Ho frequentato il primo semestre di quest’anno accademico all’università di Madrid.
In un giorno ordinario la mia attenzione è stata catturata dalla pronuncia italiana del titolo di un film, “Nuovo Cinema Paradiso”.
Come ogni italiano all’estero, qualunque riferimento al nostro Paese è necessariamente motivo di orgoglio. Questa volta però ad essere impreparata ero proprio io.                                                  
Ho riflettuto sull’ importanza che avrebbe dovuto avere questo film per essere addirittura motivo di discussione in classe e mi sono decisa a volerlo guardare.

C’è sempre una possibilità di rinascita

Giuseppe Tornatore, regista siciliano, con il film “Nuovo Cinema Paradiso”(1988) ottiene il successo internazionale, conquistando il Gran Premio Speciale della Giuria al Festival di Cannes nel 1989 e il Premio Oscar per il miglior film straniero nel 1990. Ad essere raccontata è la storia del cinema il cui percorso evolutivo si intreccia con la vita di Salvatore di Vita, che, ancora bambino, sogna di diventare regista.
Il film parte ex abrupto con una chiamata che annuncia la morte di Alfredo, figura importantissima per il piccolo Totò, al quale non solo ha trasmesso la passione per il cinema, ma ha insegnato la perseveranza necessaria per raggiungere gli obiettivi senza mai guardarsi indietro. A partire da questo triste evento, la storia si sviluppa come un lungo flashback dei ricordi del protagonista.

In un’Italia dilaniata dalla Seconda Guerra Mondiale, la vera rivoluzione è stata trovare un diversivo al malessere generalizzato. Ad aver permesso questa rinascita è una forma d’arte senza precedenti: il cinema appunto.
Sullo sfondo della Sicilia degli anni ‘40 e ‘50, si staglia luminoso il Cinema Paradiso, testimonianza dell’età dell’oro del cinema italiano. La sua magia si palesa nella capacità di coinvolgere, intrattenere e stupire un’intera comunità che si riserva del tempo per evadere da una realtà tutt’altro che idilliaca.Le madri allattano i loro bambini; si mangia; si beve; si ride e si piange. La vita del paese continua ma in un’altra dimensione.

Questione di ambizioni

Per Totò il cinema è però anche qualcosa di diverso: è ambizione. Quegli occhi da bambino che guardano entusiasti il duro lavoro da proiezionista, lasciano spazio a occhi adulti e consapevoli. Se infatti avere una visione progettuale è fondamentale, coltivare questo progetto e combattere per realizzarlo è la chiave del successo.

Sino a che punto però dobbiamo spingerci per riuscire ad arrivare dove vogliamo? Al di là delle molteplici variabili che entrano in gioco, la possibilità di riuscita è direttamente proporzionale alla forza stessa dell’ambizione. E questo Philippe Noiret, nelle vesti di Alfredo, lo comunica alla perfezione: “Qualunque cosa farai amala, come amavi la cabina del paradiso”. Così Totò lascia quel posto rassicurante, Giancaldo, che altro non è che Casa, per spingersi lontano e prendersi il suo posto nel mondo, senza remore.
Il conflitto interiore è lacerante: rimanere ancorati alle proprie origini o fare di queste solo un bel ricordo che occuperà per sempre un posto negli spazi più reconditi della memoria e nell’angolo più sacro del cuore?

Oggi si parla tanto di perdita di ambizione nei giovani, tuttavia, a venire meno sono piuttosto le effettive possibilità di arrivare esattamente dove si vuole per motivi che non dipendono tanto da noi quanto da come si muovono gli ingranaggi dell’economia. Chi poi l’ambizione ce l’ha, chiara e definita, e decide di coltivarla, talvolta si trova costretto a partire in vista di opportunità migliori: è il fenomeno della “fuga dei cervelli”, oggi sempre più comune.                                                              

Partire e lasciare tutto non è sempre così semplice, ci vuole dedizione, ci vuole coraggio e talora l’appoggio di chi davvero conta per noi, ma soprattutto si deve essere disposti a rischiare. Il rapporto rischio-beneficio non è mai da sottovalutare: inseguire i propri sogni porta sempre qualcosa di buono. In primo luogo, il momento in cui decidiamo davvero chi vorremmo essere stabilisce una presa di posizione e conseguentemente ci consente di varcare quella soglia che decreta la maturazione prima di tutto personale; in secondo luogo, la remota possibilità di non riuscita costituirà a sua volta un incentivo per spingerci ad aprire altre porte, consci del fatto che la vita non può essere stasi, ma necessariamente un continuo fluire.
Salvatore lo sa, rischia, e diventa un regista di successo, a Roma, lontano dalla sua isola per trent’anni.

Passioni, sogni, memoria, nostalgia sono temi chiave nella pellicola. Il presente di Totò è certamente frutto della sua vita passata, per cui, alla notizia della morte del suo caro amico, decide di tornare senza pensarci due volte.
Confrontarsi con il passato per quanto possa essere doloroso è inevitabile. Si vive il paradosso per cui tutto è estremamente diverso nella sua perfetta immutabilità. Gli occhi attraverso cui si guarda il mondo son cambiati e le circostanze che ormai caratterizzano quella realtà, che un tempo era perfettamente familiare, sono a noi sconosciute.
Quando Totò torna a casa quello che aveva lasciato non c’era più, a partire dal Nuovo Cinema Paradiso, che, dopo essere sopravvissuto a un incendio, non ha potuto resistere allo scorrere del tempo. Dopo tanti anni di inattività il cinema verrà infatti demolito: sono gli anni ‘80, siamo davanti alla crisi del cinema, dimenticato a causa della concorrenza del mezzo televisivo.

Quello che fa Tornatore è raccontare e raccontarsi. Parte dalla descrizione della sua amata Sicilia, protagonista di tante pellicole, per far emergere amori e contraddizioni, nostalgia e bisogno di evasione, ambizioni lavorative e limiti che sembrano invalicabili, il tutto attraverso un unico filo conduttore che è il cinema e la sua forza.

A tu per tu 

Poco tempo fa un professore ci ha rivolto una domanda: chi vorreste diventare?
Non tutti hanno risposto, io neanche. Siamo stati messi davanti a quel momento di presa di posizione, quel momento in cui devi fermarti a pensare e auto analizzarti. Una domanda estremamente complessa che ti spinge a fare una cosa che non sempre facciamo: parlare a tu per tu con te stesso.

È giusto non avere le idee così chiare come tutti si aspettano? Penso di sì. La giovinezza è una fase di contraddizioni, sei ambizioso ma non sai la direzione esatta verso cui far salpare la nave. La motivazione però, che riempie il senso delle nostre azioni, ha il grande potere di aiutarci a sconfiggere la paura insita in ognuno di noi e spingerci ad andare oltre i confini. In ogni caso, se al primo colpo non troveremo le Colonne d’Ercole, almeno potremmo dire di aver fatto un bel viaggio in mare.

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