Cosa c’è dietro le sommosse irachene?

Da giorni susseguono le rivolte in Iraq. Scontri tra manifestanti e polizia portano ad un numero sempre maggiore di morti e feriti. La ragione dei conflitti tra cittadini ed autorità è sicuramente la richiesta da parte della popolazione irachena di più trasparenza governativa e maggiore riguardo per i cittadini stessi. Ma in che modo si è giunti a questa situazione?

L’Iraq: un paese socialmente frammentato

Dopo la morte di Saddam Hussein, dittatore nonché presidente iracheno dal 1979 al 2003, l’Iraq si ritrova sotto un periodo di transizione accompagnata dai ‘buoni’ propositi americani, con l’elaborazione per la creazione di una nuova nazione. Quest’ultima, caratterizzata da maggiori leggi ed una nuova costituzione che gli iracheni votano negli anni successivi alla morte del comandante iracheno Saddam.

Purtroppo, nonostante decretata la fine di una spietata dittatura, l’Iraq ancora oggi non trova pace. Responsabile ne è sicuramente la composizione della popolazione, che in primo luogo porta divergenze etniche, ed in secondo politiche. Le due fedi musulmane che caratterizzano il paese sono quella sciita e sunnita, che se non da sempre o quasi, si scontrano portando innumerevoli conflitti nel paese stesso. Di fondamentale importanza è l’introduzione di un ulteriore tassello, quello dell’organizzazione terroristica che è da anni attiva in Iraq, l’ISIS (Stato islamico) che si è resa protagonista di molteplici guerre civili nonché attentanti sia nel Medio Oriente che in Europa stessa.
Dell’ISIS fanno parte i sunniti, che da tempo si scontrano contro gli sciiti, ma anche in opposizione ad altre minoranze musulmane.

Il panorama politico-economico odierno

A questi problemi di ordine politico, si affiancano quelli economici: la lotta contro i Daesh ha portato ad una decrescita economica, con conseguente aumento del prezzo internazionale del petrolio. Nonostante questi squilibri, l’Iraq rientra tra i principali produttori di greggio. Questa caratteristica è da attribuire al paese considerato come uno dei principali colossi del commercio internazionale.

Interessante è il paradosso che caratterizza l’Iraq: da una parte nazione dai molteplici problemi di ordine sociale, politico e culturale, dall’altra uno dei maggiori produttori petroliferi a livello mondiale.

Nonostante questa peculiarità, il popolo iracheno manifesta ormai da anni contro un governo che non sembra sia intenzionato ad ascoltarlo. Finita la guerra contro il terrorismo islamico, si pensava potesse arrivare un’ondata di distensione nel paese, ma il governo precedente non sembra abbia aiutato molto.

Anche l’attuale esecutivo, infatti, risulta mantenere la stessa linea. I cittadini ormai esausti, continuano con le loro manifestazioni in Piazza Tahrir a Baghdad e a Nassiriya, in contrasto con le forze dell’ordine che cercano a tutti i costi di reprimere gli scontri. La polizia sembra non aver problemi ad utilizzare la forza, causando un numero di più di cento persone uccise ed almeno seimila feriti.

Le proteste da parte della popolazione sono principalmente contro la corruzione organizzata, assenza di servizi pubblici efficienti e più in generale sostegni sociali che lo Stato non è intenzionato a dare ai cittadini. L’uomo sotto accusa è il primo ministro iracheno Adel Abdul Mahdi, che attraverso un discorso alla televisione afferma di ‘aver recepito il messaggio’.

Si può affermare quindi che nonostante l’Iraq sia ritenuta una potente forza industriale a livello internazionale, allo stesso tempo non sia in grado di garantire sicurezza e stabilità ai cittadini, che ormai da anni lottano per una convivenza civile. Con anni di dittatura alle spalle, divergenze etniche, guerre e crimini, l’Iraq sembra non possa godere del benessere che invece fa successo tra i potenti.

È difficile dire come andranno le cose in futuro; la miglior prospettiva è sicuramente quella di poter considerare l’Iraq come una nazione che va oltre la strategia economica, iniziando come sempre dal basso, con il supporto di chi ogni giorno lotta ed auspica nella creazione di una politica attiva a favore della propria cittadinanza. Dopo anni di oppressioni, seppur in modo “grezzo” la popolazione irachena si risveglia con la voglia di una coesione sociale che è forse spesso mancata. I

fatti odierni sono per questo ancor più singolari; le nuove rivoluzioni di strada prendono un carattere diverso che non è mai appartenuto a questo popolo, vittima quasi sempre di contrasti interni.

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