Uno dei temi particolarmente cogenti nell’attualità è rappresentato dall’inclusione sociale. Le persone con disabilità rappresentano una quota importante della popolazione e, in vari gradi, esse affrontano quotidianamente difficoltà e problemi legati all’impossibilità di fruire adeguatamente di beni e servizi cui avrebbero pieno diritto.

La Costituzione della Repubblica Italiana riconosce a tutti i suoi cittadini pari dignità sociale (art. 3) e garantisce adeguata assistenza a tutti coloro che si trovino in una condizione di svantaggio o minorità (art. 38). Oltre alle dichiarazioni di principio, nella legislazione italiana si sono susseguiti una serie di provvedimenti miranti a garantire adeguate misure di inclusione e facilitazione per le persone disabili: si può citare la legge 13/1989 (“Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”), integrata poi dalla legge 236/1989 (“Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell’eliminazione delle barriere architettoniche”).
Il titolo stesso delle norme rimanda al loro fine, che puntava ad agire incisivamente sulle nuove costruzioni per garantire quello che è a tutti gli effetti un diritto costituzionale. Eppure, nonostante le buone intenzioni, esistono ancora diverse problematiche cui vanno incontro le persone con disabilità: la partecipazione alla vita attiva di questi cittadini, dunque, risulta gravemente compromessa. La ragione risiede nel gran numero di edifici storici presenti in Italia, che rende difficili i lavori di adattamento, ma anche nell’implementazione insufficiente di norme e regolamenti: Ultima voce riporta che gli italiani con necessità particolari sono più di tre milioni, a fronte di un numero minimo di Comuni totalmente equipaggiati per le loro esigenze (0,57% del totale).

Oltre alle norme citate sopra, particolarmente rilevante è la legge 104/1992, la quale, all’articolo 1, comma 1, lettera a, sancisce che la Repubblica “garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia” delle persone con disabilità e “ne promuove la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società”. Il testo della legge rappresenta una specifica dichiarazione di intenti che, tuttavia, fatica ancora a trovare una implementazione piena.

Con particolare riferimento alla scuola, il rapporto ISTAT sull’inclusione scolastica degli alunni con disabilità relativamente all’anno 2022/2023 quantifica in 338mila gli alunni disabili nelle scuole di ogni ordine e grado, pari al 4,1% degli iscritti. Di questi, il 62% non è in grado di partecipare ai viaggi di istruzione (nel Mezzogiorno si arriva al 72%). Inoltre, nonostante un miglioramento nell’offerta per quanto riguarda gli insegnanti di sostegno, una larga percentuale di essi (il 30%) non ha una preparazione specifica e viene spesso sostituito, anche più volte nel corso dell’anno. Gli edifici scolastici sono in larga misura (il 60%) non completamente accessibili per le persone con disabilità motoria. Si tratta di dati allarmanti, se si considera il fatto che il rapporto evidenzia un aumento di iscritti con disabilità del 7% rispetto all’anno precedente.

Alla luce di tutto questo, non stupisce una certa sfiducia da parte degli addetti ai lavori: i dati del sondaggio nazionale “Inclusione scolastica: un valore irrinunciabile?”, presentati al 14° Congresso internazionale Erickson e riportati da Avvenire, parlano di una componente ideale ancora molto forte, che, tuttavia, si scontra con una realtà operativa la quale porta con sé l’amara convinzione, nel 42% degli intervistati, che l’attenzione verso le dinamiche di inclusione sia calata nel tempo; oltre a ciò, il 47% del campione ritiene una vera inclusione non fattibile e questo perché, secondo buona parte di coloro che sono stati interpellati (il 74%), si è logorata progressivamente la sinergia tra scuola e servizi socio-sanitari.

Queste rilevazioni tracciano un quadro fosco e impongono una seria riflessione nelle istituzioni: al di là delle dichiarazioni di principio, urge la necessità di intensificare gli sforzi, promuovendo un’azione più decisa in favore delle persone più svantaggiate. La cronaca abbonda di denunce da parte di persone con disabilità sull’impossibilità di fruire degli spazi pubblici o di vivere agevolmente la propria quotidianità. Il rispetto dei principi sanciti dalla Carta Costituzionale passa anche dall’adozione di misure più efficaci, affinché la parola “inclusione” non rimanga uno sterile slogan ma sia efficacemente interiorizzata.

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