Io credo soltanto nella parola. La parola ferisce, la parola convince, la parola placa. Questo, per me, è il senso dello scrivere.

Questo affermava Ennio Flaiano, tra le altre cose giornalista e critico cinematografico, riguardo il potere della parola. Il “senso dello scrittore, dunque, risiede nella piena consapevolezza, padronanza e gestione dell’inestimabile potere del linguaggio, al contempo specchio del nostro presente e finestra oltre la quale affacciarsi verso la propria realtà storica, culturale e sociale. E’ responsabilità deontologica di chiunque faccia del linguaggio il proprio mestiere, preservare tale senso. Media e discriminazione linguistica: guida all’uso delle terminologie LGBT+ Direttore responsabile: Claudio Palazzi
Tuttavia – sin dai primi tempi della sua comparsa nel mirino dei media giornalisti, divulgatori culturali, attivisti, hanno condotto e conducono tutt’ora una narrazione tossica e fuorviante della realtà LGBT+, qualsiasi sia la sua declinazione: dai più controversi e violenti casi di cronaca a sfondo omotransfobico alla “semplice” presenza di personaggi LGBT+ nel mondo dello spettacolo, dello sport, dell’intrattenimento televisivo

Tale fenomeno è una prassi radicata da tempo, eco delle ormai (si spera) lontane (ma neanche troppo) censure. Nei suoi risvolti più recenti, ad esempio, l’attrice transessuale Vittoria Schisano viene definita da alcuni articoli online come “il trans napoletano” che corona il sogno di partecipare al programma televisivo Rai Ballando con le Stelle; analogamente, la recente narrazione di cronaca del tentato omicidio del ragazzo trans Ciro Migliore e dell’omicidio della sua fidanzata Maria Paola Gaglione è stata costellata di definizioni improprie (“coppia lesbica”) ed un sistematico uso scorretto dei pronomi femminili.

Il linguaggio come specchio della discriminazione

La mancanza di un uso corretto della terminologia da parte di chi le parole dovrebbe selezionarle accuratamente, divulgando cultura di mestiere, è sintomo di una realtà molto più ampia e grave della semplice mancanza di professionalità: la totale assenza di sensibilità e interesse verso tematiche e problematiche ancora considerate di serie B.
Il linguaggio, dunque, si fa specchio di una mancata, basilare, informazione e diviene mezzo, spesso inconsapevole, di discriminazione verso una comunità che lotta per la rivendicazione della propria identità e la conquista di una realtà sociale che, al contrario, discrimina, minaccia, offende, mortifica, uccide. Per il solo rifiuto del diverso.

Ecco, dunque, una guida introduttiva alle basilari terminologie LGBT+, per destreggiarsi correttamente in una narrazione inclusiva che abbracci ogni delicata e dignitosa sfumatura della realtà arcobaleno e, finalmente, eliminare la discriminazione dal linguaggio in primis e, ottimisticamente, dalla realtà di cui è specchio. 

Alcune premesse: identità di genere, orientamento sessuale e ruolo di genere

Prima di addentrarsi nel vivo della realtà LGBT+ è necessario definire i contorni di una prima, essenziale, distinzione: identità di genere, ruolo di genere e orientamento sessuale riguardano aree ben distinte della personalità di un individuo (l’identità, il ruolo ricoperto all’interno della società e la sessualità).  

Il senso d’appartenenza e la conseguente identificazione con uno o più generi (uomo, donna, altro) si definisce come identità di genere. Essa è indipendente dal sesso biologico assegnato alla nascita (generalmente maschile e femminile).
Si parla di persona cisgender quando il genere con cui ci si identifica corrisponde al sesso biologico con cui si nasce: una donna cisgender, ad esempio, nasce in un corpo femminile a livello biologico (possiede, dunque, caratteristiche sessuali primarie e secondarie femminili) e si identifica nel genere femminile.
Si parla di condizione transgender, invece, in assenza di concordanza fra identità di genere e sesso biologico.

Il ruolo di genere, invece, si definisce come l’articolazione di una serie di norme comportamentali ed espressive legate all’esteriorità (atteggiamento, abbigliamento, modo di parlare, taglio di capelli…), associate storicamente, culturalmente e socialmente al genere maschile o femminile.
E’ indipendente dall’identità di genere e dall’orientamento sessuale: una ragazza cisgender ed eterosessuale può avere, ad esempio, un atteggiamento stereotipicamente più mascolino e ricoprire, dunque, un ruolo di genere maschile.  

L’orientamento sessuale, infine, consiste nelle due principali distinzioni, legate alla sfera sessuale dell’individuo: da quanti e quali generi si è attratti e in che modalità.

L’orientamento sessuale si declina in una serie di molteplici distinzioni che, assieme alla condizione transgender, sono accomunate all’interno della sigla LGBT+.

LGBT+

L’acronimo LGBT+ è un termine collettivo che si propone di includere all’interno di una stessa comunità una serie di subculture caratterizzate da specifici orientamenti sessuali e identità di genere, in condizioni di minorità statistica rispetto all’eterosessualità (attrazione verso il genere opposto) e la condizione cisgender.

La nascita dell’acronimo affonda le proprie radici in un fenomeno sociale, storico e culturale che, a partire dal secondo dopoguerra, si evolve abbracciando diverse decadi del secolo scorso: nascono e si sviluppano le forme embrionali del moderno attivismo, dei movimenti di emancipazione e difesa dei diritti di diverse minoranze.
A partire, dunque, dalla rivoluzione sessuale degli anni ‘60 e l’affermarsi dei movimenti d’emancipazione omosessuale e transgender – attraverso una serie di proteste e rivolte tra cui la sommossa della Compton’s Cafeteria (1966) ed i più celebri Moti di Stonewall (1969) – si è concretizzata una sistematica ricerca di una terminologia non-dispregiativa che includesse la “non-eterosessualità” e la condizione transgender nelle loro eterogenee sfumature. La ricerca confluisce nella nascita delle prime sigle: LGB ed LGBT.

L : lesbians (lesbiche). Persone di genere femminile il cui orientamento sessuale consiste nell’attrazione verso lo stesso genere.
G: gay (omosessuali). Persone di genere maschile il cui orientamento sessuale consiste nell’attrazione verso lo stesso genere.
B: bisexuals (bisessuali). Persone il cui orientamento sessuale consiste nell’attrazione verso più generi. Include i pansessuali, la cui attrazione verso qualcuno è indipendente dal genere.
T: transgender. Termine-ombrello che racchiude coloro la cui identità di genere non corrisponde al sesso biologico.

Il termine ha via via incluso più subculture ad oggi rappresentate dal simbolo +”. Tra le principali:

Q: queer. Termine-ombrello con cui sono indicate tutte le persone della comunità (chiunque non sia eterosessuale o cisgender). E’ spesso utilizzato da chi non ama definirsi all’interno di categorie o etichette.
La Q indica anche “Questioning”: coloro che si interrogano sul proprio orientamento sessuale o sulla propria identità di genere, intuendo di essere queer
I: intersex (intersessuali). Persone le cui caratteristiche sessuali primarie e secondarie non corrispondono al binarismo maschile-femminile a livello biologico.
A: asexuals (asessuali). Termine-ombrello che racchiude coloro la cui attrazione verso qualsiasi genere è assente o presente solo in alcune condizioni specifiche (come nel caso della demisessualità).
L’asessualità è spesso erroneamente associata all’astinenza sessuale o l’assenza di libido: sono molti gli individui asessuali a provare desiderio e/o decidere di avere rapporti sessuali.

Transgender, transessuali, travestiti e drag queen

Nella narrazione mediatica la condizione transgender è la più controversa a livello terminologico: gli errori più frequenti sono legati all’utilizzo dei pronomi e all’affibiazione impropria dei termini “transgender”, “transessuale”, “travestito”, “drag queen”, i quali si riferiscono a realtà molto diverse, erroneamente unificate.

 Il termine transgender, ormai lo sappiamo, indica una condizione di non-concordanza tra identità di genere e sesso biologico. Essendo un termine-ombrello, abbraccia ogni declinazione del caso: si parla di FtM (female-to-male) in presenza di identità di genere maschile in un corpo biologicamente femminile; analogamente una MtF (male-to-female) ha un’identità di genere femminile in un corpo il cui sesso biologico è maschile.
E’ incluso, inoltre, lo spettro non-binary (non-binario): una serie di identità di genere non ascrivibili all’interno del binarismo maschile e femminile

Per transessuale, invece, si intende una persona transgender sottoposta alla transizione: un percorso lungo e controverso, attraverso il quale ci si allontana dal ruolo di genere relativo al proprio sesso biologico, per vivere pienamente nell’identità di genere a cui realmente si sente di appartenere.
La transizione in Italia si compone di diverse tappe suddivisibili principalmente in interventi fisici (terapie ormonali e/o operazioni chirurgiche di vario tipo) e percorsi burocratici per l’ottenimento del cambio anagrafico di nome e genere. L’assolvimento di tali step non è obbligatorio: è da concordare caso per caso con l’appoggio di un’equipe di professionisti (psichiatri, giudici, avvocati ed eventualmente medici e chirurghi).

Dr Frank N. Furter (Tim Curry) - The Rocky Horror Picture Show | 39 Guys Who Sparked Your Sexual Awakening
Lo scienziato Frank-N-Furter del musical “The Rocky Horror Show” (1973) è un crossdresser

Travestito e Drag Queen, infine, sono due termini indipendenti dalla condizione transgender: anche una persona cis può travestirsi o fare la Drag di mestiere. Per Crossdressing (o travestitismo), infatti, si intende l’abitudine di indossare capi d’abbigliamento ricondotti socialmente e culturalmente al genere opposto.

What are your favorite looks from each of the AS3 girls during their time on Drag Race? - Album on Imgur
Spaccato di un’esibizione della Drag Queen Kennedy Davenport


La
Drag Queen, invece, è una vera e propria professione artistica: un personaggio di intrattenimento in vesti e atteggiamenti femminili, dall’aspetto volutamente estroso, provocatorio, appariscente, parodico.

L’utilizzo dei pronomi e l’importanza del chiedere

L’utilizzo dei pronomi dovrebbe essere sempre dettato dall’identità di genere, non dal sesso biologico o dal ruolo di genere, a eccezione delle Drag Queen che, essendo personaggi femminili, necessiterebbero dell’uso di pronomi femminili (anche se a recitare è un uomo, cis o trans che sia).

Quando ci si riferisce ad una persona transgender è l’identità di genere, dunque, ad indicare il pronome giusto: una MtF è una donna a tutti gli effetti, a cui si dovrebbero attribuire, quindi, pronomi e articoli femminili (“lei”, “le”, “la”, “una”…); analogamente un FtM è un uomo, a cui si attribuiranno pronomi e articoli maschili (“lui”, “gli”, “il”, “un”…).
Nel caso delle persone non-binarie, in assenza del neutro (come nel caso della lingua italiana) sarebbe compito dell’interlocutore assicurarsi di chiedere quale sia il pronome più adeguato da utilizzare. 

Analogamente, nel riferirsi a una persona crossdresser non bisognerebbe essere fuorviati dal ruolo di genere che l’abbigliamento incarna: è ancora una volta l’identità di genere a determinare l’uso del pronome. Anche qui, in caso di incertezza, basterebbe chiedere.

Chiedete educatamente, ascoltate quello che hanno da dire e rispettate le loro risposte. È un principio e un approccio alla vita che vi porterà molto lontano, e non solo con la comunità transgender
Jane Fae (giornalista e attivista)

Direttore responsabile: Claudio Palazzi

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