“Se questa guerra, un giorno, dovesse finire, come potrei tornare a fare cose da bambino?”. Possiamo sintetizzare il contenuto di Beasts of no Nation, film del 2015, in quella domanda. Siamo in Africa. È in corso una guerra civile. Così Agu, il giovane protagonista, è costretto a divenire un soldato bambino. Questo film dà certamente spunti di riflessione per trattare un argomento attuale: le guerre civili in corso in Africa.

Il film dà molto rilievo alla violenza che serpeggia tra le foreste di un anonimo Paese africano, violenza che calpesta i diritti di innumerevoli esseri umani, a cominciare da Agu, che vive in un villaggio con la famiglia trascorrendo giornate con la spensieratezza di un bambino. La guerra incombe, però, sul suo villaggio, tanto che la madre, la sorella e il fratello di pochi mesi lo lasciano per spostarsi in capitale, luogo più sicuro. Il padre, il nonno e il fratello maggiore vengono giustiziati non appena arrivano le milizie. Agu riesce a fuggire, ma di lì a poco viene trovato ed arruolato dai ribelli, facenti parte della Ndf (Native Defense Force), che lo costringono a diventare un soldato bambino e a commettere atrocità. Agu vede con i suoi occhi gli orrori di una guerra che sembra non finire mai: la morte, la disperazione, la sofferenza. La sua infanzia non esiste più, così come le sue speranze e i suoi sogni di bambino. Il tempo sembra non passare mai, ma ad un certo punto Agu preferisce arrendersi insieme agli altri ribelli del suo battaglione piuttosto che alimentare altra violenza. Viene soccorso dagli agenti delle Nazioni Unite, che cercano di curarlo dalle ferite che porta sul corpo e nella mente, segnata per sempre dagli orrori della guerra.

È intenso il messaggio che vuole trasmettere il regista, Cary Fukunaga, nato ad Oakland nel 1977. Fukunaga non ci risparmia nulla: tutti i generi di violenza che caratterizzano gli scenari di guerra sono presenti nel film, anzi sono messi in evidenza per smuovere gli animi ormai assuefatti delle persone estranee a queste realtà, che lasciano che il tempo e il destino facciano il loro corso.

Attualmente si sente parlare quasi esclusivamente di una sola guerra, quella causata dall’invasione russa in Ucraina. Questo ci preoccupa molto, perché si svolge in Europa. Purtroppo, non si tratta dell’unico combattimento in corso nel mondo. Se mettiamo il focus anche solo sul continente africano, scopriamo che sono ben 31 i Paesi coinvolti in scontri bellici e 294 sono le milizie-guerrigliere e i gruppi di terroristi, separatisti e anarchici coinvolti. Vediamo cosa accade ad esempio in Mali, dove hanno luogo scontri tra esercito e gruppi di ribelli. Il tutto è iniziato nel marzo del 2012 con un colpo di stato effettuato dal Movimento Nazionale di Liberazione dell’Azawad, territorio settentrionale del Mali. I ribelli sono a prevalenza Tuareg, ma nell’offensiva hanno preso parte anche gli islamisti. Il loro obiettivo, come si intuisce dal nome del movimento, consiste nell’indipendenza e nell’autodeterminazione dell’Azawad. Nel gennaio del 2013, per ristabilire la sovranità del Mali, è intervenuta, su mandato Onu, una forza multinazionale a guida francese. Nonostante i vari tentativi di accordare le varie parti, non è ancora stata raggiunta una situazione di pace. Così il conflitto è tuttora considerato aperto.

Questo conflitto, come accade anche in altri Paesi, non risparmia i bambini, obbligati a prendere parte come soldati. Si stima che nel mondo siano coinvolti 250.000 bambini, i quali, sono costretti a smettere di frequentare la scuola, non hanno accesso all’assistenza sanitaria, sono spesso esposti a situazioni di pericolo di vita, sono soggetti ad abusi sessuali e sfruttamento. In questo contesto, l’Unicef agisce per proteggere i bambini dalle violenze e per tutelare il loro diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo. Sono già stati fatti passi avanti grazie al Protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti dell’infanzia, che aumenta l’età minima per il reclutamento nelle milizie dai 15 ai 18 anni. Fondamentale, però, che chi abusa e sfrutta i bambini venga consegnato alla giustizia per evitare che commetta ulteriori crimini.

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