I diritti umani non sono facili da definire, dal momento che questa categoria si fonda su un richiamo dalla forte carica emotiva e risulta convincente se riesce a far risuonare qualcosa (di inconscio) nelle persone.
Il linguaggio dei diritti umani si sviluppò a partire dalla seconda metà del XVIII secolo e l’espressione “diritti dell’uomo”, preferita inizialmente insieme a “diritti naturali” a quella di “diritti umani”, considerata troppo generica, acquistò credito in francese dopo la sua comparsa nel Contratto sociale di Rousseau nel 1762.

I diritti umani non possono essere definiti una volta per tutte, perché il loro fondamento emotivo è in continua evoluzione, come testimoniato anche dalle varie dichiarazioni di diritti che sono state varate nel corso dei secoli.
La concezione di diritti assoluti dell’uomo che si affermò a partire dal XVIII secolo prevede da una parte che l’uomo sia considerato come agente libero dotato di un’indipendenza tale da permettergli di discernere autonomamente il bene dal male, e dall’altra che tali agenti autonomi, i quali vanno a far parte della comunità politica, devono essere considerati uguali e devono perciò essere dotati di empatia, capacità di immedesimarsi negli altri.

Le dichiarazioni di diritti del XVIII secolo proposero i diritti inalienabili dell’uomo come fondamento dei nuovi governi e lo stesso strumento della dichiarazione venne usato per rivendicare la sovranità di un nuovo corpo politico e la creazione di nuove basi per il governo. Si affermò alla fine del XVIII secolo l’idea che gli uomini nascono liberi ed uguali, che godono di diritti naturali e imprescrittibili e che la tutela di tali diritti sia lo scopo ultimo per il quale si costituisce lo stato.
Le disparità di diritti che si sono verificate nel corso della storia dipendono dal fatto che non tutte le persone erano considerate ugualmente dotate di autonomia morale, ovvero della capacità di ragionare e dell’indipendenza per decidere da sé e per questo alcune categorie erano escluse dal godimento di tali diritti, come le donne e gli schiavi.

La capacità di riconoscere che le altre persone sentono, pensano e sono padrone di sé stesse tanto quanto noi si sviluppò nel corso dei secoli e a partire dal XVIII secolo subì una improvvisa accelerazione che permise un cambiamento sociale e soprattutto politico. I diritti umani infatti diventarono significativi soltanto quando acquistarono contenuto politico e un passo enorme che l’umanità ha compiuto in questa direzione è rappresentato dalla proclamazione da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite della dichiarazione universale dei diritti umani nel 1948.

Alla base della dichiarazione universale dei diritti umani ci sono due assunti di base: l’inalienabilità della dignità di ciascun membro della famiglia umana e la necessità del rispetto di tutte le libertà enunciate senza discriminazioni né distinzioni.
I principi chiave della Dichiarazione includono il diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza personale, il diritto a cercare asilo e il divieto di tortura, trattamenti inumani o degradanti.

La situazione reale degli sbarchi di migranti in Italia, questione che ultimamente è sotto i riflettori dei media e dell’opinione pubblica, oltre che del discorso politico italiano ed europeo, ha sollevato preoccupazioni riguardo al rispetto di questi diritti. L’isola italiana di Lampedusa è una meta nevralgica del flusso migratorio che va dal nord Africa all’Europa. Data la sua posizione geografica, Lampedusa dovrebbe essere dotata delle struttutre e delle strategie adatte alla gestione dei grandi flussi di persone che sbarcano sull’isola, ma la realtà sembra essere molto diversa. l’Italia è ormai da anni interessata da questo tipo di flussi di ingresso, eppure la loro gestione è affidata a un approccio emergenziale piuttosto che ad un impianto strutturato degli ingressi e dell’accoglienza.
La situazione sull’isola è caratterizzata da un carenza di personale di assistenza, oltre che un’insufficienza allarmante di posti nelle strutture preposte ad accogliere le persone.
La risposta del governo si è concretizzata nell’invio sull’isola di numerose forze dell’ordine, che in certi casi, come in quello del molo Favarolo, dove la guardia di finanza ha effettuato alcune cariche contro un gruppo di persone migranti, non hanno contribuito alla sicurezza.
La situazione si è rivelata particolarmente grave tra il 12 e il 13 settembre, quando sono sbarcate sull’isola più di 5000 persone, più di cento sbarchi, in parte coordinati dalla Guardia costiera, in parte autonomi. I migranti arrivati nell’ultimo mese provengono per la maggior parte da Liba e Tunisia e molti sono minorenni.

Il personale (medici, paramedici, mediatori) è carente rispetto alla necessità, e l’hotspot di Contrada Imbriacola conta una quantità di posti assolutamente insufficiente rispetto alla richiesta. Così accade che chi arriva, dopo aver viaggiato in condizioni critiche su imbarcazioni precarie, è costretto ad attendere ore sotto al sole per avere assistenza.
Gli accordi stretti nel 2017 tra la Libia e l’Italia e quelli siglati tra l’Unione Europea e la Tunisia non hanno fatto altro che esasperare la situazione, permettendo da una parte la collaborazione con la guardia costiera libica che intercetta i migranti e li porta in strutture detentive dove avvengono quotidianamente violazioni dei diritti umani, e dall’altra l’inasprimento della repressione politica dei migranti.

In questo scenario le persone continuano a morire in mare. Il rispetto della Dichiarazione dei diritti umani passa attraverso l’esercizio quotidiano, da parte delle autorità politiche e di tutti i cittadini, di quel principio di fratellanza universale che viene espresso nella Carta con la definizione dell’umanità in termini di famiglia, sia nel preambolo (“tutti i membri della famiglia umana”), sia nel primo articolo (“tutti gli esseri umani […] devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”). Il riconoscimento dell’uguaglianza e della dignità di ogni individuo vengono inoltre proclamati dalla Carta come gli obiettivi più alti a cui l’umanità debba aspirare.
La gestione della situazione attuale degli sbarchi, e quindi la negligenza delle autorità italiane ed europee, minaccia la realizzazione di questi principi fondamentali.
La situazione attuale richiede un impegno collettivo per affrontare le sfide legate a questa crisi umanitaria. Tale impegno deve essere basato su una visione di solidarietà e uguaglianza, che tenga conto delle lezioni apprese dalla storia e dai principi fondamentali sottesi alla Dichiarazione dei Diritti Umani. Solo attraverso questo impegno condiviso sarà possibile lavorare verso un futuro in cui i diritti umani siano veramente universali e inviolabili.

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