IL CASO CUCCHI: STORIA DI OMERTA’ ALL’ITALIANA

Il 12 settembre 2018 la piattaforma di streaming Netlifix caricava il film documentario sugli ultimi sette giorni di vita di Stefano Cucchi dal titolo “Sulla mia pelle”. La vicenda è forse una delle più sentite per una serie di motivazioni: le foto crude del corpo di Stefano, l’impegno di una famiglia straziata nel far sentire la loro voce contro un sistema che preferisce dimenticare,o peggio ancora negare, un sistema che si rifugia nell’omertà. La morte di Stefano non è mai caduta nel dimenticatoio di media e popolo, ma mai come in questo ultimo mese -ossia dall’uscita del film su Netlifx- è stata al centro dell’attenzione, anche della politica.

LA STORIA DI STEFANO

Stefano muore il 22 ottobre del 2009, nel reparto protetto dell’ospedale Sandro Pertini di Roma. La notte del 15 ottobre 2009 viene arrestato per detenzione di hashish. Secondo i familiari è immediatamente dopo l’arresto che Stefano viene picchiato violentemente dai carabinieri, il perchè di questa aggressione è ancora da scoprire. Così come rimangono le domande sul perchè Stefano non abbia accettato le cure mediche durante quella settimana-le vicende sono ben documentate nel film sopracitato- forse per poter dimostrare alla giustizia ciò che gli era capitato,forse per paura. Da lì iniziano una serie di indagini, perizie, e una serie di udienze che culminano il 31 ottobre del 2014 con una sentenza della corte d’appello, la quale assolve tutti gli imputati per mancanza di prove. Si grida allo scandalo. Lo stato, le istituzioni e in particolare l’arma dei carabinieri non sono stati in grado di ammettere le loro colpe, non sono stati in grado di autoprocessarsi. Come è possibile che chi fa le leggi per il bene della popolazione-la politica – e chi interviene per punire coloro che non le rispettano-la magistratura- non sono stati in grado di condannare coloro che dovrebbero difenderci da chi non le rispetta – le forze dell’ordine -, quando sono proprio loro a non rispettarle? Sembra che si siano coperti a vicenda. Uno scenario non proprio da paese democratico dove vige uno stato di diritto; uno scenario dove il cittadino non viene tutelato dalle istituzioni, ma al contrario minacciato e reso vittima. Vengono in mente subito le vicende dei giornalisti russi oppositori del regime non troppo democratico di Vladimir Putin; due nomi su tutti Boris Nemtmtsov e Anna Politkovskaja, uccisi rispettivamente nel 2015 e nel 2016.

LA SVOLTA DI CASAMASSIMA

Una prima svolta nel caso cucchi si ha il 15 maggio scorso quando l’appuntato scelto Riccardo Casamassima rilascia questa testimonianza di fronte la Corte di Assise di Roma:  “è successo un casino, i ragazzi hanno massacrato di botte un arrestato. Me lo disse una mattina dell’ottobre del 2009 senza fare il nome degli autori un preoccupatissimo maresciallo dei carabinieri Roberto Mandolini, portandosi la mano sulla fronte e precipitandosi a parlare con il comandante Enrico Mastronardi della stazione di Tor Vergata”. Inoltre Casamassima racconta anche quanto gli viene riportato dalla compagna, Maria Rosati, all’epoca autista del comandate Mastronardi: la donna sostiene che i due, Mastronardi e Mandolini, cercavano di scaricare le colpe sulla polizia penitenziaria. In seguito a questa testimonianza Casamassima ha ricevuto una serie di insulti e minacce a lui e alla sua famiglia tramite i social,gli viene notificato un trasferimento e viene demanzionato, così come riporta su due video da lui stesso postati su Facebook.

LA SVOLTA DI TEDESCO

La seconda svolta, sicuramente la più importante e forse la decisiva è avvenuta l’11 ottobre in aula quando il pm Francesco Musarò riporta le deposizioni del carabiniere Francesco Tedesco dello scorso giugno. Tedesco racconta a Musarò che Mandolini sapeva fin dall’inizio dell’accaduto,che furono i carabinieri Alessio di Bernardo e Raffaele D’alessandro gli autori del brutale pestaggio. Tedesco era presente e racconta con dettaglio i colpi inflitti dai due e il suo invano tentativo di fermarli. Spiega che il motivo di tanta violenza era dovuto al non voler collaborare di Stefano per le procedure di perquisizione e fotosegnalamento. Aggiunge poi dell’esistenza di una nota scritta da lui stesso, dove spiegava cosa fosse successo a Stefano, inviata alla stazione Appia dei carabinieri e poi fatta sparire. Inoltre parla anche di un comportamento minaccioso da parte di Mandolini nei suoi confronti ,nel tentativo di persuaderlo a non dire la verità; per questo motivo, spiega Tedesco, ha deciso di confessare soltanto a distanza di anni.

VINCITORI E VINTI

A cosa porterà questa svolta nelle indagini ancora non è chiaro,ci si può aspettare di tutto. Possiamo chiederci chi sono gli sconfitti di tutta questa vicenda. Sono in tanti ad essere sconfitti e ad aver sbagliato ma nessuno di loro è pronto ad ammetterlo. Nessuno di loro sembra pronto a chiedere scusa, così come pretende Ilaria,la sorella di Stefano. Perde la magistratura e la giustizia italiana,troppo lenta e macchinosa, poco decisa soprattutto in queste vicende così delicate; forse adesso di fronte a un altra evidenza riuscirà in parte a riscattarsi. Perde sicuramente l’arma dei carabinieri, qualcuno potrebbe ritenere più grave tutto ciò che è avvenuto dopo che il pestaggio in sè. Perchè non incolpare chi ha abusato del suo potere e al contrario difenderlo,nascondere le prove,mentire alla giustizia? Perchè non osannare chi ha avuto il coraggio di denunciare ma,ma al contrario punirlo? Quello di Stefano non è un caso isolato di omicidio da parte delle forse dell’ordine: Federico Aldrovanti ucciso per strada la notte del 25 settembre 2005 da quattro poliziotti non rimasti impuniti; Giuseppe Uva pestato nella caserma dei carabinieri di Varese la notte tra il 14 e 15 giugno 2008 e poi forse morto in ospedale o forse in caserma, nessun colpevole; le vicende di Genova e in particolare della scuola Diaz la sera del 21 Luglio del 2001. Le forze dell’ordine non hanno mai ammesso pubblicamente le loro colpe,peggiorando la loro situazione e la percezione di molti cittadini.
Perde lo Stato, perde la politica e soprattutto quei politici che non hanno saputo tacere quando era necessario, che hanno strumentalizzato l’avvenimento per un po di propaganda, sicuramente inconcludente, sia a favore dei carabinieri che contro. Questo non significa che la politica non debba chiedere scusa, come ad esempio ha dichiarato il premier Conte ai microfoni dei giornalisti qualche giorno fa. Non significa neanche che Salvini sbagli quando difende l’arma dei carabinieri , che non va confusa con i singoli carabinieri,la quale di certo svolge un ruolo fondamentale nel nostro paese e quindi non possiamo fare di tutta un erba un fascio. Questo significa che lo stato,la politica e i politici devono fare il possibile per evitare che situazioni come quella di Stefano accadano nuovamente,per evitare che l’omertà trionfi sulla giustizia. Per il momento non ha ancora vinto nessuno.

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