Un Natale anormale. Nonostante gli sforzi messi in campo per salvarlo, il Natale appena trascorso verrà ricordato come il più anormale; diverso; vincolato da restrizioni mai viste prima. La pandemia ha reso il Natale una festività (a)normale, modificando profondamente le abitudini degli italiani. Un Natale (a)normale: cronache di una festività inusuale Direttore responsabile: Claudio Palazzi
Alla normalità della corsa all’ultimo dono; delle cene con parenti ed amici; della chiassosa allegria, si è sostituita la normalità di Covid-19, il virus che circa un anno fa cominciava a far parlare di se. Giungevano lontane le notizie circa questa nuova malattia respiratoria acuta, come se noi ne fossimo immuni. Come se fossimo protetti. Comparso in una piccola città della provincia dell’Hubei, Wuhan, il virus avrebbe costretto i cinesi ad istituire il primo lockdown al mondo esattamente un mese dopo. Oggi, a distanza di quasi 365 giorni, il mondo intero fa i conti con ciò che quel parassita o
bbligato ha portato con se. Con quella sua fastidiosa, normalissima prerogativa di infettare l’ospite per poter vivere, ha costretto i governi di tutto il mondo a fermare i propri paesi per un anno intero, nel tentativo di salvare quante più vite possibili.
L’economia è cambiata; noi siamo cambiati;  le nostre abitudini sono cambiate. Ciò che consideravamo normale si è trasformato in anomalia ed è stato sostituito dalla normalità del virus. Una normalità fatta di contagi, incubazioni, morte. Con il Dpcm del 3 novembre e l’istituzione di tanti lockdown localizzati, si sperava di poter salvare almeno quest’ultima parte dell’anno. Abbiamo creduto fino all’ultimo momento che sarebbe stato possibile donare un po’ di respiro ad un’economia fiaccata e riprendere quei rapporti umani che tanto ci sono mancati. Abbiamo creduto fino all’ultimo momento di poter tornare a camminare per le strade illuminate a festa, guidati come i Magi da comete al neon. Speravamo che l’abbraccio di un parente, di un amico, di un collega, ci avrebbero restituito un po’ della nostra normalità.
Ma non è stato così. Il bilancio è pesante. Nel giorno di Santo Stefano, Codacons ha confermato un drastico calo dei consumi. Gli italiani hanno speso il 20% in meno rispetto al 2019, con una perdita di circa 2 miliardi di euro. A ridursi è stata la spesa per le decorazioni domestiche e persino i generi alimentari hanno visto un calo del 10%. Il 28 % degli italiani non ha acquistato alcun regalo. Resistono solo giocattoli e Hi-Tech. Complessivamente la spesa degli italiani per regali, decorazioni e alimentari ha subito una contrazione di circa 2 miliardi di euro rispetto allo scorso anno, con un esborso a famiglia che passa dai 386 euro del 2019 ai circa 308 euro del 2020. Riduzioni significative da attribuire sia alla mancanza di soldi nei conti correnti degli italiani, già provati dal precedente lockdown e dalle Cassa Integrazione mai ricevute, sia all’impossibilità di riunirsi in gran numero.
Un Natale (a)normale: cronache di una festività inusuale
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Il Decreto Natale del 18 dicembre ha infatti varato una zona rossa per i giorni festivi e prefestivi nel periodo dal 24 dicembre al 6 gennaio. Sono scattate la serrata totale di bar, ristoranti e negozi e il divieto di circolazione anche all’interno del proprio Comune. Ammessi solo due non conviventi per visite private. Una decisione sofferta, pesante, ma necessaria.  Il giorno di Santo Stefano si sarebbero contati 10.467 contagi e 261 vittime. E’ la normalità del contagio che si sostituisce alla normalità della convivialità. E’ il nostro Natale (a)normale. Il nostro Natale intimo, silenzioso, malinconico, passato a vegliare la venuta del vaccino. Le prime dosi sono state distribuite il 27 dicembre a medici, infermieri e personale sanitario, dando inizio alla campagna d’immunizzazione in tutta Europa. Obiettivo: raggiungere al più presto l’immunità di gregge al SARS-CoV2. La campagna vaccinale ha preso il via in mattinata all’ospedale Spallanzani di Roma.
La professoressa Maria Rosaria Capobianchi, l’infermiera Claudia Alivernini e l’operatore Omar Altobelli sono stati i primi in Italia a ricevere il vaccino Pfitzer-Biontech. Seguirà il restante personale sanitario  poi gli anziani, i soggetti più fragili e infine la popolazione tutta. La speranza è tanta. Sentiamo il bisogno di riappropriarci delle nostre vite, di riacquistare le nostre abitudine e tornare ad abbracciarci. Abbiamo bisogno di rivedere i nostri cari, di tornare a coltivare i nostri affetti e sostituire alla normalità del contagio e del lutto convivialità e sicurezza. Attendiamo trepidanti le settimane che verranno; fremiamo dal desiderio di sapere se il vaccino funzionerà; speriamo. Ed è con questa speranza che ci lasciamo alle spalle il Natale. Il nostro Natale (a)normale.

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