Il 9 marzo del 2022 si terranno in Sud Corea le elezioni del nuovo Presidente della Repubblica. Secondo la costituzione sudcoreana tale carica può essere ricoperta per solo un mandato, e quindi ogni volta si presentano per la gara nuove personalità.

Attualmente il capo dello stato è Moon Jae-In del Partito Democratico di Corea. La sua presidenza è stata particolarmente importante in questi ultimi anni per ciò che riguarda quello che è sicuramente uno dei temi più sentiti in Sud Corea, ovvero i difficili rapporti con la Corea del Nord. Nel suo mandato, Moon è stato a favore di un maggior dialogo con la controparte del nord, e gli sforzi per organizzare il terzo summit intercoreano della storia si sono concretizzati il 27 aprile del 2018. A questo ne sono poi seguiti altri successivamente, e sono stati discussi temi molto importanti, tra cui spicca la possibile conclusione di un trattato di pace che ponga fine alla guerra di Corea degli anni ’50 (formalmente ancora in corso).

I principali candidati alla presidenza sudcoreana sono due: Lee Jae-Myung del partito del presidente uscente (il Partito Democratico di Corea), e Yoon Seok-Yeol del neonato partito conservatore “Potere dei nazionali”. I due aspiranti presidenti sono delle personalità nuove sulla scena politica di livello nazionale, entrambi con una importante carriera nell’ambito giuridico ma nessuno dei due con una esperienza parlamentare alle spalle. Lee Jae-Myung è un ex avvocato per i diritti umani, che seppur non sia mai stato eletto in parlamento, è stato sindaco della città di Seongnam, ed ha ricoperto la carica di governatore della provincia di Gyeonggi fino alla sua candidatura a Presidente della Repubblica. Il suo avversario, Yoon Seok-Yeol invece è stato un procuratore.

I due hanno un passato molto diverso che potrebbe influire sulla scelta degli elettori, dato che Lee, a differenza del suo avversario, proviene da una famiglia povera. Le tematiche sociali sono molto importanti in Corea. Non stupisce quindi che entrambi i candidati nel loro programma si concentrino sulla lotta alla corruzione. Ci sono anche molte similitudini per quel che riguarda i programmi in politica estera. Entrambi, infatti, attribuiscono un ruolo centrale all’alleanza con gli Stati Uniti, elemento di primaria importanza per la sicurezza sudcoreana. Al tempo stesso i candidati danno importanza al dialogo e allo scambio con la Nord Corea.

Ci sono tuttavia alcuni elementi negli approcci dei due possibili futuri presidenti che differiscono. Queste differenze sono quelle che in futuro determineranno il tipo di postura che la Sud Corea assumerà nel panorama internazionale, soprattutto riguardo le relazioni con i quattro stati a loro più vicini, ovvero Nord Corea, Cina, Giappone e Stati Uniti. Capire le posizioni dei candidati principali in relazione a queste importanti nazioni, potrebbe permetterci di immaginare cosa aspettarci dalla futura politica estera di un paese sempre più importante come la Sud Corea, se una sostanziale continuità o qualche cambiamento importante.

L’eredità di Moon Jae-In

La presidenza di Moon Jae-In durante questi ultimi anni è stata molto importante sotto diversi punti di vista. Innanzitutto, grazie alle politiche di questo presidente il dialogo tra le due Coree è stato incredibilmente vivace e prolifico, permettendo la discussione dei due capi di Stato riguardo questioni molto importanti sulla situazione molto tesa che i due paesi vivono per via del conflitto mai pienamente risolto della guerra di Corea.

Oltre a questo importante merito, Moon è stato particolarmente popolare per la sua lotta contro lo strapotere economico dei chaebol, ovvero quei pochi grandi conglomerati industriali che dominano l’economia sudcoreana (tra questi, i più famosi sono per esempio Samsung, Hyundai motor group ed LG). Negli ultimi anni, dopo che il partito fu colpito da alcuni scandali nel 2019, la posizione del presidente si è nuovamente rafforzata dopo la risposta efficace alla pandemia durante il 2020.

Tutti questi meriti hanno permesso al presidente Moon di riportare, sempre durante il 2020, un importantissimo successo elettorale che ha visto la conquista da parte della sua coalizione della maggioranza dei seggi in parlamento.

Giunti allo scadere del suo mandato, è interessante conoscere i candidati che proveranno a raccogliere questo importante ruolo in una situazione così difficile come quella che si presenta in questo anno. Il perdurare della pandemia rende ancora più complesso il sistema in cui il futuro presidente dovrà svolgere il suo incarico, sapendo che il dialogo con la Nord Corea (per quanto con Moon sembra essere stato più florido) è comunque sempre difficile, soprattutto in virtù della maggior chiusura che la Nord Corea ha assunto per contrastare la diffusione del Covid.

Oltre a questo, la presidenza uscente ha reso la Sud Corea sempre più un partner economico di primo piano per la Cina, ed ha spesso esacerbato le liti storiche con un altro vicino molto importante, ovvero il Giappone. Tutto ciò tocca molto da vicino un altro importante attore della zona, ovvero gli Stati Uniti.

La politica estera dei due candidati

Il programma annunciato dal candidato del Partito Democratico di Corea Lee Jae-Myung è sostanzialmente in linea con quello di Moon Jae-In. Nella sua “unification and diplomacy initiative”, basata secondo il candidato sul valore del pragmatismo, Lee intende attuare politiche che siano in grado di far agire la Sud Corea con i principali attori dell’area a seconda dell’interesse nazionale che viene perseguito di volta in volta. In questo senso la Sud Corea, pur mantenendo centrale la sua alleanza con gli Stati Uniti, sarebbe in grado di assumere una postura più fluida.

Per quel che riguarda il dialogo con la Nord Corea, Lee si aspetta di poter alleggerire alcune sanzioni nei confronti di Pyongyang per incentivare un inizio della denuclearizzazione del paese, che potrebbe portare ad una maggior apertura delle trattative tra le due Coree e gli Stati Uniti. Il candidato del Partito Democratico spera in questo modo di giungere ad una definitiva conclusione della guerra tra le due nazioni.

Per quel che riguarda i rapporti con la Cina, Lee non intende sacrificare l’importante partnership economica instaurata in questi anni con Pechino, ma è stato comunque ribadito dall’ambasciatore Wi Sung-Lac, consigliere per la politica estera di Lee, che l’alleanza con gli Stati Uniti rimane un elemento primario della politica sudcoreana.

Riguardo ai rapporti col Giappone, Lee intende mantenere la distinzione tra la cooperazione economica e tecnologica che si è instaurata tra i due paesi, e le dispute storiche che ancora dividono le due nazioni.

Yoon Seok-Yeol invece oppone un programma che intende rafforzare ancora di più l’allineamento tra Sud Corea e Stati Uniti, dando sempre priorità all’interesse nazionale. La postura da mantenere rispetto alla Nord Corea dovrebbe essere più dura, e Yoon ha anzi criticato l’atteggiamento troppo permissivo del presidente Moon.

Il candidato dell’opposizione pensa che un trattato di pace dovrebbe essere concluso solo dopo una denuclearizzazione del Nord, e che questa debba iniziare senza nuovi incentivi da parte della Corea del Sud. Per questo Yoon spera in una maggior cooperazione con Washington per aumentare il potere deterrente nei confronti di Pyongyang.

Un maggior allineamento con gli Stati Uniti avrebbe anche importanti conseguenze rispetto ai rapporti con Cina e Giappone, provocando un allontanamento da Pechino per avvicinarsi invece a Tokyo, con cui il candidato intende cercare delle soluzioni alle annose problematiche tra i due paesi.

Quale futuro per la Sud Corea?

Queste elezioni presidenziali presentano due candidati particolari. La loro “inesperienza” in politica estera non esclude comunque importanti risultati a seconda delle iniziative che verranno intraprese in futuro dalla Corea del Sud.

Da una parte c’è una posizione in continuità con quella assunta in questi anni, che ha già dimostrato risultati importanti per quel che riguarda l’avvicinamento tra le due Coree, ma che ha anche inasprito vecchi scontri con il Giappone e creato dubbi sulla posizione assunta nei confronti della Cina. Il perseguimento di un trattato di pace con Pyongyang e una stretta cooperazione con la Cina potrebbe comunque essere utile a dare alla Sud Corea un importante ruolo di mediatore tra Pechino e Washington. Dall’altra parte il programma di Yoon aiuterebbe a risolvere problemi storici tra Tokyo e Seoul, e darebbe anche alla Corea un ruolo rilevante nella deterrenza contro la Corea del Nord e forse anche al contenimento delle aspirazioni cinesi nell’area a supporto dei programmi di Washington.

Il ruolo internazionale di questo stato è sempre più importante, non solo per l’esponenziale diffusione del suo modello culturale, ma anche per il crescente peso che sta assumendo nei rapporti tra Cina e Stati Uniti. Un allineamento più ferreo di Seoul con le posizioni statunitensi darebbe maggior forza a Washington nell’area del Pacifico. Potrebbe però essere utile alla stabilizzazione della zona un paese che riesca realmente a mediare le posizioni particolarmente distanti tra i due stati principali.

Chiaramente ognuna delle due proposte ha alcuni svantaggi: la proposta di Yoon potrebbe infatti creare blocchi eccessivamente rigidi, peggiorando i rapporti con Pechino e Pyongyang; l’idea di Lee invece rischia di poter creare confusione sulla reale posizione della Sud Corea sullo scacchiere internazionale, come è avvenuto in questi anni.

I risultati concreti ovviamente si vedranno solamente in futuro, e per adesso anzi le proposte elettorali dei due candidati si basano su tematiche simili e generiche (ad esempio il pragmatismo e l’interesse nazionale), ma in futuro potrebbero dare risultati radicalmente diversi. In ogni caso la Corea è destinata ad avere un ruolo sempre più importante nell’area. Come raccoglierà questa sfida, se con una continuità con il passato o con una nuova linea più decisa, dipenderà dalla scelta degli elettori sudcoreani.

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