Amira (nome di fantasia) è una donna di 40 anni circa originaria del Kurdistan, una delle 31 province dell’Iran, che vive in Italia dal 2018 insieme a suo marito e a sua figlia Azara (nome di fantasia). Ho deciso di mettermi in contatto con lei per farle qualche domanda sulla sua esperienza di immigrata, nel tentativo di mettere in luce cosa si prova a lasciare il proprio paese. Ho trovato la sua testimonianza molto interessante non solo perché permette di focalizzarsi su aspetti che non siamo abituati a considerare quando parliamo di “immigrazione” – primo fra tutti la paura di essere oggetto di discriminazioni – ma soprattutto perché dimostra quanto l’amore per la famiglia e la voglia di riscattarsi renda una donna capace di resistere alle difficoltà e di diventare più consapevole dei propri diritti e delle proprie responsabilità. Vivere in Italia: intervista a una donna immigrata dall’Iran Direttore responsabile: Claudio Palazzi
L’intervista

Quando sei arrivata in Italia e perché hai deciso di lasciare il tuo paese?
“Sono arrivata in Italia nel 2016, per continuare i miei studi a livello di dottorato di ricerca presso l’università La Sapienza di Roma. Tuttavia, sono rimasta in Italia per quattro mesi e poi sono tornata in Iran dalla mia famiglia. Lo stesso è stato per l’anno successivo, quando mi sono fermata a Roma per tre mesi. Nel 2018, invece, ho portato con me anche mia figlia e l’ho iscritta a una scuola italiana perché mi sembrava l’ambiente più adatto per offrirle un’educazione e una formazione più inclusive.
Quindi, il motivo per cui ho preso questa decisione definitiva è stata la volontà di dare ad Azara un futuro migliore di quello che le si prospetterebbe in Iran.”

Com’era la situazione in Iran quando te ne sei andata? E com’è oggi?
“La situazione non era delle migliori, soprattutto per quanto riguarda la libertà individuale delle donne. Dopo la rivoluzione islamica di Khoemini, l’Iran è passato attraverso tanti regimi dittatoriali che hanno segnato il mio paese dal punto di vista culturale e dei diritti umani. E purtroppo non credo che oggi la situazione sia cambiata, anzi, secondo me è anche peggiorata.
Nel 2017 il presidente Hassan Rouhani ha nominato tre donne come vice presidenti dell’Iran e questo suo gesto sembrava dare il via a un cambiamento importante per il ruolo delle donne. Invece non è stato così. Nel governo attuale non ci sono donne ed esistono ancora leggi che limitano la nostra libertà, come l’obbligo di indossare il velo e altri divieti di natura religiosa.”

E’ stato difficile abituarsi a vivere in Italia?
“All’inizio, quando mi trovavo da sola senza mia figlia e mio marito, è stata dura ambientarsi. Soprattutto perché non conoscevo la lingua e mi esprimevo esclusivamente in inglese – cosa che continuo a fare a volte perché ho ancora delle difficoltà nel parlare italiano.”

Ti piace l’Italia?
“Sì, mi piace molto! Amo la sua gente, i suoi luoghi storici, i suoi monumenti e la sua cultura che, nonostante tutto, ha molte affinità con quella iraniana.”

Per esempio?
“Sicuramente l’ospitalità delle persone verso chi è straniero. Nonostante i suoi “difetti” l’Iran è un paese aperto ai turisti e accogliente nei confronti di chi viene a visitarlo. La stessa accoglienza che ho potuto riscontrare da parte degli italiani quando sono arrivata.”

Pensi di essere discriminata per il fatto di essere “straniera”?
“E’ stata la mia paura iniziale quando ho lasciato l’Iran. Temevo di essere giudicata a causa della mia provenienza. Del resto, credo che sia un sentimento condiviso da molti immigrati come me, quello di non venire accettati.
Tuttavia, l’esperienza all’università di Roma mi ha aiutato a ricredermi su questo perché ho vissuto in una situazione di completa parità e sono stata trattata allo stesso modo delle altre studentesse italiane.
Ora che sono laureata mi risulta difficile trovare lavoro e penso che, in questo caso, incida anche il mio “essere straniera”.”

Tua figlia è riuscita a integrarsi facilmente a scuola, con i compagni?
“Azara ama l’Italia ed è stato abbastanza facile per lei abituarsi alla nuova cultura e alla nuova lingua. Le è subito piaciuta la scuola e si è affezionata molto alle insegnanti e ai compagni di classe. Sono sicura che per lei questo sia un ambiente perfetto per crescere e per imparare.”

Pensi che l’Italia rispetti i diritti degli immigrati?
“Non sono sicura che possa valere per altre persone nella mia situazione, però  personalmente penso di sì. Io non mi sono sentita privata di alcun diritto quando sono arrivata in Italia, anche se ho ancora difficoltà a trovare un impiego. La mia provenienza rappresenta sicuramente un ostacolo per certi versi ma posso ritenermi fortunata a non aver mai subito un episodio di razzismo.”

Oggi ti senti integrata?
“Senza dubbio, sì! E questo soprattutto grazie a mia figlia. Vederla così a suo agio a scuola e con gli altri bambini italiani, mi ha dato la forza per affrontare i problemi che comporta l’essere immigrata e mi ha aiutato a mettere da parte ogni timore o paura, facendomi ricordare che il sogno di una vita migliore è un obiettivo importante che tutti dovremmo voler raggiungere. E mi piacerebbe che anche chi nasce in un paese come il mio trovasse il coraggio di cambiare la propria situazione per vivere una vita più dignitosa e ricca di opportunità.”

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