Cos’è la disoccupazione? Un fallimento macroeconomico, un fenomeno considerato patologia dal momento in cui si è iniziato a considerare “sano” uno Stato capace di garantire uguali diritti economici e sociali a tutti i cittadini. Nella società odierna parlare di disoccupati equivale a parlare di pazienti critici o di terremotati, perchè la condizione di vita non è poi tanto differente: li accomuna una precarietà estrema, la necessità di sussidi e supporti e uno stile di vita votato alla sussistenza. In caso di non occupazione, però, il quadro può essere aggravato dalla frustrazione e dal senso di colpa derivanti dall’impossibilità di sfruttare a pieno le proprie energie fisiche ed intellettuali; e nel caso di persone con una famiglia a carico si aggiunge la preoccupazione di dover trovare un modo per provvedere al mantenimento della stessa. Sono tanti i disagi di chi vive in stato di disoccupazione, soggetti a sfumature a seconda delle esigenze dettate dall’età e dal proprio background; dimostrazione di tale complessità è l’estrema diversità delle interviste rilasciate da Alessandro ed Edoardo, pressappoco coetanei, che hanno sperimentato la stessa condizione nello stesso momento biografico ma per motivi a dir poco dissimili.

Alessandro: padre di famiglia sempre, lavoratore a tempo determinato

«Io ho semplicemente 31 anni di contributi, ho lavorato per 23 anni in un’azienda che poi morto il papà è fallita ma erano quattro negozi dentro la galleria della stazione. Dopo di che è cominciato il casino: lavori a tempo determinato, fino a che gli servi, poi percepisci la Naspi, solo che da uomo cinquantottene è una cosa umiliante non poter portare soldi a casa e avere tante spese». Inizia così la testimonianza di Alessandro R., padre di famiglia, che da tre anni è costretto a slittare da un impiego a tempo determinato all’altro:«ho fatto due anni e mezzo il cassiere nottuno, però pure là non potevano perchè oltrepassato un limite di tempo o ti assumono a contratto indeterminato oppure ciaone. Poi mi sono adattato a fare il gastronomo perchè quello è un mestiere, non lo impari alla mia età: disossare un prosciutto, tagliare 30 kg di una forma di parmigiano capisci da te che non è l’età per imparare queste cose»; quest’ultima esperienza è durata otto mesi, «sono andato sempre bene ma finito il periodo via, ciao». Alessandro spiega come il fattore età abbia ostacolato in maniera decisiva il ricollocamento all’interno del mercato del lavoro:«alla mia età ti possono assumere le agenzie interinali e le cooperative ma ti sfruttano, non percepisci in denaro quello che dovresti e magari dai più di uno che sta lì fisso. Anche se poi c’è da capirlo il mondo del lavoro: giustamente tra un 21enne e un 58enne chi prenderesti? È normale, anche se adesso con lo sgravo fiscale c’è un piccolo vantaggio per gli ultracinquantenni». Per quanto riguarda i sussidi e gli strumenti messi a disposizione dallo Stato per sostenere chi vive in stato di disoccupazione, viene definito altamente efficiente il meccansimo di distribuzione della Nuova Assicurazione Sociale per l’impiego, in quanto «dal momento che tu perdi il lavoro, vai al Patronato e fai la domanda, dopo nemmeno 20 giorni già cominci a percepire la Naspi» mentre «al centro dell’impiego mi sono iscritto due/tre mesi fa perchè mi serviva per trovare lavoro adesso ma non è che ti aiuta il centro per l’impiego, però alcuni ti richiedono se sei iscritto alla Did perciò devi andare al centro per il collocamento», passaggio che viene descritto come «una prassi che bisogna fare». In merito all’impatto psicologico della complessità della situazione, Alessandro ammette: «mi ha disincentivato e mi ha fatto perdere un pò di autostima in me stesso, sono diventato un pantafolaio, attenzione a quello che spendi, a quello che fai, perchè ti senti ancora attivo e non trovare una possibilità di lavoro a tempo indeterminato è una cosa che ti butta abbastanza giù». In attesa di iniziare il prossimo lavoro (sempre un contratto a tempo determinato per sei mesi), racconta come occupa le sue giornate:«porto mia moglie a lavoro, porto mia figlia a lavoro, mia figlia all’accademia, ne vado a riprendere una, poi vado a riprendere l’altra; faccio la spesa, cucino e sto davanti al televisore non so quanto tempo per vedere i documentari che sono un appassionato. È una vita noiosa, specialmente per un uomo è bruttissimo, mi chiamano “il mammo”. Comunque sai: sei utile a qualcosa, fai quel qualcosa».

«Da iperdirigente d’azienda a improvvisamente senza nessuna meta»: come Edoardo si è adattato ad una nuova rotta

Di tutt’altro genere è l’esperienza di disoccupazione vissuta da Edoardo S., 55 anni, che lavora nell’industria farmaceutica da oltre 20 anni:«avevo raggiunto un livello di grande esperienza in diversi settori, soprattutto specialistici; sono cresciuto negli anni nel marketing e poi in direzione commerciale fino a ricoprire ruoli apicali. Lo scorso anno a seguito di una riorganizzazione decidono di fare alcuni cambiamenti all’interno delle strutture commerciali in diversi paesi tra cui l’Italia. Mi chiedono quindi di lasciare l’azienda ed alla fine del 2020 mi ritrovo improvvisamente a non dover andare più a lavoro. Il ruolo di dirigente è sempre potenzialmente esposto a questo rischio: è una posizione a tempo indeterminato, ma a differenza di ruoli come quadri o impiegati la normativa consente all’azienda di poter chiudere la collaborazione in qualsiasi momento ritenuto necessario, per cui il ruolo di dirigente è sempre esposto a questi cambiamenti repentini». Edoardo racconta che «è stato estremamente traumatico perchè tutte le abitudini che avevi, le ritualità, il viaggio, l’aereo, le riunioni, gli appuntamenti, improvvisamente spariscono, sei fermo… anche le dinamiche familiari cambiano: non sei abituato a stare a casa mentre tua moglie esce per andare a lavorare»; anche nel suo caso si può parlare di un’esperienza molto positiva con Naspi perchè sapendo di questa possibilità di sostegno economico «sono andato a un CAF a informarmi, ho fatto domanda e sono stato immediatamente inserito nel programma, è servito ed è stato molto positivo». Colpisce l’enorme resilienza dimostrata da Edoardo:«personalmente mi ha aiutato anche la fede, anche nelle cose che non ci piacciono c’è un senso profondo che bisogna scoprire; ho capito che dovevo prendere questa storia come un’opportunità, cambiare anche il mio modo di vivere il lavoro. Ho sempre vissuto molto per il lavoro e allora, dopo qualche giorno dopo ed il trauma iniziale mi son detto: questa può essere un’opportunità. Per fare che? Ho iniziato a ragionare e mi sono organizzato subito le giornate, dovevo cercare un altro lavoro, sì, e cercare un lavoro è un lavoro, nel senso che richiede una pianificazione e organizzazione quindi mi sono bloccato le giornate per non stare inebetito davanti la televisione o a fare nulla. La mattina dalle 9 alle 13 dedicavo questo tempo come ricerca del lavoro. Prima cosa, aggiornamento del CV; seconda cosa, aggiornamento del profilo LinkedIn, canale molto utilizzato da parte degli Head Hunter( figure professionali che si dedicano alla ricerca di personale). Per essere competitivo su LinkedIn dovevo lavorare sui criteri di ricerca dei motori di ricerca , utilizzare parole-chiave che sono adatte ad essere pescato dagli algoritmi utilizzati. Questo lavoro iniziale ha richiesto diverse settimane, dopo di che ho riattivato tutto il mio network, risuscitando un pò dei link del mio settore, anche persone che non vedevo e sentivo da anni e quindi ho sistematizzato la ricerca, i contatti, i contenuti dei colloqui gliesiti dei colloqui, insomma tutto quanto mi consentisse di tenere traccia. Intanto c’era anche l’altro aspetto: quali altre possibilità ho?  Mi sono reso conto che non studiavo più nulla da anni, che avevo perso la curiosità di imparare cose nuove. Mi sono dato anche un’altra possibilità: accumulare conoscenze e competenze nuove e potenzialmente aprirmi anche alla possibilità di un lavoro autonomo, come consulente. Ho cominciato a guardare le offerte formative più interessantie mi sono iscritto ad un Master Universitario. Le mie giornate erano diventate quindi estremamente piene: mattina ricerca del lavoro, pomeriggio studio, questo per 5 giorni alla settimana».

Edoardo è stato sicuramente capace di mantenere un’ottica estremamente positiva:«ho pensato subito che non bisogna demoralizzarsi, perdere tempo a piangersi addosso, ho riscoperto il valore di stare più tempo a casa, ci siamo frequentati molto di più io e mia moglie: io viaggiavo tanto, due/tre giorni a settimana, quindi stare più tempo a casa è stata veramente una scoperta e un arricchimento per me e anche per mia moglie; fare la spesa, preparare da mangiare, pranzare insieme…cose vissute raramente in tanti anni di matrimonio». In merito alle difficoltà riscontrate per reinserirsi all’interno del mercato del lavoro spiega: «Ho avuto tanti colloqui in cui da una parte l’età mi penalizzava e dall’altra il curriculum, nel senso che venivo da posizioni alte per poter concorrere a ruoli di minore responsabilità. Talvolta le persone molto formate e molto competenti non rappresentano un bacino di interesse per le aziende», in quanto «se sei un top manager e poi ti candidi per una posizione molto bassa ti escludono, non ti prendono; io mi sarei comunque adattato, non mi interessava perchè di esperienza ne ho fatta. Dopo circa 10 mesi di questa nuova routine trovo un’ottima opportunità in un’azienda che ha avuto il “coraggio di prendermi: dico “il coraggio” perchè sulla carta tu vedi una persona di 54 anni, con un’esperienza molto lunga, con ruoli di grande responsabilità che però può rappresentare un rischio per gli equilibri aziendali. Puoi trovare una mina vagante; indubbiamamente è una scommessa perchè hanno preferito cambiare prospettiva, hanno riconosciuto il fatto che poteva essere un arricchimento prendere una persona con una storia come la mia. Sono entrato in azienda con un ruolo sicuramente diverso da quelli apicali ricoperti in passato, ma la vivo benissimo e sono molto contento; riesco a divertirmi ancora nel lavoro che faccio». Facendo un bilancio conclusivo in merito a quanto vissuto, Edoardo lascia una riflessione su come «sicuramente uno deve stare sempre vigile, tenere sempre il piano B, il cervello sempre acceso, studiare, aggiornarsi, leggere, formarsi perchè se ti adagi perdi gli stimoli e quando arriva un ostacolo, un cambio di direzione della tua vita professionale non sai come affrontarlo: questa è una lezione che ho imparato».

Queste due testimonianze hanno l’immenso valore di restituire un’immagine reale di una condizione condivisa da migliaia di italiani, spesso accantonata dalla pigrizia mentale tra gli scaffali alti e fuori dalla nostra portata, accanto a problematiche come la crisi ambientale o la fame nel mondo: un grazie ad Alessandro ed Edoardo per averci fornito questa scala e averci permesso di osservare queste dinamiche più da vicino.

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