La grande bellezza e la grande “monnezza“: Roma tra Ama e “zozzoni”

Il più grande problema di Roma è che è grande. Grandi sono la sua storia e i suoi monumenti, imponenti ed eterni. Grandi le distanze che collegano i quartieri periferici del nord e del sud. Grandi i numeri delle persone che la abitano, ancor di più quelli delle persone che la vivono. Grandi le quantità di rifiuti prodotti.

Il Covid sembrava aver pulito la città, ma la fine della fase 2 dell’emergenza sanitaria ci ha riportati alla fase 0 dell’emergenza rifiuti. Cassonetti stracolmi e maleodoranti sulle strade dei municipi residenziali, sacchetti e immondizie varie nei vicoli dei quartieri storici.

Come quello di Trastevere, simbolo della mondezza che negli ultimi anni sta sempre più sporcando la bellezza. Inciampare su un sacco nero puzzolente, è facile quanto mangiare una carbonara. Scattando una foto a uno scorcio ederoso, è bene curarsi che nell’obiettivo non finiscano rifiuti ingombranti, cartoni o residui d’organico. Da Ponte Sisto, oltre a San Pietro, non è difficile scorgere inciviltà sulle sponde del Tevere.

Ricercare le origini del male, non è di certo impresa semplice. Ma esplorarlo è missione necessaria. Con l’aiuto di Agostino (operatore ecologico), e con gli occhi di un gabbiano che becca immondizia e arte, ci imbattiamo nella Roma del 2020. Meno turisti e gente in giro; ancora tanta sporcizia. E una domanda irrisolta: di chi è la colpa?

Ama: il rischio fallimento

La municipalizzata addetta alla gestione dei rifiuti della capitale è senza bilancio da tre anni, quando l’ultimo iter di approvazione del consuntivo per l’anno 2017 fu bloccato da una delibera di giunta a seguito dell’inchiesta per falso in bilancio per i mancati versamenti Tari tra il 2014 e il 2016.

Nel corso di una recente seduta nella commissione capitolina Trasparenza convocata appositamente, il direttore generale del Campidoglio Franco Giampaoletti ha aperto la possibilità alla ricapitalizzazione della partecipata pubblica per tirarla fuori dalla crisi finanziaria.

Ad oggi il capitale dell’azienda è pari a circa 182 milioni di euro, ma potrebbe finire sotto il limite di legge previsto per la ricapitalizzazione di 50 mila euro. Se al 31 luglio il patrimonio Ama risulterà azzerato, Roma interverrà direttamente sui conti sempre che entro la prima decade d’agosto l’amministratore unico Stefano Zaghis faccia pervenire al Comune il piano di risanamento previsto dalla legge Madia.

Le inefficienze tra turnover, mezzi vecchi e utenze non domestiche

Oltre a non avere un bilancio, Ama registra numerose mancanze nei mezzi spesso oggetto di incidenti come quelli in via del Fosso dell’Osa, in zona Villa Spada o Villagio Prenestino, ma soprattutto nel personale. Agostino dice “il ricambio di personale è pressoché inesistente” e aggiunge “una delle maggiori difficoltà che riscontriamo nel quotidiano è il sovraccarico lavorativo a causa del poco personale”. Dal 2015 al 2019 sono uscite dal turnover 766 persone, non rimpiazziate.

Ad impedirlo, il regolamento interno di Roma Capitale che fissa un limite di assunzione per periodo già superato nel quinquennio della giunta Alemanno. Ama avrebbe dato ora il via libero informale al piano assunzionale da tempo in discussione: nei primi mesi del 2021, 400 lavoratori dovrebbero rinforzare la squadra operativa. Anche se in una nota, Flavio Vocaturo del Pd Ama ha fatto sapere “il Campidoglio fa slittare la votazione di giunta per dare il via libero alle assunzioni Ama”.

Le difficoltà maggiori si riscontrano nella raccolta delle cosiddette utenze non domestiche che per giunta finiscono per “sovraccaricare il cassonetto”. Affidato il servizio ad aziende esterne più di un anno fa, è rimasto scoperto da aprile su 4 dei 16 lotti in gara, tornati in capo ad Ama.

Dove finiscono i rifiuti di Roma?

Riflettendo sul tema, Agostino dice “non c’è un piano reale e funzionale per lo smaltimento dei rifiuti, né discariche attrezzate. Se ci fossero, la raccolta differenziata a Roma funzionerebbe. Sarebbe indispensabile anche un termovalorizzatore.”

Delle 2 mila e 600 tonnellate quotidiane di indifferenziate prodotte a Roma, circa quattro quinti finisce fuori regione al costo di 200 milioni l’anno su tir che provocano emissioni altamente inquinanti e dannose.

La stoccata sul punto è arrivata anche dal commissario UE all’Ambiente Viriginijus Sinkevicius, che ha detto “la situazione a Roma si fa notare” e che “spedire i rifiuti in altre regioni italiane, seppur legalmente possibile non è la soluzione migliore. Zaghis per tutta riposta ha confermato la tesi del commissario, evidenziando come il Lazio abbia la peggior situazione strutturale d’Italia.

Monte Carnevale e il sequestro del Tmb di Rocca Cencia

Nel piano rifiuti la Regione ha indicato nove aree in cui il Comune di Roma ha facoltà di allestire la discarica di servizio. E il Campidoglio lo scorso dicembre sembrava aver scelto il sito di Monte Carnevale, nonostante l’Ufficio Capitolino Rifiuti e la Procura avessero sollevato dubbi e aperto fascicoli. I comitati dei cittadini hanno intanto fatto ricorso al Tar e poi al Consiglio di Stato che ha rimandato la decisione indietro al tribunale amministrativo. Mentre i tecnici regionali hanno fatto la Vas nell’attesa che la Conferenza dei servizi decida sul tipo d’impianto.

Ad aggravare il quadro è intervenuto il sequestro da parte della Procura del Tmb di Rocca Cencia. Qui arrivano tutti i giorni 700 tonnellate di indifferenziato. Di queste, 200, dopo la separazione dalla parte di rifiuti secca, sono destinate alla trasformazione in Fos, terriccio utilizzato per le operazioni di copertura delle discariche.

Questa parte dell’impianto è stata sequestrata, con l’accusa di gravi mancanze nel processo di lavorazione dell’organico. Trattato male, sarebbe poi stato spedito impuro ad altri siti fuori regione con un procedimento non conforme alle norme e alle prescrizioni dell’Aia. Per il momento il Tmb resta attivo: fermarlo significherebbe aggravare drasticamente la raccolta dei rifiuti a Roma. Ma prima o poi dovrà stopparsi e occorrono delle alternative solide.

Nell’incertezza generale, l’indifferenziato è aumentato anche a seguito dell’ordinanza della Regione del 25 marzo che imponeva ai cittadini di differenziare il meno possibile per evitare di maneggiare scarti contaminati. A proposito, come ha ricordato Zaghis, se la diffusione del coronavirus nel Lazio fosse stato ai livelli della Lombardia, lo smaltimento di rifiuti contaminati avrebbe prodotto il caos.

Da dove vengono i rifiuti?

Nel banale e non, torna sempre la contrapposizione tra il controllo e l’auto-controllo. Manca il senso civico. Si vede nelle cartacce buttate in strada fino ai comportamenti estremi dei cassonetti incendiati ad Appio Claudio, Zona Tuscolano, viale Somalia, Colli Portuensi o a quelli degli “zozzoni” seriali.

Agostino sostiene che la popolazione dovrebbe essere educata a una giusta differenziata. In fondo nei frigoriferi e nelle poltrone accanto ai cassonetti le responsabilità tra chi semina e chi raccoglie si eguagliano. Tanto poi finisce tutto nello stesso posto!

Nell’era post-covid a Trastevere si beve fuori, all’aperto. Bicchieri, cannucce di plastica, mascherine si spargono a macchia d’olio sugli storici sanpietrini. Sugli stessi sanpietrini si accumulano i sacchi neri, gli scatoloni e qualsiasi altro genere di scarto delle osterie in chiusura. Passeggiando si respira ancora la romanità intrisa nelle pareti e nei piatti della tradizione, che il lezzo dell’immondizia però tenta di subissare.

Intanto in periferia, i cassonetti dei quartieri residenziali strabordano, provocando quasi un senso di asfissia. Roma è quella città dove ti imbatti in Castel Sant’Angelo con la stessa facilità che in un mucchio di sacconi neri e rosa. Tanti i nodi da sciogliere, che ne dite di iniziare dai nostri?

Direttore responsabile: Claudio Palazzi

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