Direttore responsabile: Claudio Palazzi

Tutti hanno sentito parlare del WWF la più grande organizzazione no-profit per la conservazione della natura, ma quanti sono certi di conoscerla fino in fondo? Forse meno di quanti si possa pensare ed anche chi metterebbe la mano sul fuoco sulle sue convinzioni inerenti alla giustizia, potrebbe bruciarsela. Un’inchiesta infatti di BuzzFeed ha forse scoperto un volto oscuro di questo “angelo del pianeta”, un volto persino più nero di quanto si possa pensare, un volto di violenza e terrore di cui la Repubblica Centrafricana con la sua situazione politica di terrore è divenuta terreno di battaglia. WWF scandalo o realtà?

Cos’è il WWF? Quando è nato? Di cosa si occupa?

Il WWF (World Widelife Fund) è la più grande organizzazione no-profit per la conservazione della naturaFondata nel 1961 in Svizzera, è presente in tutto il mondo con 24 organizzazioni nazionali. I sui scopi principali sono quelli di salvaguardare le specie in via di estinzione e mantenere l’armonia che deve esistere tra uomo e natura con una particolare attenzione alla biodiversità, combattendo il degrado ambientale di mari, oceani, coste, foreste.

L’inchiesta di BuzzFeed: il WWF è davvero l’ “angelo del pianeta”?

In virtù del valore sociale dell’organizzazione ha destato scalpore l’inchiesta di BuzzFeed del 4 marzo 2019, a firma Tom Warren e Katie J.M. Baker, ove si evidenziano i comportamenti violenti e inaccettabili di alcune guardie da Lei addestrate, armate ed incaricate di sorvegliare i parchi, che ha istituito ed organizzato in tutto il mondo. Naturalmente non tutte le sedi sono coinvolte nello scandalo, ma quelle poste nelle zone più povere e turbolenti del pianeta. Ciononostante i comportamenti inaccettabili hanno ingenerato dubbi e proteste che hanno scalfito l’immagine di “angeli del pianeta” che in tanti anni l’organizzazione si era creata. Questa immagine è oggi più sbiadita, finita sotto “osservazione” di finanziatori e fautori che si chiedono se tutti i meriti che l’organizzazione si era arrogata fossero reali o semplice copertura per atti illeciti. Tutto ha tratto origine da questa inchiesta condotta da BuzzFeed, in cui è emerso che il Wwf potrebbe aver “finanziato feroci forze paramilitari nella volontà di contrastare il bracconaggio”. L’accusa riportata sul sito web è frutto di un’inchiesta durata un anno e che ha esaminato il comportamento dei Ranger antibracconaggio in sei nazioni. Come dichiarato da BuzzFeed è “Basata su 100 interviste e migliaia di documenti” da cui emerge come “in parchi nazionali in Asia e Africa, l’amata organizzazione no-profit finanzia, fornisce equipaggiamenti e lavora direttamente con forze paramilitari che sono state accusate di aver picchiato, torturato, abusato sessualmente e ucciso molte persone”.

Il WWF e il bacino del Congo

L’articolo di BuzzFeed muove una accusa grave soprattutto coinvolgendo un’area ricca di conflitti e lotte intestine, ove vige un embargo delle armi: il bacino del Congo. Le foreste pluviali dell’Africa centrale rappresentano ancora oggi uno dei luoghi più selvaggi del pianeta e sono il regno di molti animali tra cui gorilla di pianura, elefanti di foresta, bufali rossi e molta avi-fauna. Il Wwf ha creato in questa foresta un progetto di Sviluppo Sostenibile, che tocca in particolare il bacino dello Dzangha Sangha in Repubblica Centrafricana. In questo abisso verde punteggiato da radure e ricco di animali di varie specie, il Wwf realizza un progetto di tutela e sviluppo delle risorse naturali di un ambiente che è uno dei principali polmoni verdi del mondo.

Gli indigeni Centrafricani: tra abusi e costumi

Le denunce di abusi perpetrati sugli indigeni, che sono molto attaccati alla loro terra ricca di risorse preziose minerali e naturali, sono già da anni segnalate, ma nessuno aveva fino a quella fatidica data preso in seria considerazione le denunce presentate anche per via digitale nel web. Queste sono popolazioni, che in passato si spostavano spesso nella foresta, raccogliendo prodotti, e che tradizionalmente, vivono in piccole comunità, basate sull’accumulo di beni sul loro scambio con quelli delle società confinanti.  Il loro legame con il territorio si può evidenziare da frasi riportate in articoli reperibili sul sito di Survival: “La foresta l’abbiamo ereditata dai nostri antenati. Siamo i figli della foresta. Ecco perché la proteggiamo”, “La foresta è nostra madre, la nostra balia. È questa immensa relazione che ci lega alla foresta, alla terra”. Da queste frasi si evince un legame molto forte con la foresta, relazione tuttavia che nel nome della conservazione delle specie animali protette è stata incrinata da abusi dei diritti umani, che li hanno riempiti di terrore e paura, come dimostrano interviste che hanno rilasciato sempre a Survival: “Ora c’è solo tristezza. Abbiamo tanta fame. E paura, tanta paura! I ragazzi sono spaventati all’idea di entrare nella foresta”,  “I guardaparco ci minacciano, ci picchiano, ci derubano, anche fuori dal parco”.

Dunque sembra che la creazione di aree protette per la sopravvivenza della fauna e flora, abbia comportato per queste popolazioni violenza e fame. Le squadre anti-bracconaggio, finanziate e equipaggiate dal Wwf, sembrano dunque interessate solo alle risorse possono rubare per arricchirsi. Sotto l’accusa  di “bracconaggio”, sottopongono le tribù a molestie, pestaggi, torture e persino alla morte incutendo in esse paura sia nella caccia cui esse ricorrono per nutrire le loro famiglie, sia nell’entrare nella foresta, loro terra. Inoltre i guardaparco, forti del loro ruolo di “protettori della natura”, rubano il loro cibo e bruciano i loro campi e i loro utensili. Quindi se gli scopi originali protezione dall’estinzione di alcuni animali autoctoni, tra cui i celebri gorilla giganti, erano validi, le conseguenze di questo abuso “di autorità” ha comportato un problema ancora più serio. Questo genere di abusi inoltre non solo è “un delitto contro una popolazione inerme”, ma causa anche un distoglimento dell’attenzione dalla lotta contro il taglio del legno e dalla corruzione, vere cause della distruzione della foresta e del bracconaggio.

I misfatti del WWF

L’uscita di questo articolo, ha quindi mostrato al mondo quello che per anni è stato taciuto, facendo nascere il sospetto che i principali responsabili del Wwf nascondevano  questi misfatti e mettevano a tacere  le voci di protesta per non far trapelare l’impotenza a controllare e selezionare il proprio personale e la corruzione che pervadeva alcuni. Uno spiraglio che sembra confermare un coinvolgimento delle “alte sfere del Wwf” sembra offerto dai comportamenti tenuti da quest’ultimo quando, anche in passato, qualche stato voleva investigare su queste voci. L’esempio più famoso è l’investigazione dalla Germania in occasione di uno stupro di 4 donne con associata legatura dei genitali agli uomini di un villaggio, infatti Survival riporta che l’atteggiamento dell’associazione no profit del Wwf fu quello, tramite le sue alte sfere, di chiedere che tale indagine non divenisse di dominio pubblico. Inoltre altre investigazioni degli organi di stampa, riportano che il Wwf avrebbe provato a “comprare il silenzio” delle vittime di stupri e torture, promettendo a queste un indennizzo pari allo stipendio dei guardacaccia in servizio presso la riserva e, contestualmente, assicurando l’immediata sospensione da ogni incarico dei “ranger stupratori”. Tali rassicurazioni, sempre secondo queste fonti, non avrebbero avuto alcuna attuazione, in quanto nessun risarcimento sarebbe stato ancora corrisposto e tutti i sorveglianti incriminati sarebbero rimasti al loro posto. Da quanto detto emerge dunque un dubbio sull’onestà delle alte sfere del Wwf: hanno davvero coperto fraudolentemente dei banditi travestiti da guardiaparco? Quest’ultimi sono davvero colpevoli di aver diffuso il terrore e rubato alla popolazione con il fine di destabilizzare la zona con la scusa di proteggere gli animali e creare nuovi parchi naturali?

L’area protetta di Dzanga Sangha un’oasi naturale nella travagliata storia della Repubblica Centroafricana

Creata nel 1990, l’area protetta di Dzanga Sangha nel sud-ovest della Repubblica Centroafricana è il centro del più grande sito del Tri-National Sangha, diventato nel 2012 patrimonio dell’Unesco,  con le sue specie uniche come il gorilla di pianura, gli elefanti di foresta, gli scimpanzé, i bonghi e centinaia di altre specie. Attorno a questo paradiso naturale, abbiamo la storia travagliata fin dall’inizio, della Repubblica Centrafricana, fortemente voluta da Berthelemey Boganda, un prete cattolico, leader del Movimento d’Evoluzione Sociale dell’Africa Nera, il primo partito politico del Paese, che governò fino al 1959 quando morì in un misterioso incidente aereo. Gli succedette il cugino, David Dacko, che nel 1962 impose un regime monocratico. Iniziò così una lunga serie di colpi di Stato: il primo, lo attuò il colonnello Jeab Bedel Bokassa, che sospese la costituzione e sciolse il Parlamento. La pazzia di Bokassa arrivò al punto di autoproclamarsi Presidente a vita nel 1972 e Imperatore del risorto Impero Centrafricano nel 1976. Un impero di follia, e di povertà per la gente. L’intervento della Francia, ex potenza coloniale, decretò la fine di Bokassa nel 1979 e restaurò la presidenza di Dacko, con un altro golpe. Nel 1981 il generale Andre Kolingba prese il potere, ma pressioni internazionali costringono il dittatore a convocare elezioni nel 1993, che furono vinte da Ange-Félix Patassé. Il neo Presidente diede vita a una serie di epurazioni negli apparati statali e promulgò una nuova costituzione nel 1994, ma le forti tensioni sociali sfociarono in rivolte popolari e violenze interetniche. Nel 1997 vennero firmati gli accordi di pace che portano al dispiegamento di una forza internazionale composta da forze militari di Paesi africani a cui seguirono quelle dell’Onu. Di nuovo alle urne nel 1999, Patassé vinse, ma ormai le tensioni sono fuori controllo. Il Paese diventò una sorta di terra di nessuno dove le forze militari e i ribelli razziano e rapinano la popolazione. Terreno fertile per un ennesimo colpo di Stato, che in effetti portò al potere nel 2003 il generale François Bozizé, che poi vinse le elezioni nel 2005. Ma nel 2013, venne spodestato dal gruppo politico-militare Seleka, il quale dichiarò di ispirarsi alla religione islamica, appoggiato da Ciad e Sudan. L’avvento al potere della minoranza musulmana, però, presto provocò violente reazioni da parte della maggioranza cristiana e animista.che portò al dilagare delle violenze e degli scontri in tutto il Paese culminate con le dimissioni di Djotodia, lìder dei Seleka. Al suo posto nacque un Consiglio e un Governo Nazionale per la Transizione, guidato prima da Alexandre-Ferdinand Nguendet e poi da Catherine Samba-Panza, che traghettò la Repubblica Centrafricana fino alle elezioni del 2016.

Il voto ha decretato la vittoria dell’attuale Presidente Faustin-Archange Touadéra, Capo dello Stato dal 30 marzo 2016.  Di fatto, però, dal 2013 il Paese vive una sorta di guerra civile “a bassa tensione”, con ricorrenti attacchi, scoppi di violenza, controllo del territorio da parte delle bande armate, nonostante la presenza dei 13mila caschi blu della missione di pace “Minusca”, una guerra che Francia e Russia fomentano con la vendita di fucili d’assalto e armi più sofisticate, servendosi di deroghe all’embargo delle Nazioni Unite sulle armi a quel paese e bloccando i tentativi di pacificazione del paese. Iniziarono i Russi che per imbonirsi il debole governo di Faustin-Archange Touadéra e poter sfruttare le grandi ricchezze del paese, bloccarono al Consiglio dell’Onu con un veto la vendita di armi sequestrate in Somalia dai francesi e successivamente tramite il ministro degli Esteri Serguej Lavrov,  dopo un incontro bilaterale a Sochi nell’ottobre 2017, comunicarono che “La potenzialità del partenariato per lo sfruttamento delle risorse minerarie e la fornitura di materiale militare russo, di macchinari agricoli e di energia” chiedendo per questo motivo una deroga all’Onu sull’embargo delle armi e consegnando fucili d’assalto, mitragliatrici e lanciarazzi. Quindi fu la volta dei francesi che nell’ottobre/novembre 2018, con la scusa di aiutare con 24 mila euro a pagare gli arretrati e gli stipendi dei dipendenti pubblici e soldati, riesce ad eludere il blocco, offrendo un ulteriore aiuto più importante e atteso dal governo di Bangui, città capitale dello stato africano, una consegna d’armi, nello specifico si parla ufficialmente di 1400 fucili d’assalto, ma forse furono molti di più, con la scusa La consegna d’armi all’esercito centrafricano avviene in un contesto di stretto rispetto delle norme della Nazioni Unite e di totale trasparenza. È stata decisa in quanto è assurdo formare militarmente dei soldati senza dotarli dei mezzi adeguati per difendersi” come dichiarato il ministro degli esteri Le Drian. Questa “guerra” franco-russa per il dominio di quell’area è ancora in corso e non si sa chi la vincerà.

Il risveglio delle coscienze: BuzzFeed e il WWF

In questa situazione incandescente la notizia di BuzzFeed ha avuto un effetto detonante e ha svegliato le coscienze silenti di tutto il mondo, distraendo dal problema delle armi e del predominio nella regione, e focalizzandolo sulle violazioni dei diritti dell’uomo perpetrate in quelle terre. Il Wwf dunque si è subito mosso annunciando l’avvio di “una indagine indipendente” e impegnandosi a prendere “provvedimenti immediati” nel caso in cui venissero effettivamente riscontrate irregolarità, divulgando una importante nota: “Al centro del lavoro del WWF ci sono i luoghi e le persone che li abitano. Il rispetto dei diritti umani è al centro della nostra missione. Prendiamo sul serio qualsiasi accusa e stiamo commissionando una revisione indipendente per esaminare i casi sollevati nella storia. Abbiamo chiesto a BuzzFeed di condividere tutte le prove ottenute a sostegno di queste affermazioni, per contribuire a informare e rafforzare questa recensione. Il lavoro del WWF si basa su un profondo sostegno, impegno e inclusione della comunità. Abbiamo politiche rigorose progettate per garantire che sia noi che i nostri partner salvaguardiamo i diritti e il benessere delle popolazioni indigene e delle comunità locali nei luoghi in cui lavoriamo. Qualsiasi violazione di queste politiche è inaccettabile per noi e, qualora la revisione ne rilevasse una, ci impegniamo ad agire rapidamente.” Dopo questi fatti però il Wwf si è trovato nella bufera delle sollecitazioni indotte dalle proteste e dai tagli delle sovvenzioni da parte degli stati europei e degli Stati Uniti ed ha dovuto scoperchiare questo vaso di Pandora e far uscire tutta la tempesta di fango che queste guardie stavano riversandogli addosso. Indagini dell’ONU hanno confermato l’orribile comportamento dei Ranger colpevoli di aver picchiato bambini, denudato ed umiliato donne e di aver costretto uomini, sotto la minaccia di armi, a picchiarsi tra loro o subire percosse con il machete da parte delle guardie.

WWF vittima o colpevole?

Il WWF ha fatto diverse dichiarazioni per mostrare l’impegno a risolvere il problema di violenze e soprusi operati dai Ranger, una di queste riguarda la Repubblica Centrafricana della quale si riporta integralmente la nota dell’aggiornamento del 27 febbraio 2020 sulle misure adottate:

Nei Paesi e nelle regioni che presentano rischi elevati per via delle proprie circostanze specifiche è già stata adottata una vasta gamma di misure che includono l’intensificazione o l’accelerazione delle attività già avviate, in particolare nel bacino del Congo, dove guerre, disordini violenti e conflitti armati rappresentano sfide difficili per la tutela dell’ambiente.

Alcuni esempi delle misure adottate nella Repubblica Centrafricana:

  • impegno per gli accordi sociali di salute e istruzione attualmente firmati tra Dzanga – Sangha Protected Area (DSPA) e le comunità locali, volti ad un maggiore coinvolgimento della comunità nella gestione del Parco di Dzanga Sangha.
  • supporto nel coordinamento di numerosi seminari nel 2019 da parte dell’organizzazione locale Ndima-Kali Association, con particolare attenzione alla sostenibilità delle attività tradizionali dei Baka nel quadro di un programma per la conservazione inclusiva della natura. Ciò include il sostegno ai gruppi di popolazioni indigene nella creazione della Yobe’-Sangha Community Association e del Bayanga Development Committee. Supporto dei gruppi di popolazioni indigene per l’ottenimento di certificati di nascita e naturalizzazione.
  • assistenza alla creazione del centro per i diritti umani a Bayanga nel 2016, un’istituzione dedicata alla risoluzione dei conflitti locali per i Baka ed altri membri delle comunità locali che fornisce anche assistenza legale ove necessario. Fin dalla sua istituzione, il centro ha contribuito alla mediazione in 127 casi. Quattro di questi reclami riguardavano le eco-guardie ed i casi sono stati risolti o deferiti ai tribunali. 
  • supporto di varie organizzazioni locali che si impegnano a favore dei diritti delle donne e della loro emancipazione, in collaborazione con il centro per i diritti umani, tra cui Ndima Kali, Re Palca, UCB e Organization des Femmes Centrafricaines (OFCA).
  • contributo alla fornitura di assistenza medica gratuita per quasi 10.000 persone nell’ambito dell’iniziativa DSPA nel 2019.
  • attuazione della convenzione quadro migliorata per le Safeguards ambientali e sociali del WWF dalla fine del 2019.”

Nonostante l’impegno però il problema sembra tutt’altro che risolto, anche perché storicamente in quell’area l’anarchia domina la scena e le popolazioni autoctone sono soggette a continui soprusi che restano molto spesso impuniti.  Importante è puntualizzare che, se veramente sono anche loro vittime della grave situazione, non si capisce perché il WWF  abbia chiesto ai suoi partner di trattare i risultati delle indagini da loro condotte in “modo non pubblico”. La risposta a questa domanda fornita dal Wwf in un’interrogazione giornalistica infatti è risultata sconcertante, la si riporta: “Questo è stato fatto per la preoccupazione per la salute e la sicurezza delle vittime e delle comunità delle vittime e per non interferire con il giusto processo, comprese le indagini penali contro i presunti colpevoli”. Inoltre un sito di notizie statunitense riporterebbe che il WWF non avrebbe neppure consegnato un rapporto richiesto dalla commissione del Congresso USA, la quale indagava sull’utilizzo degli aiuti statunitensi per finanziare abusi dei diritti umani.  A parziale scusante di tale mancanza senza ombra di dubbio vi è il fatto che trovare la verità in certe aree del pianeta è molto difficile e a volte lo è anche fare semplicemente chiarezza.  Nonostante ciò Stephen Corry, Direttore generale di Survival International, la quale si occupa di popolazioni maltrattate e dunque conosce molto bene la situazione dei Paesi in questione, ha preso una seria posizione e ha detto: Ulteriori rivelazioni scioccanti sul WWF, ulteriori prove che gli abusi commessi da guardaparco finanziati dal WWF sono persino peggiori di quanto già denunciato. E continueranno finché i finanziatori del WWF non staccheranno finalmente la spina a questa organizzazione corrotta e totalmente screditata. Queste ultime rivelazioni dovrebbero demolire anche le ultime speranze di chi ancora credeva che il WWF volesse seriamente cambiare la sua condotta”. Siamo dunque innanzi ad uno scontro tra Survival e WWF che si sta sempre più esacerbando e sta trascinando con se la credibilità della organizzazione no-profit: infatti è facile che lestofanti senza scrupoli sotto copertura del Wwf compiono atti ignobili finalizzati al loro arricchimento e non al decantato rispetto per fauna, flora e popolazioni autoctone, ma è anche vero che i controlli all’interno dell’organizzazione risultano da queste inchieste latitare.

L’effetto dello scandalo sul WWF

Lo scandalo ha avuto apparentemente un effetto benefico sul WWF come si legge nella nota dell’11 dicembre 2019: “Il WWF sospende con effetto immediato il suo sostegno alle pattuglie sul campo nel Parco nazionale di Salonga nella Repubblica Democratica del Congo (RDC). La sospensione è attiva a partire da mercoledì 11 dicembre 2019. La decisione arriva alla luce delle indagini condotte dalla polizia locale sul tragico caso di un corpo ritrovato all’interno del parco. Prenderemo in considerazione la revoca di questa sospensione una volta che le autorità avranno completato le indagini e potranno confermare che saranno intraprese azioni rapide e risolute contro qualsiasi parte ritenuta colpevole.Ci impegniamo a fondo per garantire un futuro a lungo termine alle foreste e alla biodiversità per le persone e la natura in contesti difficili come Salonga. Per questo motivo continuiamo a sostenere il lavoro cruciale di crescita e sviluppo della comunità insieme alle comunità locali e indigene che vivono a Salonga e dintorni, mentre è in atto la sospensione del sostegno alle pattuglie sul campo. Ciò include attività relative alla gestione forestale della comunità, all’agricoltura conservativa, all’accesso al mercato e allo sviluppo delle catene di valore, alle strutture di supporto alla comunità e alla governance e alla gestione del meccanismo di reclamo, oltre che alla diffusione delle tutele ambientali e sociali potenziate del WWF.” A cui è seguita una ulteriore nota del febbraio di quest’anno, sempre in relazione al parco di Salonga in cui si evidenziava tra i vari punti: “ In collaborazione con due organizzazioni locali per i diritti umani, sono state commissionate due missioni esplorative relative alle accuse nei confronti delle eco-guardie dal 2002 ad oggi (fine 2018 e ottobre 2019). I risultati sono stati presentati all’ICCN e all’Ufficio del Procuratore militare, responsabile dell’avvio di azioni legali contro eco-guardie. Istituzione di una convenzione quadro nel Parco nazionale di Salonga che unisce i principali portatori d’interesse e le comunità (rappresentate dai capi tradizionali), le organizzazioni della società civile e i funzionari locali per garantire la consultazione delle comunità locali e il loro pieno coinvolgimento nelle strutture governative in loco. Sostegno alla formazione olistica e tutoraggio continuo per tutte le, oltre 300, eco-guardie statali a Salonga, sulla base di approcci in materia di diritti umani, buona leadership e misure di protezione della comunità dal 2020, partendo dalla formazione in materia di diritti umani svolta dalle eco-guardie dal 2016. Sviluppare un migliore meccanismo di denuncia per le comunità locali e le popolazioni indigene che tenga conto della posizione isolata e complessa di Salonga. Introduzione di un codice di condotta per le eco-guardie, congiuntamente all’ente statale “Institut Congolais pour la Conservation de la Nature (ICCN)”. Il programma di formazione sopra menzionato include tale codice. Discussioni in corso con il governo della Repubblica Democratica del Congo in merito al Parco nazionale di Salonga per garantire che il sostegno del WWF renda un accordo congiunto sul rispetto dei diritti umani una conditio sine qua non, incluso un comprovato impegno volto a un cambiamento sistemico che garantisca assoluta priorità ai diritti umani.”

Conclusione

È emerso dunque un problema che pone l’attenzione ad un nuovo volto prima nascosto del WWF, un volto oscuro coperto da un’ombra di terrore e di abusi. Riuscirà il WWF a ritrovare il seme di luce che questo scandalo sembra aver spento? Riuscirà a trovare la forza di rialzarsi prendendo per mano i diritti umani affinché lo guidino in questo percorso? Solo il futuro potrà rivelare se questa oscurità che ha colpito l’organizzazione sia il buio prima del crepuscolo o il nero delle nubi prima della tempesta.

 

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