A Roma il trasporto pubblico è da anni tema infuocato di dibattito. Le criticità e le polemiche sono state acuite dalla pandemia. I mezzi pubblici sono considerati da molti come luoghi di assembramento. Effettivamente per mesi si sono susseguite immagini e testimonianze di grandi affollamenti sulle metro e gli autobus in ogni angolo della capitale, specialmente nelle ore di punta. La situazione è sembrata decisamente peggiorata nelle settimane di ottobre, quando i contagi tornavano a salire vertiginosamente e il Governo cominciava a operare delle restrizioni in molti settori della società economica. Mezzi di contagio? La situazione trasporto pubblico a Roma Direttore responsabile: Claudio Palazzi
La domanda sui social era sempre la stessa: “e allora i mezzi…?”, domanda che ignora che il trasporto pubblico rappresenta un bene universale dal valore inestimabile, impensabilmente sopprimibile. Ciò premesso, è altrettanto vero che tra settembre e ottobre, con le scuole aperte, la fine dell’estate e la ripresa della stagione lavorativa in presenza, la situazione sui mezzi pubblici di Roma era diventata oggettivamente insostenibile. Le risposte dell’amministrazione erano state pressoché nulle: a ottobre 2019 per le strade di Roma c’erano 1.458 mezzi al giorno, di cui 1.386 bus e 72 tram. A ottobre 2020 sono uscite in media 1.429 vetture, di queste 1.364 erano i bus e 65 i tram.

I numeri prodotti dalla Cgil di Roma e Lazio parlano chiaro: rispetto allo scorso anno, quando non c’era l’emergenza Covid, il trasporto pubblico di superficie poteva contare su un numero maggiore di mezzi in azione. Tutto questo nonostante siano arrivati 150 nuovi autobus e sono pure scattate le norme sul distanziamento.

Dal 6 novembre 2020, in ottemperanza all’ultimo Dpcm, sono cambiate le regole di utilizzo del trasporto pubblico: ogni tipologia di mezzo di trasporto pubblico ha l’obbligo di viaggiare al 50% della capienza. Siamo andati a vedere qual è la reale situazione nelle stazioni metro e negli autobus della capitale: abbiamo passato una giornata sulle banchine e le fermate di Roma, intervistato personale Atac, addetti alla sicurezza nelle stazioni, conducenti Atac, conducenti degli autobus privati prestati al pubblico e, soprattutto, le persone che quotidianamente continuano a utilizzare i mezzi pubblici.

(Roma, Metro A, ottobre 2020)

Il Comune, seppur con considerevole ritardo, ha provato a rispondere: dal 9 novembre sono stati messi a disposizione 70 autobus turistici Gran Turismo che copriranno otto tratte urbane.Il potenziamento riguarda le linee 070 (Eur-Ostia), 246 (Cornelia-Malagrotta) 246p (Cornelia-Castel di Guido), 515 (Anagnina-Ciampino), 709 (Eur-Casal Palocco), 731  (Spinaceto-Trigoria), 795 (Trigoria-piazzale Dino Viola), 118 (Ippodromo Capannelle-piazza Venezia), gestite dal consorzio Roma Tpl. Contemporaneamente al servizio dei bus turistici, Atac ha previsto il potenziamento delle linee bus H-058-40-64-80-105-201-337-409-451-542-556-671-766-913, ma non sono state introdotte tratte sostitutive.

Nelle piazzole antistanti le stazioni di Roma Sud abbiamo trovato un buon numero di questi autobus turistici nel pieno delle loro funzioni. Flixbus, Troiani, Trotta, tutti pullman che siamo abituati a vedere in giro per i luoghi turistici della città e che ora sono arruolati a pieno orario nel servizio di trasporto pubblico della capitale.

(Roma, stazione Eur Fermi)

La situazione sugli autobus sembra sotto controllo: l’obbligo di capienza al 50% è sicuramente più semplice da rispettare rispetto alla metro. Un problema potrebbe essere la differenza strutturale degli interni dei bus privati rispetto a quelli pubblici. Le vetture Atac hanno spazi maggiori tra i sedili e sono predisposti a poter contenere eventuali persone in piedi. I pullman turistici hanno invece file meno distanziate tra loro. Inoltre, in caso di eventuale sovraffollamento rispetto alla capienza massima del 50%, sembrano decisamente meno inclini a garantire spazi. Il problema non si porrebbe se vi fossero figure predisposte al controllo e con potere di intervento. Ma sia sul trasporto in superficie, dove almeno la viva voce dell’autista potrebbe fungere da deterrente, che sulle linee metro, dove la situazione è decisamente più critica, come avremo modo di vedere.

(Roma, piazzale degli autobus Stazione Termini)

Il costo del biglietto non ha subito alcun sovraprezzo e i passeggeri potranno scegliere indistintamente di viaggiare sui classici mezzi Atac o su quelli affettati ai privati. Altra piccola differenza, questa volta a vantaggio dei pullman turistici, è la presenza a bordo del distributore automatico del gel per sanificare le mani, completamente assente sulle vetture pubbliche. Non solo, non vi è traccia di distributori automatici di sanificazione tutte le stazioni e i mezzi della capitale. Per quanto riguarda invece la sanificazione dei mezzi, il personale Atac e i conducenti ci fanno sapere i mezzi di superficie e i treni vengono sanificati da alcune ditte al termine di ogni giornata, appena arrivati al deposito.

(Roma, Metro A)

Cominciando il nostro giro per le stazioni metro della capitale abbiamo riscontrato come si sia rimodellata l’accessibilità ad alcune aree delle stazioni. L’utenza viene canalizzata in dei percorsi che conducono direttamente alle banchine. Se in alcune situazioni la creazione di percorsi è apparsa inevitabile, nelle stazioni più piccole, l’elisione di grandi parti delle aree interne alle infrastrutture sembra in qualche modo favorire degli assembramenti. La strategia della canalizzazione potrebbe essere vincente se ci fosse una reale contingentazione dei passeggeri, con del personale addetto ai controlli e a “dirigere” il traffico interno alle stazioni. Ma visto che ciò non avviene, e che sarebbe difficile immaginare di poter far attendere altri 5 o 10 minuti ad un passeggero che alle 7 e 30 del mattino prende la metro e rischia di fare tardi a lavoro, la scelta di vietare l’accesso in alcune aree delle stazioni più piccole potrebbe avere alcuni risvolti negativi.

(Roma, stazione Eur Fermi)

Nelle stazioni più grandi dove questa misura potrebbe avere un effetto sicuramente più benefico, il problema sembra la solita, inadeguata risposta alle necessità di manutenzione del bene pubblico. Molte delle scale mobili della stazione Termini sono fuori uso, e alcune di queste, ci dicono, da settimane. Sembra ovvio che il requisito minimo per canalizzare in maniera stringente il traffico interno alle stazioni sia quello di garantire il funzionamento degli strumenti che garantiscono l’effettiva canalizzazione in sicurezza delle persone.

(Roma, Stazione Termini)

All’interno delle stazioni dei fogli sui muri indicano i percorsi ai passeggeri. Ci dicono che dovrebbe essere presente in ogni stazione del personale Atac con compiti di controllo e intervento. Ma del personale non vi è traccia. Gli unici addetti ai lavori che incontriamo sono gli uomini della sicurezza Italpol, lavoratori nelle stazioni a cui non è stata data alcuna nuova possibilità di intervento e controllo sulle nuove disposizioni. La mancanza di controllo, come accennato in precedenza, si estende anche sui treni. E se negli autobus vengono almeno indicati esplicitamente i posti in cui è vietato sedersi, nelle metro tutto viene lasciato alla discrezionalità e al buon senso dei passeggeri.

(Roma, stazione San Giovanni)

Per quanto riguarda le banchine, dei segni blu sul pavimento posti a distanza di un metro dovrebbero aiutare a mantenere il distanziamento. A parte i tentativi più o meno pittoreschi di evitare assembramenti, il problema reale è che molte delle banchine sono insufficientemente ampie per poter garantire il distanziamento nell’attesa dei treni, specialmente nelle ore di punta. E questo può diventare un problema soprattutto nelle stazioni più affollate in rapporto alle loro dimensioni. situazioni di particolare criticità si riscontrano nella stazione della metro a San Giovanni. La stazione piccolissima, centrale e con un’utenza sovradimensionata.

(Roma, stazione San Giovanni)

Diventa quindi decisivo lo spazio di tempo che intercorre tra un treno e l’altro. Se, come nel nostro caso, succede che passano dieci minuti tra due treni della stessa direzione inevitabilmente il mezzo si affolla e risulta impossibile viaggiare a capienza dimezzata. Ci è capitato mentre stavamo aspettando una metro direzione Anagnina, verso le cinque del pomeriggio sulla stretta banchina della stazione San Giovanni. È impensabile chiedere di dimezzare la capacità dei mezzi pubblici e permettere che trascorrano dieci minuti tra una metro e l’altra, per lo più senza alcun tipo di controllo attivo sui mezzi e nelle stazioni.

(Roma, Metro A)

Alcuni pendolari ci fanno sapere che rispetto alle scorse settimane, quelle prima della disposizione merito alla capienza dimezzata dei mezzi di trasporto pubblico, la situazione è sensibilmente migliorata. Da quello che abbiamo potuto vedere, tale miglioramento è stato conseguenza del fatto che, a causa delle restrizioni e di una crescente paura generale, molte meno persone utilizzano i mezzi pubblici. È bastato che, in un semplice pomeriggio verso le cinque, due treni siano passati con qualche minuto di scarto per rendere totalmente inutile ogni altro tipo di precauzione e per sforare largamente la capienza consentita piccola come si evince dalle foto. Più che seri interventi di potenziamento e prevenzione, la strategia sembra essere quella di affidarsi alla buona sorte: non resta che sperare che meno gente possibile si li trovi nella situazione di dover utilizzare i mezzi pubblici della capitale.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here