Il film Nomadland: la vita oltre i confini della società Direttore responsabile: Claudio Palazzi
Vivere come un nomade nel 21esimo secolo: un camper, pochi beni essenziali, lavori stagionali e nessuna certezza: come ci si ritrova a scegliere una vita simile? E’ il tema del film “Nomadland”, con Frances McDormand e David Strathairn. scritto e diretto da Chloé Zhao, e vincitore di un Golden globe per miglior film drammatico e miglior regista. Nomadland: la vita oltre i confini della società Direttore responsabile: Claudio Palazzi
Tratto dall’omonimo libro di Jessica 
Bruder, una giornalista statunitense, “Nomadland: Surviving America in the Twenty-First Century” è un libro d’inchiesta per la cui stesura la Bruder ha raccolto centinaia di interviste nell’arco di un periodo di 3 anni, immergendosi nella vita da nomade e imparando a conoscerne le dinamiche: la giornalista ha seguito, in particolare, Linda May, una donna che appare anche nel film nel ruolo di se stessa per raccontare la sua storia.

Il film narra la storia di Fern, una magnifica Frances McDormand, anche coproduttrice della pellicola; a lei si affiancherà, in vari momenti, David Strathairn, nel ruolo di Dave.

Fern è una donna sulla cinquantina che, dopo la morte del marito, ha venduto tutti i suoi beni per comprare un furgoncino usato (al quale ha dato il nome “Vanguard”) e vivere da nomade. La storia di Fern si intreccia con quella di altri nomadi reali, che nel film interpretano sé stessi, andando a sviscerare alcune delle ragioni che li spingono a condurre un tipo di vita così radicale.

Ma fino a che punto una vita del genere rappresenta una scelta?

Secondo le interviste della giornalista sono davvero pochi quelli che la scelgono per la volontà di ritrovare una connessione con la natura o per allontanarsi dalla società, molti altri, invece, per la maggior parte, sono persone di oltre i 50 anni, che si sono ritrovate senza lavoro ed in gravi difficoltà economiche, come conseguenza della Grande Recessione.

La protagonista del film, Fern, si è ritrovata a perdere il lavoro proprio a causa della crisi dei subprime che ha portato, tra le altre cose, la United States Gypsum Corporation, a chiudere il complesso industriale di Empire, in Nevada, nel 2011, azienda in cui la donna lavorava nell’ambito delle risorse umane.

I subprime e la Grande Recessione

I subprime sono quei prestiti, sotto forma di mutui e finanziamenti, che le banche garantivano a soggetti non in grado di offrire garanzie, sottoscritti a tassi più elevati rispetto a quelli di mercato a cui non avrebbero potuto avere accesso. Si trattava di operazioni ad alto rischio, considerato, appunto, che i singoli ai quali venivano concessi i finanziamenti non erano poi in grado di saldare il debito, condotte a partire dal 2006.

Le banche coinvolte in queste operazioni, che negli USA hanno riguardato fondamentalmente il campo immobiliare, non avendo alcun rientro monetario, non sono più state in grado di garantire i depositi dei risparmiatori, che non sono rappresentati solo dai singoli cittadini, ma anche da interi Stati che ne hanno acquistato il credito, rivendendolo ad ulteriori Stati. Questa situazione ha quindi provocato un crollo dell’economia prima negli Stati Uniti e poi, a effetto domino, in Europa fino a coinvolgere il resto del mondo, con effetti di grande rilevanza ancora non superati a ben oltre un decennio di distanza. Ed è stato più che evidente nell’ultimo anno, quando gli strascichi della Grande Recessione si sono fatti sentire maggiormente, rivelando un’economia ancora fragilissima di fronte ai nuovi bisogni dettati dalla pandemia: conseguenze dirette, quindi, allora, e nuove ed inaspettate conseguenze indirette ora, e non di minore importanza. Nel film-inchiesta la questione subprime non viene affrontata direttamente, se non con fuggenti riferimenti, ma aleggia su tutto il suo svolgimento.

La vita nomade

Nomadlandmostra le condizioni in cui sono costretti a vivere i nomadi del nuovo millennio: il film si apre con Fern che svolge il primo dei tanti lavori stagionali, in una filiale Amazon; si tratta di lavori prevalentemente inadatti all’età media della maggior parte dei nomadi, essendo questi perlopiù in età avanzata o addirittura pensionabile e ritrovandosi a svolgere lavori che richiedono grande resistenza e spesso anche una considerevole forza fisica. Anche le condizioni di vita sono tutt’altro che facili: vivere in un furgoncino significa, per esempio, non avere un vero e proprio bagno, con tutte le problematiche che ne derivano, oppure dover sapere quali sono i posti sicuri in cui parcheggiare di notte, dove poter andare, dove cercare lavoro.

Tuttavia il film non si esime dal mostrare anche l’esistenza di una fitta rete di solidarietà tra i nomadi, pronti ad aiutarsi in ogni evenienza, scambiandosi consigli ed oggetti, ma soprattutto essendoci gli uni per gli altri, in piena disponibilità, in caso di necessità: seppure abbandonati dalla società e disillusi da questa, essi sono pronti a darsi conforto a vicenda, a non perdere la propria umanità, ma anzi a rafforzarla. Soprattutto nelle scene dedicate al Rubber Tramp Rendezvous promosso da Bob Wells, ossia il più grande raduno annuale di nomadi che si tiene a Quartzsite, in Arizona dal 2010, dove si svolgono serate di intrattenimento, eventi, ma anche vere e proprie lezioni di sopravvivenza, in cui i nomadi si scambiano consigli e stratagemmi volti a facilitare la vita sulla strada.

Una vita solitaria, ai confini della società, con regole diverse da quelle a cui siamo abituati, ma non una vita senza dignità e senza gioia. Uomini e donne che hanno perso tutto, ma sono stati capaci di costruire qualcosa di nuovo e trovare più di quanto avevano perduto, dando vita a connessioni e relazioni che dimostrano quanto gli esseri umani siano capaci di lottare e risollevarsi anche quando viene loro tolto tutto ed insegnano che la società esiste laddove ci sono persone pronte a cooperare, ad aiutarsi e a dare valore a tutto ciò che sono in grado di creare.

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