È indubbio che i vaccini siano tornati prepotentemente al centro del discorso pubblico almeno dall’inizio di questo 2021, periodo nel quale si è avviata la colossale campagna vaccinale mondiale ancora oggi in corso. Una contingenza storica che ha visto riprendere vita a quel dibattito acceso tra favorevoli e contrari ai vaccini, ma che ha anche reso evidente che ruolo fondamentale abbiano giocato nella storia umana, contribuendo a sconfiggere quelle malattie virali e epidemiche che da sempre falcidiavano l’umanità. È chiaro che la portata storica di una tale scoperta scientifica sia senza precedenti e abbia avuto un impatto radicale sulle sorti dell’umanità. Vaccini: cronistoria di una scoperta epocale tra scetticismo, fiducia e confusione istituzionale Direttore responsabile Claudio Palazzi
La scoperta dei vaccini risale a fine ‘700, quando in piena epidemia di vaiolo un medico inglese di nome Edward Jenner fece un esperimento iniettando intenzionalmente il virus del vaiolo vaccino in una bambina di otto anni e dimostrando che in questo modo era divenuta immune al virus stesso, in particolare alla variante umana, molto più grave di quella animale. Egli aveva precedentemente osservato come gli allevatori avessero sviluppato una misteriosa immunità al virus del vaiolo, e intuì che ciò dovesse dipendere dal fatto che probabilmente già erano entrati in contatto con la forma del virus che colpiva gli animali. Jenner, che inizialmente aveva incontrato la diffidenza e lo scetticismo della comunità scientifica dell’epoca, in poco tempo vide crescere enormemente la sua fama e la sua scoperta fece il giro del mondo quando fu evidente a tutti l’efficacia del farmaco da lui ideato. Nel giro di 20 anni il vaccino era già utilizzato in quasi tutto il mondo e nel 1980 l’Oms dichiarò il virus, che solamente nel corso del XIX secolo aveva provocato più di 300 milioni di vittime, definitivamente debellato.

Se a Jenner si deve la scoperta della vaccinazione, senz’altro a Louis Pasteur si deve la sua invenzione, poco meno di un secolo dopo le intuizioni del medico inglese. Il contributo di Pasteur fu fondamentale per la nascita della moderna microbiologia e permise la sintesi di un farmaco molto più sicuro e meno rudimentale, che permise di ridurre l’incidenza di una temibile malattia come la rabbia. ”Isola il germe, uccidilo e iniettalo’’ era il principio empirico usato dai tempi di Pasteur. Da allora la nascita della farmacologia moderna ha poi affinato progressivamente le tecniche di produzione e progettazione dei vaccini. Se alcuni virus sono stati dichiarati completamente eradicati, altri sopravvivono tutt’oggi, ma la popolazione umana è sempre più immunizzata. L’immunità di gregge è ciò che ha permesso se non la scomparsa definitiva di questi virus, almeno la loro marginalizzazione.

Nel ‘900, la diffusione su larga scala di epidemie gravi come quella di Poliomielite, che interessò ugualmente diverse zone del mondo rese evidente a tutti l’esigenza di incrementare la ricerca scientifica in questo campo, al fine di provvedere a debellare definitivamente quelle patologie che da sempre avevano caratterizzato la storia umana. In un mondo sempre più interconnesso, la globalizzazione era allo stesso tempo fattore di diffusione su larga scala dei virus, ma anche potenzialmente un fattore indispensabile per fornire una risposta comune ad un problema comune come quello delle epidemie mondiali.

Fin dalla sua scoperta, la vaccinazione è stata sempre oggetto di discussione tra sostenitori e oppositori. La storia della diffusione dei vaccini è una storia caratterizzata da una profonda discontinuità. Sin dal principio gli oppositori, aggregati nelle associazioni e organizzazioni antivacciniste – veri e propri movimenti no-vax ante litteram – fecero pressioni per frenarne la diffusione e l’utilizzo a livello nazionale. Per questo fu necessario un lungo periodo per sconfiggere lo scetticismo che persisteva in molte società. In alcuni paesi si procedette rendendo obbligatoria la vaccinazione. Come già detto tale opposizione assunse con il tempo posizioni sempre più marginali, permettendo la diffusione a livello mondiale di questa pratica. Successivamente nel corso della seconda metà del ‘900, complici le scoperte rivoluzionarie di molti nuovi vaccini, crebbe l’ottimismo e la fiducia verso la vaccinazione raggiunse i suoi livelli massimi.

La polemica tra detrattori e sostenitori sopravvive oggi, dove grazie ai mezzi di informazione di massa ha raggiunto proporzioni preoccupanti. La pandemia globale ha colto impreparato un mondo ormai abituato a non considerare più una reale minaccia la diffusione di epidemie su scala mondiale. E ad una minaccia senza precedenti è seguita una reazione da parte del mondo scientifico altrettanto senza precedenti. Opinione pubblica e mondo scientifico, trovandosi impreparati ad affrontare una minaccia così inaspettata, si sono frammentati. Ed è proprio il disaccordo degli addetti ai lavori nell’affrontare quest’ultima sfida sanitaria che si è riflesso in politiche sanitarie prive di coerenza e in un clima di sfiducia serpeggiante nei confronti della moderna medicina.

Un esempio della confusione delle autorità sanitarie – ultimo di una lunga serie nel nostro paese – strettamente riguardante la cronaca degli ultimi giorni, è la mancanza di una precisa e univoca presa di posizione della comunità scientifica sulla questione della vaccinazione eterologa, questione nata in seguito agli episodi di reazioni avverse al vaccino verificatesi specialmente nelle fasce più giovani della popolazione. La circolare emessa dall’AIFA risalente al 13 giugno , raccomanda fortemente per gli under 60 che si sono già sottoposti alla somministrazione del vaccino anglo-svedese Astrazeneca per la prima dose, di procedere al richiamo utilizzando un differente vaccino, potendo scegliere tra i due a mRNA attualmente presenti sul mercato (Moderna e Pfizer). Questa è stata solo l’ultimo cambio di rotta che ha riguardato il tanto discusso vaccino Astrazeneca, dopo il ritiro di alcuni lotti incriminati lo scorso 11 marzo e la successiva sospensione della sua somministrazione per due giorni  nel nostro paese. Decisioni che continuano a far discutere e ad alimentare un certo clima di scetticismo e sfiducia.

La stessa comunità scientifica non sembra allinearsi su posizioni condivise in relazione alla efficacia e sicurezza della vaccinazione eterologa. Il comitato tecnico-scientifico, nell’emanare la disposizione che la raccomanda fortemente, lamenta la mancanza di studi approfonditi e su larga scala, affermando che questa modalità sperimentale ‘’non appare sconsigliabile’’ e ‘’si ritiene raccomandabile’’. Dunque non proprio una netta presa di posizione favorevole quella espressa dal CTS, ma che tuttavia si traduce in una precisa disposizione normativa. Malgrado alcuni studi sottolineino persino la maggiore efficacia e protezione garantita dal ricorso a due vaccini differenti, tendono a emergere all’interno dell’opinione pubblica posizioni scettiche o di aperta avversione a una pratica definibile sperimentale fino ad un certo punto, in quanto già in uso da mesi in molti paesi europei come Germania, Francia e Svezia.

L’intervista ai vaccinati

Per sondare il grado di apprezzamento verso tale modalità di vaccinazione, abbiamo raccolto presso l’hub vaccinale del Centro Commerciale Porta di Roma alcune opinioni dei presenti. I tre intervistati hanno espresso opinioni divergenti sulla vaccinazione eterologa.

Simone, studente di 22 anni, non ha espresso particolari perplessità in merito a tale modalità di vaccinazione quando interpellato al riguardo.

Cosa pensi delle recenti disposizioni del comitato tecnico scientifico che raccomandano il ricorso alla vaccinazione eterologa per chi ha già ricevuto una prima dose di Astrazeneca e abbia meno di 60 anni. Ti saresti sottoposto a tale procedura?
Personalmente ho sempre considerato il vaccino come l’unica arma per combattere la pandemia, e ho sempre avuto fiducia nella scienza e nei medici. Ritengo che l’unica strada percorribile sia affidarsi alle disposizioni delle autorità sanitarie e nel caso in cui mi fossi dovuto sottoporre alla somministrazione di due vaccini differenti l’avrei fatto senza problemi. In questo momento l’unica cosa da fare è attenersi alle disposizioni degli esperti.

Non ritieni che possa esistere un rischio connesso al ricorso ad una procedura così sperimentale?
Innanzitutto ritengo che in un contesto di emergenza improvvisa come questo, ogni soluzione comporti una certa dose di rischio. Inoltre l’uso di due vaccini differenti è una soluzione già praticata in altri paesi europei. Non la percepisco come più rischiosa rispetto alla normale somministrazione dello stesso vaccino per le due dosi. In questa situazione tutto è sperimentale e rischioso.

Lucia, 49 anni, ha invece espresso alcune perplessità al riguardo.

Si sottoporrebbe alla somministrazione di due differenti vaccini per immunizzarsi, come recentemente stabilito dal CTS per chi ha meno di 60 anni e ha ricevuto la prima dose di Astrazeneca?
Ho già concluso il ciclo di vaccinazione tramite il vaccino di Pfizer senza particolari reazioni avverse. Tuttavia rimango quantomeno perplessa dai continui ripensamenti delle autorità sanitarie, specialmente per ciò che riguarda il vaccino Astrazeneca. Mentirei se dicessi che lo farei a cuor leggero. Si tratta comunque di una procedura non ordinaria e poco praticata. Ma come per gli altri vaccini, eventuali effetti a lungo termine li scopriremo solo col tempo.

In effetti anche gli addetti ai lavori hanno sollevato dubbi e perplessità al riguardo. Mentre c’è chi incoraggia tale procedura, sottolineando la sua maggiore efficacia, altri mettono in dubbio la sua sicurezza e lamentano la carenza di studi al riguardo.
Tutto ciò mi rende ancor più perplessa. Però penso comunque che sia un atto di responsabilità quello di vaccinarsi. Credo che alla fine malgrado un po’ di preoccupazione al riguardo avrei accettato di sottopormi ai due vaccini.

Infine Angelica, 23 anni, già vaccinata con una prima dose del vaccino di Astrazeneca, appare preoccupata sia dalla possibilità di dover cambiare vaccino per la seconda dose sia dall’ eventualità, ormai non più praticabile, di ricevere una nuova dose dello stesso vaccino.

Hai già ricevuto la prima dose di vaccino?
Si, ho già effettuato la prima dose del vaccino Astrazeneca il 4 giugno. Devo dire che già ho avuto paura il giorno successivo quando sono stata veramente male, con febbre alta e dolori a tutto il corpo, anche se eravamo già a conoscenza di questa possibilità. Certo che sapere certe notizie di reazioni gravi in ragazzi giovani come me di certo non mi tranquillizza.

Dunque tu ora dovresti ricevere un vaccino differente come seconda dose. Cosa ne pensi di questa possibilità?
Sicuramente mi sottoporrò ad un vaccino differente ma sono ancora in attesa di sapere quando potrò farlo. Da una parte sapendo che ormai si è capito che il vaccino non è proprio indicato per le fasce più giovani, guardandomi indietro mi chiedo se ci abbiano fatto passare un rischio evitabile. Dall’altra parte sapere che neanche le autorità sembrano così convinte dell’efficacia di ricorrere a due diversi vaccini mi rende perplessa. Credo che avrei accettato una seconda dose di Astrazeneca ma a questo punto aspetto di capire se dovrò scegliere un altro vaccino.

Dunque posizioni e opinioni difformi, riflesso della frammentazione dell’opinione pubblica e non solo. Ma anche sostanziale disponibilità ad affidarsi alle disposizioni del governo e del Comitato Tecnico Scientifico. Nella consapevolezza che un quadro più chiaro della situazione si avrà solo col passare del tempo, emerge un certo grado di sfiducia verso i decisori pubblici, ma anche il riconoscimento dell’importanza di quella che è stata una delle più importanti invenzioni della storia. E’ chiaro che una tale situazione di caos, disinformazione e incertezza non può alimentare la fiducia verso le autorità sanitarie. Ciò di cui ci si lamenta non è l’efficacia dei vaccini – la cui importanza appare a tutti come evidente e innegabile- ma la mancanza di chiarezza di chi è chiamato a prendere decisioni in una situazione così straordinaria. In un periodo storico in cui la salute è al centro del dibattito pubblico costantemente, è necessario fare uno sforzo anche in termini di maggiore chiarezza nella comunicazione e di ricerca di maggiore coerenza a tutti i livelli.

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