Secondo il politologo statunitense Kenneth Waltz ci sono tre “immagini” o livelli di analisi che sono in grado di spiegare le cause della guerra tra gli Stati.
Nel saggio del 1959 “ Man, State and War” Waltz scrive che bisogna conoscere le cause della guerra per poter meglio realizzare la pace ed è qui che entrano in gioco i tre livelli sopracitati:
- Al primo livello ( l’uomo) i conflitti scaturiscono a causa di particolari visioni/ caratteristiche di statisti e leader politici.
- Al secondo livello ( lo Stato) le cause della guerra sono intrinseche alla composizione interna degli stati
- Al terzo ed ultimo livello ( la guerra) viene postulato che la causa dei conflitti si trova a livello sistematico; vale a dire, che la struttura anarchica del sistema internazionale è la causa principale della guerra.
In questo peculiare contesto per “anarchia” Waltz non voleva intendere una condizione di caos e disordine, bensì, una condizione in cui non esiste un organismo sovrano che governi le interazioni tra Stati; nel campo delle relazioni internazionali ogni Stato è sovrano e non esiste alcun potere “superiore” al loro, perciò ogni Stato agirà nei propri interessi e qualora questi interessi confliggessero, le guerre succedono.
Ora, questa parantesi introduttiva è, e, resta una teoria delle relazioni internazionali e non può essere presa come oro colato, tuttavia, lo studio della politica internazionale come per la geopolitica si fonda proprio su questa nozione: trovare una motivazione teorica ragionevole che possa, almeno in parte, spiegare le motivazioni che spingono gli Stati a muoversi in una certa maniera sulla “scacchiera internazionale”.
La crisi tra Ucraina e Russia, nonostante diversi tentativi diplomatici, è sfociata in una invasione da parte delle truppe di Mosca. Il presidente russo Vladimir Putin ha dato l’ordine d’invasione all’alba di questa mattina dopo che, lunedì 21, aveva ordinato l’ingresso di truppe nelle regioni separatiste del Donbass.
Ma quali sono gli antefatti e le (possibili) ragioni geopolitiche, storiche ed economico-politiche che si celano dietro ad una crisi che sta deflagrando in un drammatico conflitto?
Indipendenza e storia recente dell’Ucraina
L’Ucraina è una Repubblica semipresidenziale dell’Europa orientale avente sbocco sul Mar Nero e confinante a est con la Russia, a nord con la Bielorussia ed ad ovest/ sud-ovest con Polonia, Slovacchia, Ungheria, Romania e Moldavia.
Il 24 agosto 1991, a seguito della dissoluzione dell’Unione Sovietica, il Parlamento ucraino adottò l’Atto di Indipendenza dell’Ucraina, a seguire, un referendum e la prima elezione presidenziale ebbero luogo il 1º dicembre 1991. Quel giorno, più del 90% dell’elettorato espresse il proprio consenso all’Atto d’Indipendenza, e venne eletto come presidente del Parlamento Leonid Kravčuk, per servire come primo Presidente del Paese.
I rapporti con la ex “madrepatria”, la Russia, furono inizialmente molto tesi, poiché restavano da risolvere la questione degli armamenti nucleari sul territorio ucraino e il controllo della flotta del Mar Nero ancorata a Sebastopoli; inoltre i rapporti fra Ucraina e la NATO iniziati alla fine degli anni novanta furono causa di ulteriori tensioni
L’economia del paese conobbe un periodo di crisi dovuto alla mancanza di riserve energetiche, si ebbero tassi elevatissimi di inflazione e le tensioni interne aumentarono. Kravčuk fu sconfitto nel 1994 da Leonid Kučma, riformatore filo-russo rieletto poi nel 1999.
Nel 2000 venne formato un governo riformista avente Viktor Juščenko Come Primo Ministro, tuttavia, nell’aprile del 2001 la maggioranza parlamentare si dissolse e il Primo ministro venne destituito, dando inizio a un periodo di instabilità culminato nel 21 novembre 2002 Con la nomina di Viktor Janukovyč ( delfino del Presidenti in carica Leonid Kučma).
La prima Rivoluzione Ucraina ovvero la Rivoluzione arancione ebbe luogo all’indomani delle elezioni presidenziali del 21 novembre 2004, in quanto furono sospettati brogli a favore del primo ministro uscente.
A seguito delle proteste la Corte Suprema ucraina invalidò i risultato e fissò un nuovo turno elettorale per il 26 dicembre.
Questa volta ad uscirne vincitore fu, lo sfidante, Juščenko, con il 52% dei voti validi; il nuovo presidente si insediò il 23 gennaio 2005 e rimase in carica fino al 2010 quando fu eletto alla presidenza il filo-russo Viktor Janukovyč.
Nonostante l’Ucraina sia rimasta, come altri paesi compresi in passato nell’Unione Sovietica, in parte dipendente dalla Russia, ha ultimamente manifestato un distacco da quest’ultima con l’avvenire nel paese di rivolte sempre più numerose di stampo filo-occidentale che hanno portato il 22 febbraio 2014 alla fuga del presidente filo-russo. Quest’evento ha contribuito ad allargare la tensione fra i due paesi con ripercussioni sul lato economico, nonché politico: la Russia ha aumentato notevolmente il costo del gas che prima veniva fornito all’Ucraina ad un prezzo amichevole, e le relazioni diplomatiche tra i due paesi si sono inasprite.
Nel maggio 2014 venne eletto come Presidente il leader di Solidarietà Europea Pietro Porosenko, nello stesso anni inizio la ben nota Crisi della Crimea, le cui ripercussioni sono oggi più forti che mai.
La leadership filorussa in Crimea dichiarò unilateralmente l’indipendenza l’11 marzo 2014 ed organizzò un referendum sull’autodeterminazione il 16 marzo, a seguito del quale la penisola venne annessa alla Russia tramite un trattato firmato due giorni dopo; il referendum in Crimea fu seguito da altri due referendum sull’autodeterminazione rispettivamente il 7 aprile 2014 nel Donesk e il 12 maggio 2014 nel Lugansk.
La galassia identitaria russa e i nazionalismi nell’ex Unione Sovietica
Come abbiamo già detto in questo articolo, dissolta l’Unione Sovietica, la Russia ha lentamente ricostruito la propria sovranità coniando un nazionalismo a dir poco peculiare.
La premessa sta nella necessità identitaria di risaldare l’unione della federazione, dopo il tramonto dell’ egemonia prima imperiale poi sovietica, ma anche per contrastare il “ cordone sanitario” occidentale attorno ai propri confini.
La pratica del cosiddetto “cordone sanitario” ha come obbiettivo il contenimento della potenza russa ( la quale possiede la porzione territoriale più estesa del continente eurasiatico) attraverso il controllo e/o l’influenza dei paesi confinanti, ovvero degli ex paesi sovietici.
La Russia può contrastare il cordone sanitario esercitando pressioni sui suoi vicini grazie alla leva dei gruppi etnici russi presenti al loro interno; basta pensare che la consistenza numerica russa in Ucraina è del 17,3% , tasso ancora più elevato in Lettonia 28,3%, mentre nella filo-russa Bielorussia il tasso si aggira intorno al 11,4%.
La questione dei russi nell’estero vicino nacque a causa del ruolo egemonico di Mosca durante il periodo zarista e in seguito nell’URSS. La diffusione delle comunità fu effetto di una precisa volontà di controllo da parte del governo, ma dipese anche da fattori economici.
Oggi, molti paesi ex sovietici guardano alle minoranze russe interne come lascito dell’occupazione russa, ciò fa si che queste comunità siano (a volte) oggetto di pratiche discriminatorie negli Stati che le ospitano.
Con riguardo a queste minoranze russe è opportuno sottolineare che, nella maggior parte dei casi le rivendicazioni separatistiche sono sporadiche (con eccezione dell’ Ucraina) e si connotano più in senso identitaria che nazionale.
La questione “nazionale” del Donbass è sicuramente una delle motivazione geopolitiche dietro al conflitto Russo-Ucraino, tuttavia, è lecito pesare, visti gli avvenimenti attuali, che la questione non sia poi così circoscritta al Donbas.
Il presidente russo ritiene che il suo Paese abbia un «diritto storico» sull’Ucraina, che faceva parte dell’Unione Sovietica fino al collasso del 1991: In un saggio pubblicato nel luglio 2021 ha anche scritto apertamente «Sull’unità storica dei russi e degli ucraini», in quanto sarebbero lo stesso popolo, «discendenti» della «Rus di Kiev», un insieme di tribù slave. L’identità russa, la sua cultura e il suo popolo nascono allora, in territorio ucraino, e solo in seguito si estendono ad altri territori slavi, quelli della Russia attuale.
La NATO ed il gas
Kiev vuole entrare nella NATO, la Russia si oppone, tuttavia, per essere ammessa l’Ucraina dovrebbe un lungo percorso di riforme politiche e militari, dunque un ingresso del paese nell’Alleanza è tutt’altro che imminente.
Ciononostante, la Russia teme un allargamento della NATO e il Cremlino chiedeva una rassicurazione scritta che l’Ucraina non sarebbe mai entrata a far parte dell’Alleanza atlantica, questo poiché vuole soprattutto mantenere la sua sfera d’influenza nell’area, e auspica che la Nato rinunci alle sue attività nell’Est Europa tornando alla situazione del 1997: da allora l’Alleanza atlantica ha avuto cinque fasi di espansione verso Est, e sono diventati membri Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia, Slovenia, Albania, Croazia, Montenegro e Macedonia del Nord. Tutti Paesi che facevano parte del blocco Sovietico.
Inoltre, dall’Ucraina passa il 37% del gas naturale diretto dalla Russia verso Occidente. Il 40% del gas che usiamo in Italia arriva dalla Russia. L’Europa ha peggiorato negli ultimi anni la sua dipendenza dal gas dunque è naturale che una chiusura dei rubinetti sia l’arma più forte per la Russia nei confronti dell’Europa.