimenti sicuramente positivi dobbiamo ricordare però anche la “Guerra al terrorismo”. La quale ha fatto emergere paure e sentimenti contrastanti nei confronti di culture diverse da quelle del nostro continente. Tali paure si sono purtroppo trasformare in odio verso i paesi al di là dei confini europei, portando alla ribalta la tematica dell’esclusione. Ben sintetizzata dalla barriera di separazione tra Ungheria e Serbia. Le tematiche che ci dividono vanno affrontate per analizzarle e trovare una soluzione comune, pertanto speriamo si apra una stagione europea in cui il confronto ed il dialogo non vengano mai meno.

E’ ormai chiaro quindi che le istituzioni europee hanno bisogno di un cambio di rotta, partendo probabilmente dalla gestione della governance, come sostiene il premio nobel Stiglitz. Ma è altrettanto chiaro che un’europa dove gli stati aderenti lavorano con sinergia per la crescita e lo sviluppo economico è più forte di un insieme di stati confinanti che si fanno la guerra. Solo se unite le nazione europee possono confrontarsi con le potenze economiche del resto mondo e garantire la pace nel proprio continente.

La strada che ci attende è sicuramente lunga e l’arrivo non è scontato. Ma è necessario far tesoro degli errori del passato, adoperandosi per risolverli e non per reiterarli. E’ per questo che a 70 anni dalla dichiarazione di Schuman è necessario rafforzare la nostra fiducia nel progetto Europeo, l’unica via certa di pace e cooperazione tra gli stati in un periodo ormai dominato dall’incertezza. 

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