I conflitti frontali solitamente coinvolgono due forze contrapposte. Tuttavia, se queste sono rappresentate da stati, raramente è possibile comprendere e spiegare un conflitto limitandosi all’analisi delle due forze in questione. Fin dall’antichità la geopolitica ha avuto la sua importanza: gli attori sono sempre stati molteplici, coinvolti in giochi di interessi, alleanze, influenze. Oggi però questo fenomeno è del tutto amplificato. Il nuovo mondo globalizzato ed interconnesso costringe ad un’analisi ampia e approfondita dello scacchiere geopolitico globale, che sia in tempo di guerra o in tempo di pace. Il conflitto ucraino-russo non fa eccezione, anzi. Tutto il mondo occidentale è coinvolto per quanto riguarda le cause, lo svolgimento e la possibile risoluzione. Il continente europeo ha vissuto (e sta vivendo) i mesi più tesi dalla caduta del muro di Berlino, tutto ciò a causa della vicinanza geografica al conflitto ma soprattutto a causa del coinvolgimento politico, economico, strategico.
La Russia di Putin, il 24 febbraio 2022, ha intrapreso un’offensiva militare contro l’Ucraina. Le cause sono molteplici e si portano dietro radici profonde: la crisi aperta nel 2014 ha portato al peggiore degli epiloghi. Bisogna però soffermarsi su una delle ragioni principali (se non la principale) che ha portato Putin ad ordinare un’invasione armata. Stiamo parlando delle relazioni tra l’Ucraina e l’Occidente e più in generale di quella che è vista da parte russa come un’intollerabile ingerenza occidentale nei propri affari, in particolare l’espansione di NATO e UE in quelli che una volta erano gli stati del blocco sovietico. Oggi, a 5 mesi dall’invasione, il conflitto non sembra vicino ad una fine e la disposizione geopolitica si è confermata quella temuta da Putin: l’Ucraina chiede riparo al blocco occidentale, che dal canto suo ha risposto con numerosi pacchetti di sanzioni contro la Russia e che, in sede UE, ha ufficialmente aperto alla candidatura dell’Ucraina come membro dell’Unione. Si tratta di un processo lungo e tortuoso che potrebbe richiedere anni, soprattutto poiché al momento è impossibile da avviare a causa del conflitto, tuttavia, il valore politico e simbolico di questa decisione è indiscutibile. Nel frattempo, in questi mesi sono stati tanti gli interrogativi sollevati in Europa (e non solo), riguardanti le misure da prendere, gli aiuti da inviare, il riarmo, il ruolo degli organi sovranazionali. Se l’UE ha cercato di dare una risposta unitaria, allo stesso tempo ogni stato ha modulato il proprio coinvolgimento e le misure adottate: per capire qual è la percezione a riguardo, per i cittadini e soprattutto per i giovani, abbiamo intervistato due studenti di Scienze Politiche, rispettivamente dalla Spagna e dal Regno Unito. Riportiamo qui di seguito le interviste.
Prima intervista
Tra le misure adottate dal blocco occidentale, quale ritieni sia la più efficace e perché?
“Direi che le misure più efficaci sono gli embarghi economici. Due in particolare sono cruciali: quelli nei confronti degli oligarchi russi sulle proprietà private in Europa, perché, lo sappiamo, la Russia è un’oligarchia e di conseguenza mettere pressione sugli oligarchi mette pressione su Putin, anche se Putin potrebbe avere più potere di quanto abbiamo pensato; i secondi sono le sanzioni su gas e petrolio, che in realtà non so se prendere seriamente perché effettivamente noi ne abbiamo bisogno, ma sono molto importanti perché sono le risorse principali del potere economico russo e la Russia è estremamente dipendente dal petrolio.”
Ritieni che gli stati europei debbano riarmarsi?
“No, non credo nel riarmo, non credo nella guerra e nemmeno in un esercito europeo perché se vogliamo combattere per la pace dobbiamo farlo preparandoci alla pace, non preparandoci ad una guerra. Questa idea del riarmo porta ad una corsa agli armamenti, basta guardare alla storia dietro di noi, non risolverà il problema. Il problema adesso è che, essendo realisti, probabilmente accadrà, perché l’attacco russo forza i paesi europei a riarmarsi. Ma se penso che sia la soluzione? No, penso che dovremmo trovare un’altra via, una via in cui sedersi e parlare, penso sia questo il modo per opporsi ad una guerra, cercare di essere pacifici, ma non penso accadrà.”
Quindi non pensi che gli stati europei debbano riarmarsi, ma ritieni che l’Unione Europea debba prevedere uno strumento di difesa comune?
“Sarebbe un bene avere uno strumento europeo per trovare indipendenza dagli USA e della NATO, ma allo stesso tempo sono contro la creazione di un esercito europeo. Abbiamo altri problemi su cui dovremmo concentrarci di più: la dipendenza energetica, il cambiamento climatico, le ineguaglianze che crescono, il ritorno dei regimi autocratici in Europa. Non penso che il riarmo consoliderebbe l’Unione così tanto, anzi sarebbe soltanto un modo per diventare una maggiore potenza imperialista.”
Tenendo in considerazione anche la crisi in Crimea, ritieni che gli stati occidentali siano responsabili in qualche modo per questo conflitto? Se sì, in che modo?
“Io penso che nessuno sia senza colpa in questa situazione. Penso che il modo in cui la Russia è stata trattata dalla dissoluzione dell’URSS abbia portato la Russia a vedere gli stati occidentali come nemici, questi ultimi, invece di impostare un dialogo hanno imposto le proprie condizioni alla Russia. In un certo modo ci vedo, anche se è diverso, la Germania quando ha perso la Prima Guerra Mondiale e, invece di provare a reintegrarla, gli altri stati non hanno fatto che stuzzicarla fino a che è esplosa. Non li abbiamo aiutati in nessun modo e anche questo ha portato alla diffusione dei regimi autocratici. In più abbiamo l’espansione della NATO e la maniera in cui lo fa verso la Russia. In un certo modo, agli occhi russi, può essere percepito come un attacco e riesco a vedere in che modo si sentano “minacciati”. Ma ciò non da nessun diritto alla Russia di attaccare un paese.”
Dunque, è così che vedi il coinvolgimento della NATO nel conflitto?
“Penso sia pericoloso. Personalmente non mi piace la NATO, non mi piace l’idea delle armi e degli eserciti, sono a favore della demilitarizzazione. Infatti, penso che la NATO e la maniera in cui ha interagito in Ucraina negli ultimi anni, dal momento che è diventata una guerra di interessi tra Occidente e Russia, e il modo in cui la NATO si sia mossa sulle frontiere con la Russia, siano modi per provocarla e danneggiarla. Non puoi stuzzicare qualcuno sperando che non reagisca. Hanno sottovalutato la Russia e sono arrivati ad un punto di esplosione, ma come ho detto prima non significa che la colpa dell’invasione sia della NATO, la Russia non ha alcun diritto di invadere uno stato sovrano.”
A proposito di organizzazioni internazionali, come vedi l’azione dell’ONU? L’invasione viola apertamente la Carta delle Nazioni Unite: ritieni che l’ONU possa dimostrarsi utile in questa situazione oppure non si sta rivelando efficace abbastanza?
“Sappiamo tutti che l’ONU è più un luogo per confrontarsi piuttosto che per agire. Quando parliamo di uno dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza sappiamo che le direttive dell’ONU sono del tutto invalide, ciò non significa che non abbia un’utilità, è uno spazio per parlare, uno spazio di dibattito e un palcoscenico dove esercitare i soft powers, poi permette alle terze parti di spingere per il proprio punto di vista e cercare una soluzione pacifica. La vedo come qualcosa di davvero importante, anche se a volte non è efficace quando un membro qualsiasi del Consiglio di Sicurezza si oppone, ma ha i mezzi e soprattutto l’influenza per cambiare le cose in altri modi.”
Un’ultima domanda, come vedi il ruolo del tuo paese, la Spagna, in questa crisi?
“Dunque, la Spagna è una delle maggiori economie dell’UE e penso che dovrebbe fare un passo avanti in questa situazione, anche perché la Spagna è uno dei paesi più avanzati per quanto riguarda l’energia rinnovabile e dovrebbe spingere per una maggiore indipendenza energetica per l’UE, non tramite il nucleare come la Francia, che sta diventando leader in questa situazione. Allo stesso modo la Spagna deve seguire le direttive dell’Unione. Spagna, Germania, Francia ed Italia sono tra le maggiori economie dell’Unione. La Germania è chiaramente dipendente dal gas russo, Francia e Spagna sono molto più indipendenti da questo punto di vista, l’Italia non lo so bene. Il dibattito è stato condotto dalla Francia e non può essere condotto da un paese solo, ma è anche vero che in Spagna abbiamo problemi al governo, non è stabile abbastanza, non prenderanno una posizione chiara sulla crisi perché i due partiti al governo hanno due punti di vista opposti.
Seconda intervista
Tra le misure adottate dagli stati occidentali, quale ritieni sia stata la più efficace e perché?
“Penso che siano state le sanzioni con le quali hanno escluso la Russia dal sistema SWIFT, bloccando le loro risorse bancarie. Così facendo hanno distrutto il rublo, anche se adesso è tornato, ma all’inizio lo hanno messo in grande difficoltà, quindi questo è stato sicuramente efficace. Poi penso che le misure di tipo energetico, se (gli stati occidentali) riuscissero a trovare fonti alternative per gli imports di gas, sarebbero molto efficaci: l’economia russa è basata sulle esportazioni, soprattutto gas naturale e petrolioe. Invece ritengo che le altre misure, come ad esempio escludere la Russia dalle manifestazioni sportive e culturali, alla fine dei conti sia solo simbolico e non abbia un effettivo risultato.”
Pensi che gli stati europei dovrebbero riarmarsi?
“Secondo me ogni forma di riarmo non è una buona idea, perché crea dei dilemmi di sicurezza, specialmente quando si ha a che fare con stati come la Russia, effettivamente autoritari, che reagiscono male al riarmo. Così come le democrazie hanno una cattiva considerazione degli stati autoritari è anche vero il contrario e saranno preoccupati dai propositi del riarmo. Ovviamente è impossibile riarmarsi in maniera difensiva, le armi che usiamo per difenderci hanno anche capacità offensive. Quindi penso che l’Europa dovrebbe riarmarsi fino a che questo non costituisca un’ovvia minaccia alla Russia, come ad esempio l’invio di armi letali in Ucraina o rinforzare i confini polacchi o ancora proporre alla Finlandia di entrare nella NATO: questo è giocare con il fuoco.”
Secondo te l’UE dovrebbe sviluppare un dispositivo di difesa comune?
“Penso che un dispositivo comune di difesa possa essere positivo in quanto la NATO ha perso il proprio proposito originale, o almeno è cambiato molto, basta pensare ai suoi interventi nel corno d’Africa o in Iraq ed Afghanistan: è il patto nord-atlantico, non per il medio-oriente. Quindi forse abbiamo bisogno di una nuova policy europea solo per la difesa dell’Europa, ma penso che si debba fare attenzione quando pensi di aggiungere altri paesi come l’Ucraina.”
Quindi è così che vedi il coinvolgimento degli stati occidentali nel conflitto? Pensi che abbiano delle responsabilità? E se sì, in che modo?
“Come ho detto prima, il coinvolgimento occidentale sotto forma di invio di armi ma anche dell’incoraggiamento all’ingresso dell’Ucraina nell’UE, così come la Georgia, la Finlandia o la Svezia (per la NATO), è un modo per stuzzicare la Russia e penso sia come giocare con il fuoco. Come molti commentatori hanno detto, gli stati occidentali vogliono difendersi, sì, vogliono proteggere l’Ucraina in caso di un’ulteriore espansione russa verso l’Europa, ma sono sicuro del fatto che nessuno degli occidentali abbia piantato delle radici nel terreno, cioè loro stessi non sono intervenuti direttamente, ma più indirettamente, per questo dico che non vogliono davvero proteggere l’Ucraina. Anche gli occidentali sono stati presi da questa ideologia d’espansione, dal momento che l’UE sta incorporando stati ex-sovietici e lo stesso sta facendo la NATO. L’espansione occidentale non ha aiutato nel fermare il conflitto quando invece l’occidente avrebbe potuto essere utile tramite misure di peace-keeping a Donetsk et Lugansk.”
Quindi ritieni che la NATO abbia delle responsabilità in questa crisi? Come valuti il coinvolgimento della NATO nel conflitto?
“La Russia ha esplicitamente detto che una delle ragioni per le quali hanno compiuto questa azione, oltre alle motivazioni ideologiche, è stata l’espansione della NATO, con l’obiettivo di fermarla. La neutralità è sul tavolo e lo è stata dall’inizio del conflitto, è una delle soluzioni più ovvie. Come ho detto, la NATO che si espande non permette al conflitto di risolversi e ogni passo in quella direzione non farà che portare ad un’escalation, per esempio attraverso una politica difensiva europea, con l’idea che un attacco contro uno sia un attacco contro tutti, ma se fai ciò rendi legittimo un intervento statunitense tramite la NATO.”
Parlando di organismi internazionali, come vedi il ruolo delle Nazioni Unite? L’invasione russa viola apertamente la Carta dell’ONU, ma ritieni che l’ONU possa essere efficace nella risoluzione del conflitto?
“Le Nazioni Unite e questo genere di istituzioni create dopo la Seconda Guerra Mondiale sono state create per impedire che una nuova guerra di quella portata potesse scoppiare, con l’uso di armi di distruzione di massa ed enormi perdite di vite umane, e ci sono anche altri strumenti come il Tribunale Penale Internazionale e la Corte internazionale di giustizia. In fin dei conti l’ONU è un’organizzazione con moltissimi stati diversi e molte opinioni in conflitto: l’India, ad esempio, non ha criticato o condannato l’invasione russa; la Cina in un certo modo è alleata con la Russia a causa della situazione di Taiwan. Alla fine, è troppo variegata e non penso sia in grado di muovere e governare propriamente le politiche di potenza, l’ONU ha dei meccanismi di peace-keeping, come la Carta, che secondo alcuni permette o legittima una risposta a questo tipo di invasioni. Ma alla fine dipende dagli accordi all’interno dell’Organizzazione, dal momento in cui è così variegata e piena di attori differenti, come la stessa Russia, è difficile rispondere in maniera unitaria. Ecco perché più dispositivi regionali o locali potrebbero essere più utili, come una policy dell’ONU per la difesa comune. Come ho detto prima, con l’Ucraina nell’UE sarebbe una situazione molto diversa, non penso che la risposta giusta non sia tramite un corpo più alto ma piuttosto tramite degli organi locali.”
Come valuti il coinvolgimento del Regno Unito in questa crisi?
“La maggior parte del pubblico è contro quest’idea che l’occidente sia in qualche modo responsabile. Il Regno Unito negli ultimi anni è stato attaccato più volte dai russi, ad esempio con l’avvelenamento di Salisbury, e si è quindi formato uno schieramento contro la Russia, che ha portato l’opinione pubblica a condannare fermamente ed immediatamente l’invasione, sostenendo pienamente l’Ucraina, tramite condanne pubbliche o impendendo l’accesso nel Regno Unito ai diplomatici russi. Il Regno Unito ha il lusso di non essere dipendente dall’energia russa, il che significa che ha potuto muoversi in maniera più autonoma e in alcuni casi più facilmente rispetto, per esempio, alla Germania.”
In entrambi i casi, la critica per l’operato dell’occidente non manca. Se da una parte c’è una condanna ferma nei confronti della Russia, le due interviste evidenziano come sia difficile pensare di poter contare sul paese di Putin nel processo di risoluzione del conflitto, ma anche e soprattutto di come fosse prevedibile una reazione di questo tipo. Nell’ultimo ventennio i segnali lanciati dalla Russia sono stati numerosi e l’Occidente troppo spesso ha chiuso un occhio, per timore o convenienza. Oggi che si è giunti all’epilogo peggiore, guardando indietro, è chiaro che le potenze occidentali hanno le loro responsabilità, pur trattandosi di una situazione più che complicata: se dalle nostre democrazie ci si aspetta sempre un’azione di peace-keeping e mediazione, allo stesso tempo non è semplice interagire con un regime autocratico come quello russo. Accondiscendenza o pugno duro? Probabilmente la risposta sta nel mezzo, dove non c’è spazio per politiche espansionistiche e giochi d’interesse, ma soltanto per la messa in pratica di quei valori dei quali ci dichiariamo portatori.
Se non altro, queste due opinioni sembrano riflettere la posizione di una gioventù europea che ha imparato a vivere in un mondo sempre più complesso ma che mai finora aveva visto la guerra così da vicino. Nonostante il clamore iniziale sia già stato risucchiato dal vortice dei social media e finito in secondo piano, la situazione in Ucraina non accenna a migliorare. Le nostre speranze di pace sono riposte nelle nostre classi dirigenti, soprattutto a Bruxelles, ma rimane l’importanza dell’opinione delle persone comuni, dei giovani, dei cittadini, che oggi più che mai insegnano ai governi e alle istituzioni una lezione preziosa: l’importanza dell’autocritica.