La storia del giornalismo femminile non ha radici antiche, fino a qualche tempo fa si affermava che le donne e il giornalismo non avevano nulla in comune. Il problema della società è sempre stato quello di dare poco valore alle donne, soprattutto nel mondo del lavoro, ed in questo caso nella professione giornalistica, che è sempre stato visto come un lavoro maschile.

Ma oggi, si può affermare che in società contemporanee come l’Europa la donna si è fatta spazio in questo Mondo. Ma sono poche le giornaliste che occupano posizioni da leader, solo il 21% è direttrice di un giornale. Il paradosso è che le scuole di giornalismo sono per lo più frequentate da donne, ma, malgrado ciò, sono tagliate fuori dal mondo del lavoro.

Le donne che si battono per la libertà di stampa

Nella storia del giornalismo ci sono state e ci continuano ad essere donne determinate che sono riuscite a rompere gli schemi e che si sono rese protagoniste nelle varie “battaglie”.

Molte di loro hanno lasciato il segno, come Anna Politkovskaja, Daphne Caruana Galizia, Federica Angeli e Irina Slavina.

Quest’ultima direttrice del sito web “Koza Press”, il 2 ottobre del 2020 si è data fuoco davanti il ministero degli Interni della sua città, Nizhnij Novgorod in Russia. Nel suo ultimo post su Facebook chiedeva di incolpare la Federazione russa per la sua morte.

Daphne Caruana Galizia, come Irina aveva un sito web, prima della sua improvvisa scomparsa aveva condivido un ultimo post, dove annunciava che la situazione a Malta era disperata. Lei indagava sui politici maltesi, aveva scoperto il collegamento che li univa ai Panama Papers.

Federica Angeli è una delle firme più importanti del giornale “La Repubblica”. Le minacce ricevute per aver denunciato la famiglia Spada la costringono a vivere sotto scorta. Le sue inchieste si sono concentrate sulla criminalità organizzata che era nata ad Ostia e sul clan Spada.

Anna Politkovskaja

Anna Politkovskaja nacque il 30 agosto del 1958 a New York, i suoi genitori erano dei diplomatici sovietici impiegati dell’OSCE. Trasferendosi in Russia studiò giornalismo all’Università statale di “Lomonosov” di Mosca.

Iniziò la sua carriera giornalistica scrivendo per il giornale della linea aerea “Aereoflot” e per la testata giornalistica “Izvestija”. Fu poi assunta dal giornale “Novaja Gazeta”.

Nata in pieno regime sovietico e negli anni della Guerra Fredda, si legò a giornali ed istituti di informazione indipendenti con l’idea di riuscire a contrastare la corruzione politica, nascosta, ma che era evidente in quel particolare periodo storico.

Sarà proprio il suo stile di vita restrittivo e spudorato di stampo sovietico che porterà la Politkovskaja a impugnare la penna ed intraprendere, attraverso il giornalismo, la sua battaglia contro la corruzione.

Il momento storico che si viveva

Nel ventesimo secolo la storia della Russia è cambiata per ben tre volte. C’è stato l’Impero russo, l’URSS e l’attuale Federazione russa. La libertà di espressione era sempre al centro di polemiche, in qualsiasi caso.

Nel 1922 nacque l’Unione Sovietica, nel 1924 approvata la nuova costituzione salì al potere il socialista Lenin. Per lui era impossibile condurre un’attività di propaganda senza un giornale politico che era esteso per l’intero Paese, così aveva promosso un apparato propagandistico nazionale.

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, il mondo era diviso in due blocchi, quello sovietico e quello americano, questo portò all’inizio della Guerra Fredda. Con l’ascesa al potere di Stalin la censura alla libertà di stampa fu applicata in tutto il Paese. I reporter che si trovavano a Mosca erano impossibilitati nell’informare le loro testate giornalistiche su quello che succedeva nel regime di Stalin. Tutte le comunicazioni erano controllate dal governo.

Con il crollo del Muro di Berlino e la dissoluzione dell’URSS le cose sembravano cambiare.

La libertà di stampa, punto debole

Nel 2000, entro una nuova figura di spicco a far parte della Duma, Vladimir Putin. Il punto debole di quest’ultimo e della nuova Federazione russa fu da sempre la libertà di stampa. I giornalisti giornalmente sono esposti a minacce. Il caso di Anna Politkovskaja è uno dei più evidenti a livello internazionale, ma dalla nascita della Federazione non è la sola giornalista ad essere stata uccisa.

Fin dai primi anni della sua carriera, il suo ambito di interesse era la particolare situazione nel Caucaso, regione nel mirino delle politiche russe.

Nonostante non riuscì mai a vedere riconosciuto il suo valore da giornalista nella sua patria, sarà il suo particolare interesse per il conflitto ceceno e l’attenzione dimostrata nei confronti dei rifugiati della regione che porterà la giornalista ad essere riconosciuta in tutto il Mondo.

Il suo lavoro sul campo, la porterà più di quaranta volte in Cecenia, come corrispondente speciale per il giornale indipendente liberale “Novaja Gazeta”, dove testimoniò tutte le violazioni dei diritti umani, che le forze russe stavano perpetrando nella zona.

Le inchieste della Politkovskaja attirarono l’indignazione delle autorità russe. Durante la sua carriera fu minacciata, incarcerata, costretta all’esilio e avvelenata.

Divenne un personaggio scomodo per la Federazione, ma nonostante questo lei non si lasciò mai intimidire. Il suo scopo era quello di ostacolare e denunciare in modo pacifico la corruzione del suo Paese. Sosteneva la libertà la democrazia, mentre il suo Paese, guidato da Putin andava e continua ad andare contro ogni forma di democrazia.

Le sue indagini

Una delle indagini più importanti di Anna Politkovskaja, fu quella sull’esercito russo. Essa, paragonava la vita militare ad un carcere con i lavori forzati, dove all’intero della caserma un ufficiale poteva trattare un semplice soldato come voleva. Questo era possibile perché in Russia la società è all’oscuro di tutto quello che succede.

Anna durante le sue indagini si soffermò ad ascoltare le madri delle giovani vittime che avevano dato la vita per la loro patria e per combattere in Cecenia.

Il massacro al teatro di Dubrovka

Un evento importante è il massacro al teatro di Dubrovka. La sera del 23 ottobre 2022, durante lo spettacolo “Nord-Ost”, nel teatro di Dubrovka a Mosca, vennero sequestrate e tenute in ostaggio per tre giorni, circa 850 persone

Gli autori del sequestro erano dei militanti ceceni che chiedevano la fine della seconda guerra cecena e il ritiro delle truppe russe. Il sequestro si concluse con l’intervento delle truppe speciali russe che immisero un potente gas nelle vie di ventilazione del teatro. Questo portò alla morte di 170 persone tra civili e sequestratori.

Dopo questo attacco, la Duma applicò delle restrizioni di stampa per attacchi del genere. Queste restrizioni in primis servivano a non prendersi la responsabilità dei morti che il gas aveva causato, perché questo era stato un ordine del presidente.

La Politkovskaja in questo sequestro ebbe il ruolo di intermediaria tra i ceceni e le forze russe. Dalle prime trattative ottenne l’arrivo di cibo ed acqua per gli ostaggi. Il volere dei sequestratori era quello che Putin annunciasse la fine della guerra. Nel suo libro. Per questo, Anna racconta il momento in cui si incontrò con il capo dei terroristi, descrive le sensazioni, era ansiosa e nervosa, aveva paura di essere uccisa.

La scuola di Beslan

Un’altra indagine importante per la Politkovskaja fu la scuola di Beslan. Il 2 settembre del 2004 era il promo giorno di scuola dopo le vacanze estive, i bambini erano felici di rivedere i loro compagni di classe, si aspettava il suono della campanella davanti la scuola. Quel giorno nella città di Beslan successe qualcosa di inaspettato, i terroristi ceceni assalirono la scuola sequestrando i bambini e gli insegnanti.

I terroristi ceceni chiedevano sempre la stessa cosa, la liberazione della Cecenia dalle truppe russe. L’intervento delle forze militari russe avvenne dopo tre giorni, mettendo fine al sequestro. Durante la liberazione vennero uccisi oltre 300 ostaggi, di cui la metà erano bambini. I sequestratori vennero uccisi tutti, tranne uno che è stato condannato all’ergastolo.

La Russia per questo è stata condannata alla Corte europea per i diritti dell’uomo a pagare 3 milioni di euro a tutti quelli che ne hanno fatto ricorso. Proprio la Politkovskaja aveva incoraggiato le famiglie delle vittime a fare ricorso a Strasburgo.

Anna apprendendo la notizia di cosa era successo a Beslan, fece di tutto per arrivare il prima possibile nel luogo del sequestro, offrendosi di negoziare con i terroristi. Questo le sarà impossibile. I voli per Beslan o per le città vicine furono cancellati, ma decise di prendere quello che l’avrebbe lasciata più vicino alla città. Durante il volo Anna rifiuta tutto quello che le veniva offerto, chiese soltanto una tazza di tè. Pochi minuti dopo perse conoscenza. Venne trasportata all’ospedale di Rostov dove la rianimarono e successivamente fu trasferita a Mosca.

Quello che è successo ad Anna, giornalista stimata in Cecenia è stato un tentativo di allontanarla dalla tragedia di Beslan.

Anna non ha avuto mai paura

Nel suo libro Diario russo, Anna ha ricostruito due anni della sua vita dal 2003 al 2005. Leggendo le pagine del settembre 2004 lei era preoccupata. In Russia in quel momento la libertà di stampa era inesistente, la censura aveva toccato massimi storici e i mass media raccontavano solo bugie.

Il 7 ottobre del 2007, giorno del compleanno di Vladimir Putin, Anna venne trovata morta, assassinata davanti il suo appartamento a Mosca. Le inchieste giudiziarie non portarono mai a nulla, sono stati trovati soltanto una pistola e quattro bossoli.

L’uccisione di Anna fu vista come una regolamentazione di conti, nei confronti di una donna e soprattutto di una giornalista troppo scomoda. Il suo unico errore era la ricerca della giustizia della pace e della verità, in un Paese dove tutto questo è impossibile.

I suoi colleghi affermano che la sua morte è stata voluta per farla tacere. Una giornalista del “The Moscow Times”, il giorno della morte di Anna scriveva che il suo omicidio smascherava l’uomo insensibile e crudele che è Putin. Molti giornali hanno anche associato la morte della Politkovskaja ad un “regalo” fatto Putin per il suo compleanno.

L’immenso valore di Anna, come giornalista e come donna si capì dopo, con il passare degli anni.

“Uccisa l’ultima voce libera”, “Morta l’ultima espressione della libertà di stampa”.

Furono questi i commenti alla sua morte. Finalmente qualcuno aveva capito che la Russia ha bisogno di più persone come Anna. Peccato che durante la sua carriera fu lasciata da sola a raccontare i misteri della Russia.

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