Dopo una seduta durata oltre dodici ore, il Senato ha accordato la fiducia al Governo, ma lo ha fatto con soli 156 voti favorevoli, rendendolo un governo di minoranza. La crisi di governo, iniziata con le dimissioni delle ministre di “Italia Viva” Bellanova e Bonetti e tutt’altro che conclusa, giunge ora ad una situazione di stallo senza che nessuno ci abbia veramente guadagnato, né chi l’ha sostenuta, né chi l’ha osteggiata: il Governo è più fragile che mai e rischierà ogni volta di non avere abbastanza voti, la scelta di “Italia Viva”, sebbene abbia smosso le acque, difficilmente cambierà il destino politico del partito, e le opposizioni, soprattutto il centrodestra, hanno visto rimandare ancora una volta la fine del Governo e le elezioni. Next Generation EU“: ora o mai più Direttore responsabile: Claudio Palazzi

La classe politica italiana non ne esce bene, anzi: al Senato si è assistito a discorsi tanto accorati quanto imprecisi, a mascherine indossate male e diversi assembramenti, a due senatori arrivati a votazione quasi conclusa e per la cui ammissione del voto è stato richiesto l’ausilio dei video, cosa che a molti ha ricordato l’utilizzo del VAR nel calcio. Insomma, non proprio un bell’esempio.

Ripresa e resilienza

La crisi politica ha per qualche giorno distratto l’opinione pubblica dalle altre crisi, sanitaria, economica e sociale, e da uno dei principali strumenti per provare ad uscirne: il “Next Generation EU”, anche noto come “Recovery Fund”, un fondo approvato dal Consiglio Europeo e predisposto al sostegno economico degli Stati Membri colpiti dalla pandemia di Covid-19, attraverso uno stanziamento complessivo di circa 1800 miliardi di euro. Poco prima della crisi, il Governo Conte ha approvato il piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), un piano di spesa dei fondi, circa 210 miliardi destinati all’Italia nell’ambito del NGEU, che prevede l’allocazione delle risorse in sei “missioni”: 45,1 miliardi in digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura, 67,5 miliardi in rivoluzione verde e transizione ecologica, 32 miliardi in infrastrutture per una mobilità sostenibile, 26,1 miliardi in istruzione e ricerca, 21,3 miliardi in inclusione e coesione, 18 miliardi nella salute. Ad essi si aggiungeranno 13 miliardi del React Eu, 8 miliardi da altri fondi e 80 miliardi del bilancio UE, per un totale di circa 311 miliardi di euro che, secondo le stime, porteranno ad una crescita del PIL del 3% nel 2026.

Cosa c’è da fare

L’Italia avrà quindi a disposizione un grande ammontare di risorse, più di ogni altro paese, ma dovrà essere in grado di utilizzarle nel modo giusto. Molto importante sarà fare in modo che queste risorse non siano fini a sé stesse, ma vengano investite per riformare e rilanciare i settori più sensibili. L’istruzione è un tema di cui si parla spesso ma per il quale non si è ancora fatto abbastanza: il rapporto Istat del 2020 certifica come l’Italia sia sotto la media UE in quasi tutti gli indicatori considerati e come vi sia un notevole divario tra Nord e Sud. Un anno di scuole chiuse e di didattica a distanza ha peggiorato ulteriormente la situazione, ma ora si può cogliere l’occasione per sfruttare le tecnologie a disposizione e modernizzare il sistema scolastico. Il rapporto illustra anche la presenza di forti disuguaglianze, sia nel mondo del lavoro che nel settore della sanità, e anche qui la pandemia ha accentuato le criticità già presenti. L’utilizzo dei fondi dovrà essere finalizzato anche a colmare queste differenze, a migliorare il sistema sanitario, necessità mai come ora evidente, e a sostenere il mondo del lavoro che, dopo mesi di chiusure, farà fatica a riprendersi. Ben 112,6 miliardi sono poi destinati a due obiettivi di lungo termine quali l’innovazione e l’ecologia. Il mondo sta andando in questa direzione, diventando sempre più digitale e “green”, e bisogna evitare di rimanere indietro. Il cambiamento climatico è ancora un grande problema da risolvere, tanto che il 30% dei fondi del NGEU è destinato a progetti dello “European Green Deal”, e per farlo sono necessarie la digitalizzazione e la transizione ecologica del paese. Il lockdown ha costretto milioni di persone ad utilizzare la tecnologia in un modo nuovo, per lavoro e non solo per svago, ed ha avviato un processo, in altri paesi già in stato avanzato, che difficilmente potrà essere arrestato.

Prendere il treno

I fondi europei sono una grande occasione da cogliere al volo, ma devono essere utilizzati al meglio ed ovviamente non saranno sufficienti a risolvere tutti i problemi. Il Covid-19 ha accentuato ed evidenziato le disuguaglianze, le contraddizioni e le difficoltà che già esistevano e che ora non si può più far finta di non vedere. Inoltre, il debito pubblico è cresciuto ancora, arrivando a Novembre alla cifra record di 2500 miliardi, e la sua riduzione sarà una questione che prima o poi bisognerà affrontare. Sebbene aperta dopo l’approvazione del PNRR, la crisi di governo ha messo in luce una scarsa collaborazione ed opinioni contrastanti sul piano stesso. Come evidenziato dal vicepresidente della Commissione europea Dombrovskis, il lavoro da fare è ancora molto e l’instabilità politica non deve essere un ostacolo. L’Italia è il primo beneficiario delle risorse europee e perciò sarà osservata speciale nell’utilizzo delle stesse.

Il “Next Generation EU” è un piano a lungo termine e i risultati si vedranno solo tra qualche anno. Dopo anni di decisioni finalizzate alla massimizzazione del consenso, questa volta la politica dovrà fare scelte a lungo termine, scelte che potrebbero cambiare il futuro dei cittadini di domani. Se i fondi saranno utilizzati bene l’Italia potrà ripartire ed avviare un percorso di crescita. In caso contrario, si sarà perso un treno che difficilmente ripasserà e le prospettive saranno tutt’altro che rosee. Ora è il momento di pensare al futuro e di non ridurre decisioni così importanti a diatribe puramente politiche. Perché, come detto dalla senatrice Bonino durante il suo intervento, il piano si chiama Next Generation, non Next Election.

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