…eppure, l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro

“Art. 1. L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro…”, questo l’indirizzo alla luce del quale nel 1947 rinasceva l’Italia a seguito dei drammatici eventi della II guerra mondiale. Certo, un nobile impegno di cui si erano fatti carico i padri costituenti, non altrettanto nobile è lo stato in cui versa la situazione lavorativa italiana attuale. Se da un lato è vero che “il lavoro nobilita l’uomo”, come recita l’antico proverbio, dall’altro bisogna tener conto di una categoria demografica, in vertiginosa crescita, che la dignità tema di averla smarrita, insieme alla speranza di poter ricominciare. In Italia capita più spesso di sentir parlare di disoccupazione giovanile, un fenomeno drammaticamente reale e che non cede ad arrestarsi, ma accanto a questa emergenza ne esiste un’altra, altrettanto preoccupante: quella dei lavoratori over 50. Padri e madri di famiglia, con anni e anni di esperienza alle spalle, impiegati o imprenditori, che da un giorno all’altro si sono letteralmente ritrovati “per strada”. Molti di loro non esitano ad autodefinirsi “cadaveri” perché effettivamente quello è il ruolo che si sentono di ricoprire all’interno di una società che non ha più posto per loro, troppo anziani per essere reinseriti ma troppo giovani per poter accedere al pensionamento. Questo è il drammatico limbo riservato a chi, dopo anni di duro lavoro, è costretto improvvisamente nelle retrovie di un mercato del lavoro competitivo e per certi versi brutale. E se è vero che il governo italiano viene talvolta tacciato di eccessivo assistenzialismo non valgono le medesime considerazioni circa gli aiuti economici stanziati in favore di questa categoria.

Un po’ di numeri
I dati ISTAT sull’occupazione nazionale raccolti nel 2022 fotografano una situazione preoccupante: alle categorie tradizionali si aggiunge quella dei nuovi “neet” (“not in employment, education or training”), un neologismo coniato per dare un nome a quella fetta di società che non lavora né studia, una larga popolazione di inattivi che non producono, guadagnano e consumano. L’Italia, con il 25,1% di “neet”, si colloca al quarto posto della classifica europea, dopo Turchia, Montenegro e Macedonia. Ad aggravare ulteriormente la situazione arriva l’emergenza sanitaria nel 2020, annus horribilis della pandemia: tra il febbraio 2020 e il febbraio 2021 diminuiscono i posti di lavoro e il tasso di disoccupazione sale al 10,2%, ma ancora più allarmanti sono i dati sull’occupazione femminile che registra una tendenza negativa contribuendo ad allargare il divario occupazionale di genere. A fronte dei dati illustrati il governo italiano tenta di reagire stanziando fondi e indennizzi per i soggetti disoccupati a rischio: le modifiche più considerevoli concernono la Naspi, l’indennità di disoccupazione riservata a coloro che perdono il lavoro per cause involontarie, e il reddito di cittadinanza. Modifiche “cuscinetto” estemporanee che, per quanto utili sul breve termine, non creano i presupposti necessari per un cambiamento strutturale. Nel giro di pochi anni si è duplicato il numero di associazioni e cooperative territoriali, come la Over 40&50 reset di Pavia, la Atdal e Lavoro over 40, che hanno tentato di dare una voce a questa folta platea di invisibili aprendo le vie del dialogo con le istituzioni. Se da un lato certamente è stato fatto qualche passo in avanti rispetto agli anni passati, dall’altro i problemi sostanziali del sistema lavorativo nazionale, che non potranno essere estinti con un sussidio temporaneo, permangono ed anzi si acutizzano. Una riprogrammazione dalle basi, ecco cosa ci vorrebbe in Italia a detta degli esperti, per porre un freno al “domino” di problematiche relative al settore occupazionale: le falle nel sistema di oggi si trasformeranno nelle voragini di domani a cui sarà sempre più difficile dare una risposta efficace. Il mercato del lavoro odierno, nella nostra realtà globalizzata, considera più vantaggioso, da un punto di vista economico, impiegare “carne fresca” con pochi anni di esperienza alle spalle piuttosto che professionisti altamente specializzati più avanti con l’età, meno malleabili e condiscendenti. A questo trend si aggiungono le conseguenze del progresso tecnologico che ha già comportato delle sostanziali ristrutturazioni nell’organigramma dei grandi nomi dell’economia mondiale. Basti pensare all’ultima invenzione firmata Jeff Bezos: Amazon go, un futuristico supermercato a cui si accede tramite app, senza casse né tantomeno cassieri, il cui funzionamento è demandato ad un raffinato sistema di intelligenza artificiale che farà arrivare il conto direttamente allo smartphone.

Una storia come tante

Questa è la storia di Patrizio, un informatore farmaceutico di 61 anni che ci racconta la sua odissea, iniziata più di 10 anni fa. Nel lontano 2012, come un fulmine a ciel sereno, arriva la notifica di licenziamento: la multinazionale per il quale si era speso negli ultimi 15 anni modifica la politica aziendale a favore di specialisti neolaureati che hanno un costo lavorativo inferiore e a discapito dei “più anziani” per cui all’improvviso non c’è più posto. Da vicedirigente a disoccupato, Patrizio si ritrova da un giorno all’altro senza stipendio e con una famiglia di tre figli da mandare avanti. La quotidianità lavorativa di un informatore farmaceutico, abituato ad una vita dinamica fatta di tanti contatti e continui spostamenti, si interrompe bruscamente e Patrizio si reinventa casalingo e babysitter dei figli. La preoccupazione di non riuscire più ad integrarsi in un mondo che non ha esitato ad escluderlo come se fosse “roba vecchia” è tanta ma nonostante ciò Patrizio, durante i due lunghi anni di disoccupazione, non si perde mai d’animo e cerca di tamponare la situazione come può: converte la casa di campagna lasciatagli in eredità dai genitori in alloggio turistico e tenta così di ricavare un piccolo introito, nel frattempo cerca instancabilmente un nuovo impiego. Come ci confessa: << c’erano giornate sì e giornate no, era difficile alzarsi dal letto la mattina con la consapevolezza di avere davanti a sé l’ennesimo fiasco, si fa subito ad abbandonarsi al peggio. Certo con una famiglia e tre figli adolescenti da accontentare sapevo di non potermi permettere questo lusso, pur potendo contare sullo stipendio di mia moglie. Eravamo abituati ad un certo tenore di vita all’epoca e temevo che a lungo andare i miei figli iniziassero a vedermi come un “fallito”>>. Patrizio è nativo di Napoli, un uomo del sud dalle maniere distinte quasi di altri tempi, un ex militare tutto ad un pezzo e nonostante non lo ammetta tra le righe si legge un senso di impotenza, come se la sua vita fosse ormai sotto scacco. Colloquio dopo colloquio finalmente arriva una notizia che rifonde speranza nel cuore di Patrizio, una proposta lavorativa da una buona azienda nel settore ma sarà assunto a partita iva: non avrà i benefit aziendali (macchina, rimborso spese etc.) e il suo stipendio consisterà in una provvigione sulle vendite. Certo, le premesse non erano delle migliori ma a Patrizio era stata prospettata la possibilità di fare carriera entro breve a patto che si dimostrasse un buon acquisto per l’azienda. Per la verità Patrizio, che negli anni di inattività era stato in grado di mantenere viva la relazione con tutti i suoi precedenti contatti, si era dimostrato un ottimo acquisto, facendo intascare all’azienda cospicui guadagni. L’impegno e il duro lavoro, tuttavia, non furono sufficienti ad assicurargli il posto fisso promesso e così la giostra continua a girare, stavolta per l’ultima corsa. Dopo altrettanti colloqui approda al suo attuale posto di lavoro, una società più modesta e poco nota sul mercato europeo, ma un buon compromesso per pochi anni prima di arrivare alla pensione. Nella sventura Patrizio si considera un fortunato, non tutti infatti riescono ad essere reinseriti alla sua età e spesso si è costretti ad accettare posizioni umilianti pur di sbarcare il lunario. Di storie come la sua ce ne sono a migliaia, storie di persone a cui da un momento all’altro è stato sottratto il lavoro, la dignità e soprattutto la possibilità di aver voce in capitolo. Il lavoro fa parte della nostra quotidianità, ci accompagna dall’adolescenza alla maturità, plasma la nostra identità, si salda alle nostre predisposizioni naturali e esser privati di questo diritto inalienabile significa sacrificare una parte molto intima del nostro essere umani. Pochi mesi fa Patrizio parte per un lungo viaggio insieme ai figli, ormai grandi, che lo porterà in giro per gli Stati Uniti per più di un mese <<è stata la mia rivincita dopo tante rinunce>> ci racconta <>.

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