Finito il percorso scolastico, il dubbio che assale una parte di giovani ragazzi e ragazze è: università o lavoro? O, addirittura, entrambi?

La verità è che 18 o 19 anni sono da una parte abbastanza per prendere una decisione con un grande carico di responsabilità, dall’altra troppo pochi per immaginare con certezza la propria vita, per avere le idee chiare sul futuro. E poi, i giovani devono fare i conti con la propria situazione, con il contesto in cui vivono. Per alcune famiglie, è difficile ed impegnativo concedere ad un/a figlio/a l’opportunità di continuare a studiare. L’università costa, così come costano tutte le spese correlate.

E così, la decisione dipende sia dalle proprie aspirazioni, sia dalle condizioni del contesto in cui si vive, facendo in particolar modo riferimento all’aspetto economico.
A questo proposito, è importante ricordare che il Miur mette a disposizione degli studenti universitari borse di studio e la possibilità di alloggiare in residenze universitarie a tariffe calmierate. Queste misure sono rivolte proprio a studenti che si ritrovano in condizioni svantaggiate: per poterne usufruire, infatti, è necessario possedere alcuni requisiti di carattere economico. Nonostante questo, però, c’è chi decide di rinunciare a proseguire gli studi, per vari motivi.

A questo punto, risulta interessante capire le motivazioni che ci sono dietro la scelta dei giovani di iscriversi all’università oppure di iniziare subito a lavorare.
A riportare la propria esperienza ed i propri pensieri a proposito del tema, ci sono un ragazzo ed una ragazza pugliesi. Il primo, S., ha 22 anni e, terminati gli studi, ha deciso di rinunciare ad iscriversi all’università, dedicandosi ad un lavoro che è riuscito a trovare dopo qualche mese di ricerca. La seconda, V., ha 23 anni. Dopo aver conseguito il diploma presso il liceo pedagogico si è trasferita a Milano e si è iscritta alla facoltà di Scienze Politiche, conseguendo la laurea triennale nel luglio del 2022. Ha poi deciso di iscriversi ad un corso di laurea magistrale affine al percorso di studi precedente. Entrambi hanno dato la propria disponibilità a rispondere ad alcune nostre domande.

Credi che un percorso universitario sia utile e/o necessario nella vita di un ragazzo/a del ventunesimo secolo?
V: Sinceramente sì. Secondo me avere una laurea oggi ti apre molte porte nel mondo del lavoro… sia per quanto riguarda i concorsi, sia per lavorare in imprese di vario tipo. A dirla tutta, penso che una laurea triennale non basti. Ad esempio, io ho deciso di continuare gli studi iscrivendomi ad un corso di laurea magistrale. Poi, ovviamente, tutto dipende dal lavoro che si vuole fare.
S: Dipende. Per molti questa è una domanda che prevede una risposta scontata. Io penso che un titolo di laurea oggi sia importante. Ma, allo stesso tempo, non la reputo una cosa necessaria! Si può vivere anche senza, nel bene e nel male.

Quando hai preso la decisione di iscriverti all’università o di entrare da subito nel mondo del lavoro?
V: Ho preso questa decisione durante il mio ultimo anno di liceo. Ero indecisa sulla scelta della facoltà, ma ero convinta al 100% che avrei continuato a studiare. Diciamo che era un desiderio anche condiviso con la mia famiglia… Insomma, frequentare l’università è sempre stato fuori discussione.
S: Io ho deciso di iniziare a lavorare quando avevo 18 anni. Ogni tanto pensavo che sarebbe stato bello andare all’università, ma poi ho scelto di rinunciare.

Quali sono stati i motivi della tua decisione?
V: Come ho già detto, sin dai primi anni del liceo, la mia famiglia mi ha sempre parlato dell’università, dell’importanza di questo percorso per la propria vita. Posso dire che è stata una decisione naturale. Era una cosa già stabilita.
S: Beh, ce ne sono stati un bel po’. Non amo particolarmente studiare. Poi, la mia famiglia mi ha fatto capire che sarebbe stato un po’ difficile a livello economico pagarmi gli studi, una casa… In quel periodo eravamo in una situazione non molto felice, per vari motivi.

Come ti sei sentito nel momento in cui hai effettuato la scelta? Eri fiducioso/a nei confronti del futuro?
V: Ero felicissima. Avevo grandi aspettative per la vita che mi aspettava! Milano, una nuova città, una casa tutta per me e la possibilità di organizzarmi lo studio nel modo in cui volevo senza ansie da interrogazioni e verifiche. E poi, avrei iniziato a studiare ciò che più mi piaceva.
S: Mah, non ero né fiducioso, né altro. Era ciò che in quel momento potevo fare. E mi andava bene così.

La tua situazione economica familiare ha avuto un peso importante nella tua decisione?
V: Certo. Sono consapevole di essere fortunata. Posso dedicarmi completamente allo studio e non preoccuparmi di lavorare per potermi pagare l’affitto. Per tutto questo, devo dire grazie alla mia famiglia.
S: Ti dicevo già prima… sicuramente ha contribuito. Se non ci sono soldi, come fai a pagarti gli studi? Le tasse, l’affitto, le spese. Non è mica facile.

Credi che enti e/o istituzioni offrano importanti aiuti economici a coloro che ne hanno bisogno per proseguire gli studi?
V: Certo! Ci sono tante opportunità di borse di studio, che vengono assegnate sia per merito, sia in base al reddito.
S: Io mi ero informato all’epoca riguardo benefici, borse di studio e cose del genere. Quindi sì, ci sono. Però per me non erano comunque abbastanza. Ad esempio, per quanto riguarda la borsa di studio, ricordo che i soldi vengono dati agli studenti nel corso dell’anno, vari mesi dopo l’inizio dell’università! Quindi per le tasse, la casa i soldi devi anticiparli tu.

Quali altri aiuti, secondo te, potrebbero essere offerti alle famiglie che comprendono studenti/esse universitari/e?
V: Non so… magari si potrebbe pensare a degli aiuti economici per gli studenti, senza che però ci sia il limite del reddito. Le spese sono tante e difficili da sopportare, per chiunque.
S: La prima cosa che mi viene in mente è, ad esempio, la possibilità di anticipare la liquidazione di una parte della borsa di studio a settembre. Io parlo sempre rispetto alla mia esperienza: a settembre io non avevo 300 euro per pagare la tassa di iscrizione, né somme ancora più grandi per pagare l’affitto di una stanza!

A proposito della tua situazione attuale, lavorativa o universitaria, hai mai avuto paura del giudizio degli altri?
V: No. O meglio, non proprio paura. Mi capita semplicemente di confrontarmi con altri che magari hanno medie più alte della mia, oppure che frequentano facoltà che sono ritenute più importanti e serie. Ecco se c’è una cosa che mi da fastidio è questa. È come se ci fossero facoltà di serie A e facoltà di serie B. Questo pregiudizio mi infastidisce.
S: Sì, certo mi è capitato. A volte ho paura che la gente pensi di me che sono un fallito, che non sarei in grado di studiare all’università ecc. Sento un po’ il peso di questa cosa quando parlo con conoscenti che studiano o  si laureano.

Tornassi indietro, cambieresti qualcosa?
V: Questa è una domandona! Solitamente non mi pento mai di nulla. Anche in questo caso, tornassi indietro… No, non cambierei nulla.
S: Mi capita di pensare cosa sarebbe successo nella mia vita se avessi fatto scelte diverse. Se magari mi fossi iscritto all’università, e cose del genere. In generale, non credo che cambierei qualcosa, però ecco, ci penserei un po’ di più.

E se invece pensi al futuro: provi più ansia, paura oppure fiducia e speranza?
V: Credo di provare qualsiasi cosa nei confronti del futuro (ride, ndr). Ho sicuramente fiducia, però allo stesso tempo provo un pochino di ansia. È comunque qualcosa che non sappiamo e che non possiamo sapere. Però già da oggi io immagino la me di 27, 28 anni come una donna in carriera, con il lavoro dei miei sogni. Questo mi dà speranza e mi porta a continuare a studiare. Dall’altra parte, però mi dico: succederà? Non succederà? E se alla fine non trovo lavoro? E questo mi procura tanta ansia.
S: Diciamo che non provo nulla. Nel senso: ci penso poco, per ora.

A questo punto, prova a farti un augurio, un auspicio per il 2023!
V: Mi auguro di vivere momenti felici, con i miei amici, in università… e, soprattutto, di passare tutti gli esami!
S: Mi auguro di stare bene, di essere sereno. Spero sempre che il lavoro vada bene, e chissà… dovessi avere il tempo, potrei pensare di iscrivermi all’università! Scherzi a parte, probabilmente non succederà nel 2023, ma nei prossimi anni credo che ci penserò davvero. Sai come si dice… meglio tardi che mai!

Nelle parole del ragazzo e della ragazza che hanno deciso di rispondere alle domande di questa intervista, si possono rintracciare le differenze tra i due, riguardanti la vita, i pensieri e soprattutto le aspirazioni.
E’ evidente che queste differenze dipendano in qualche modo dal fatto che la ragazza frequenti l’università, al contrario del ragazzo.

Entrambi sembrano essere coscienti del peso che la situazione economica ha avuto rispetto alla loro scelta. Ed è chiaro che se il fattore economico influenza una determinata scelta, lo stesso può essere ritenuto il responsabile principale o secondario delle conseguenze portate da quella scelta. Conseguenze che, nel caso di una decisione così importante come quella riguardante l’università, possono essere rilevanti.
Il ragazzo, ad esempio, dichiara di non amare particolarmente studiare. Subito dopo, però, dice anche che la situazione economica infelice della sua famiglia ha avuto un peso non indifferente rispetto alla sua scelta di rinunciare a proseguire gli studi. Ha iniziato a lavorare senza pensare al futuro, senza avere alcuna aspettativa perché era “quello che potevo fare”. Il pensiero dell’università però ritorna spesso, e così tra gli obiettivi futuri si scorge la possibilità di iscriversi, anche se con ritardo, ad un corso universitario.

Un altro tema che è stato affrontato nell’intervista riguarda gli aiuti offerti dagli enti: borse di studio, residenze universitarie risultano essere sicuramente efficienti. Per alcuni questi aiuti si rivelano essere sufficienti, per altri no.

E così, sia a causa del fattore economico, sia per vari altri motivi, giovani ragazzi e ragazze – una volta maggiorenni – prendono decisioni diverse. Ciascuno insegue le proprie aspirazioni, cerca di avverare i propri sogni. C’è chi parte, chi rimane; chi continua a studiare, chi lavora. Ciò che, però, dovrebbe essere uguale per tutti è la libertà di scegliere. Non si dovrebbe mai rinunciare ad un proprio sogno. A 18 anni, così come a 30, a 50, a 70 anni, bisogna concedersi l’opportunità di inseguire la felicità.

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