L’accordo di pace tra Israele, Emirati e Bahrein
Quello a cui stiamo assistendo in questi giorni è forse qualcosa di storico? un nuovo progetto politico per il Medio Oriente? oppure soltanto una regolamentazione di accordi già previsti dai paesi firmatari alla “White House” dell’accordo di “Abramo”?
Le trattative tra Stati Uniti D’America e Israele risalgono al gennaio scorso, quando i buoni amici Trump e Netanyahu parlavano di una soluzione “dei due stati”, uno di questi è quello palestinese, per portare la pace e la cooperazione nel Medio Oriente. Le vicissitudini del principio dei “due stati” durano ormai da molto tempo. Tale principio è nato durante gli accordi di pace di Oslo del 1993, fondati sulla convinzione che nonostante Israele avesse conquistato tutta la Palestina storica nel 1967, non potesse continuare a dominare milioni di arabi per sempre. Il principio di Oslo prevedeva che dovessero esserci due stati democratici ed egualitari che vivessero fianco a fianco, uno israeliano e uno palestinese.
Ma tale soluzione non è sopravvissuta neppure al ventesimo secolo. Gli accordi di Oslo mai attuati viste le ragioni dei nazionalisti palestinesi che non volevano accettare uno stato composto solo da un sesto dell’ex Palestina, e dei nazionalisti israeliani che non capivano perché mai gli arabi palestinesi dovessero avere così tanta terra. Eppure, anche due decenni dopo nessuno ammette pubblicamente che la soluzione sia morta e sepolta, perché dirlo implica l’obbligo di discutere delle alternative rimaste e nessuna di queste sembra essere valida. È per questo che anche in questo accordo, si parla ancora di due stati senza alcuna partecipazione palestinese alle trattative in corso. Nel frattempo, altri paesi hanno normalizzato le loro relazioni con Israele.
Dopo Egitto e Giordania anche gli Emirati Arabi Uniti con la mediazione degli Stati Uniti sono giunti ad un accordo con Israele diventando quindi il primo paese del golfo a riconoscere lo stato israeliano, fino ad arrivare al più recente Bahrein che seguendo gli Emirati si dice favorevole alla firma con Israele. Questa serie di adesioni porta Donald Trump a presentare gli accordi come un successo e sicuramente lo rendono un papabile candidato alla vittoria del Nobel per la pace.
Arriviamo a pochi giorni fa precisamente, il 15 settembre a Washington dove a fare gli onori di casa è il Presidente in carica Donald Trump (che in prossimità dell’elezione di Novembre potrà utilizzare questa vittoria diplomatica nella corsa alla rielezione), con la presenza del Ministro israeliano Benjamin Netanyahu (anche lui con delle difficoltà interne dovute al secondo “lock-down” necessario per prevenire il diffondersi dell’epidemia covid-19), del ministro degli esteri degli emirati arabi, Abdullah Bin Zayed Al-Nahyan ed infine, del ministro degli esteri del Bahrain, Abdullatif Al- Zayani.
Gli accordi siglati per la normalizzazione delle relazioni diplomatiche e per la mancata annessione della Cisgiordania da parte di Israele, sono stati costituiti da due firme separate: un trattato di pace con gli Emirati Arabi Uniti e una dichiarazione di pace con il Bahrein.
Per quanto riguarda la mancata annessione della Cisgiordania possiamo affermare che in realtà, non ci sia mai stata una vera e propria guerra da parte di Israele nei confronti degli Emirati Arabi Uniti. Anzi, negli anni si sono costruiti degli accordi commerciali, di sicurezza e tecnologia che hanno quindi creato un’intesa già ben impostata.
I punti principali, affrontati nell’accordo, trattano vari aspetti: economia, con la rimozione del boicottaggio economico e delle sanzioni contro Israele cosicché le società dei paesi cominceranno a cooperare liberamente; finanza, creazione di una commissione bilaterale per la promozione degli investimenti, la cooperazione bancaria e il contrasto congiunto al riciclaggio di denaro; politica, apertura di ambasciate; sicurezza, attraverso lo scambio di dati e il coordinamento dei servizi di intelligence; difesa, i ministri di entrambi i paesi hanno instaurato delle linee di contatto e gli Emirati aspettano la rimozione dell’embargo sulla fornitura di armamenti statunitensi ad alto valore tecnologico; turismo e cultura, i paesi inaugureranno voli di linea a cadenza regolare; sanità e scienza, ci sarà un lavoro congiunto dei ministri della salute e dei centri scientifici dei paesi.
Siamo sicuri che si può parlare di un nuovo schema geopolitico del Medio Oriente? Le firme siglate sono una prospettiva futura anche di altri paesi come il Sudan e l’Oman che rimangono alla finestra per un’eventuale accordo di pace. D’altro canto, non si può pensare ad una pace nella regione senza la partecipazione di tutti gli attori interessati. Infatti, negli accordi non è presente nessuna realtà del mondo palestinese che lotta per veder riconosciuto finalmente un proprio stato.
Nelle ore successive alla conferenza avvenuta alla Casa Bianca, si sono verificate varie proteste a Gaza con il popolo in strada intento a dare alle fiamme le immagini dei leader presenti a Washington e nella notte sono stati lanciati vari missili in direzione Israele partiti dalla striscia di Gaza. Escalation di violenza che è susseguita con l’abbattimento di obbiettivi sensibili da parte dei militari israeliani. Possiamo quindi constatare che la pace, quella vera, non può prescindere dai palestinesi come afferma il presidente Abu Mazen “Non ci sarà nessuna pace in Medio Oriente finché durerà l’occupazione israeliana dei territori palestinesi”. Il gruppo di paesi che hanno fortemente criticato l’accordo definendolo un tradimento della Palestina comprende anche Iran, Turchia e Qatar che cercheranno di compattare l’asse della resistenza palestinese e per quanto riguarda l’Iran, rafforzare la retorica di Teheran che si dichiara come alternativa alla leadership israeliana nel Medio Oriente.
Non ci resta che attendere, un’eventuale estensione degli accordi ad altri stati che porterebbe ad un rafforzamento dell’asse israeliano-statunitense o in alternativa il verificarsi dell’esatto contrario, ossia la violazione degli accordi presi da Israele nei confronti degli Emirati e del Bahrein vanificando le operazioni di pace.
Direttore responsabile: Claudio Palazzi