“Vendo Bagnoli: chi la vuol comprare?
Colline verdi, mare blu
Avanti chi offre di più
Ma che occasione
Ma che affare”
– Edoardo Bennato
Bagnoli è uno dei quartieri di periferia ad ovest del golfo di Napoli, vittima dell’ambizioso progetto di industrializzazione dell’instabile Italia del ‘900, unita da poco e poi colpita dalle Guerre mondiali. Di questo progetto rimane l’enorme scheletro arrugginito dell’ex area siderurgica delle acciaierie dell’Ilva (all’epoca Italsider), che si impone sinistro sul paesaggio, simbolo del profondo stato di abbandono che caratterizza ancora oggi il quartiere. Direttore Claudio Palazzi
L’ex area siderurgica delle acciaierie dell’Ilva oggi. Credits
«La nuova Bagnoli è il sogno di tutta la mia vita. Ho sempre sperato di vedere l’area di Coroglio restituita alla sua vocazione turistica», afferma Bennato nel suo sito ufficiale in una sezione dedicata.
Il quartiere è oggetto di promesse di riqualificazione da decenni: la forte e visibile natura vulcanica dei suoi paesaggi e il panorama suggestivo che l’intera area di Coroglio regala, non si discostano eccessivamente dal vicino e ben più noto quartiere di Posillipo, dall’inestimabile magnetismo turistico.
La Bagnoli industriale: dalla nascita alla decadenza
L’area siderurgica di Bagnoli nasce nel 1905 sulla base di un piccolo impianto industriale del XIX secolo di soli 120 ettari. Protagonista di un programma più ampio di infrastrutturazione del Mezzogiorno, la sua centralità nel panorama industriale italiano è dipesa dalla Legge speciale sullo sviluppo di Napoli e dall’approccio fortemente interventista dell’economista Francesco Saverio Nitti.
Ma già nel 1973 l’intera siderurgia europea entra in crisi: il primo shock petrolifero portò alla drastica diminuzione del consumo e della domanda dell’acciaio nell’intero Paese.
Il sistema del management italiano non era pronto a un cambiamento così drastico.
Nel 1975 una grave crisi del mercato dell’acciaio portò l’Italsider, la società finanziaria siderurgica dell’epoca, a ridefinire l’orientamento produttivo degli stabilimenti italiani: ogni risorsa sarebbe confluita nel potenziamento e nello sviluppo del centro di Taranto, condannando Bagnoli ad un ruolo secondario e all’obsolescenza tecnologica.
Ha così inizio un lento declino fatto di bracci di ferro tra imprese, sindacati e politiche disomogenee. La debolezza dello Stato nel gestire una politica di investimenti robusta e coerente fece fallire definitivamente l’area di Bagnoli: dopo un ultimo tentativo fallimentare di ristrutturazione e ammodernamento del centro, Bagnoli chiude tra le opposizioni dei lavoratori il 20 ottobre del 1990. Colata, altoforno, forni e altri elementi tecnici vennero ceduti dopo lunghissime trattative ad India, Malaysia e Cina.
Nascita e fallimento di Bagnolifutura
La malagestione delle bonifiche diede inizio ad un dòmino di disastri che portarono al fallimento del progetto: dal flop delle vendite dei suoli al blocco e sequestro dei cantieri, in virtù della verifica della condizione di Disastro Ambientale indetta dalla Procura di Napoli.
Piccoli passi verso la riqualificazione
Il campo da basket di Bagnoli con il murales di Jorit
Lo stesso Jorit, non a caso a Taranto, denuncia le azioni dell’Ilva (ex Italsider) con diversi murales estremamente provocatori, che fanno riferimento sia alla situazione di Bagnoli che all’impatto ambientale dell’intera area industriale: emissioni nocive, produzione e scarico di rifiuti tossici senza autorizzazione, contaminazioni hanno segnato un aumento vertiginoso dei casi di malattie cardiovascolari e tumori (più di tremila all’anno), anche nei bambini e negli adolescenti.
Taranto, 2021. “Giorgio, 15 anni, avvelenato da una grande industria”
Taranto, 2021. “Insorgiamo”
Balneolis: il sogno di una nuova Bagnoli
Nel 2021 Invitalia, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, presenta una nuova idea progettuale in collaborazione con 12 professionisti del settore in ambito nazionale e internazionale.
L’intento è ridefinire, valorizzare ed esaltare i caratteri naturali, cromatici, estetici e di benessere dell’intera area, attraverso la valorizzazione di tre elementi: parco naturale, bosco produttivo, parco urbano; riportare Bagnoli alla sua antica essenza, quando Balneolis era un’oasi naturale di sorgenti termali.
Tra le novità fondamentali del progetto:
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La rimozione della colmata a mare, una grossa costruzione artificiale che nel passato consentiva lo scarico in acqua del carbone e degli altri materiali necessari ai processi di siderurgia.
Rendere finalmente balneabile tutto il litorale è il cuore di questo progetto (si pensi che in quest’area sorgeva uno dei più antichi stabilimenti di Napoli, il Bagno Fortuna dal 1891). -
La valorizzazione di Via Coroglio, punto di congiunzione sospeso tra terra e mare, una seconda Via Caracciolo che regali il panorama mozzafiato di Capo Miseno, Bacoli, Pozzuoli, Ischia e Procida.
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La conversione dell’ex area siderurgica, “fabbrica di veleni”, in “fabbrica del benessere”: attività sportive, centri estetici, attività commerciali, aree di vendita dei prodotti enogastronomici della tradizione, caffetterie, ristoranti.
Ricostruzione digitale del progetto Balneolis. Credits
I tempi di realizzazione del progetto sono lunghi, forse troppo lunghi per le speranze di chi da ormai troppo tempo aspetta di vedere il quartiere risorgere dall’abbandono.
«Si fanno solo chiacchiere, di Bagnoli non importa niente nessuno» afferma Bennato in una recente intervista.
Che il tempo possa dare risposta, spazzando via disillusioni e parole.